2008-02-25 13:48 |
Sono in sit- in sotto il Consiglio regionale a Cagliari |
(ANSA) - CAGLIARI, 25 FEB - Una trentina di veterinari coadiutori regionali, alcuni dei quali precari dal 1985 (eta' media 45-55 anni), chiedono stabilizzazione. Ai politici della Regione chiedono di poter rientrare nelle procedure di stabilizzazione previste dalla Finanziaria nazionale 2007, non avendo ne' una specializzazione e ne' garanzie per il futuro occupazionale. E stamani sono in sit-in sotto il Consiglio regionale dov'e' in corso la cerimonia per il 60/mo anniversario dello Statuto Speciale della Sardegna. |
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25.2.08
Lavoro: veterinari precari chiedono stabilizzazione
19.2.08
Finalmente gli Artisti di Roma hanno un “mercato”
Finalmente gli Artisti di Roma hanno un “mercato”………
Sabato 16 febbraio 2008 il Coordinamento in rappresentanza di 30 associazioni di artisti visivi di Roma, ha “liberato” a Corviale uno spazio progettato e costruito come mercato coperto e mai utilizzato.
Gli artisti di Roma denunciano come in questi ultimi 10 anni, gli spazi per l’arte contemporanea si siano sempre più ridotti. La causa è nella logica amministrativa che ha preferito “favorire” solo grandi eventi e in generale il “magna e bevi” con l’invasione di pizzetterie e wine bar.
Il risultato di questa politica è sotto gli occhi di tutti, con l’aumento proporzionato dei prezzi e degli affitti e l’espulsione dal centro di artigiani, abitanti storici e artisti.
A fronte di questa situazione, gli artisti di Roma pongono con urgenza la questione dell’utilizzo del patrimonio immobiliare e chiedono l’assegnazione di spazi, affinché si possa costituire quella rete d’attività culturali e artistiche, necessaria alla connessione con Accademie, Musei e Fondazioni,
primo passo per colmare il vuoto tra la formazione e la professione.
La nostra azione vuole rendere visibile il patrimonio di opere e artisti che anima la città, per fare di Roma un luogo che vada oltre i suoi “ruderi” storici, ed entrare finalmente e a pieno diritto, nella “Contemporaneità”.
Su questi temi, Domenica 17 febbraio alle ore 15 si terrà un’assemblea generale per concordare modalità e obbiettivi.
Coordinamento Associazioni Artisti Visivi di Roma.
Sabato 16 febbraio 2008 il Coordinamento in rappresentanza di 30 associazioni di artisti visivi di Roma, ha “liberato” a Corviale uno spazio progettato e costruito come mercato coperto e mai utilizzato.
Gli artisti di Roma denunciano come in questi ultimi 10 anni, gli spazi per l’arte contemporanea si siano sempre più ridotti. La causa è nella logica amministrativa che ha preferito “favorire” solo grandi eventi e in generale il “magna e bevi” con l’invasione di pizzetterie e wine bar.
Il risultato di questa politica è sotto gli occhi di tutti, con l’aumento proporzionato dei prezzi e degli affitti e l’espulsione dal centro di artigiani, abitanti storici e artisti.
A fronte di questa situazione, gli artisti di Roma pongono con urgenza la questione dell’utilizzo del patrimonio immobiliare e chiedono l’assegnazione di spazi, affinché si possa costituire quella rete d’attività culturali e artistiche, necessaria alla connessione con Accademie, Musei e Fondazioni,
primo passo per colmare il vuoto tra la formazione e la professione.
La nostra azione vuole rendere visibile il patrimonio di opere e artisti che anima la città, per fare di Roma un luogo che vada oltre i suoi “ruderi” storici, ed entrare finalmente e a pieno diritto, nella “Contemporaneità”.
Su questi temi, Domenica 17 febbraio alle ore 15 si terrà un’assemblea generale per concordare modalità e obbiettivi.
Coordinamento Associazioni Artisti Visivi di Roma.
4.2.08
Controlli antiabusi per 90mila contratti a progetto
Controlli antiabusi per 90mila contratti a progetto
di Francesca Barbieri
4 febbraio 2008
Insegnanti delle scuole private nel mirino degli ispettori del lavoro. «Non è da escludere - conferma Massimo Pianese, direttore generale per l'attività ispettiva del ministero del Lavoro - un intervento specifico sull'uso delle collaborazioni a progetto negli istituti privati, per accertare se l'attività è svolta nell'ambito di materie obbligatorie o facoltative».
E così un'altra categoria di lavoratori si dovrebbe aggiungere all'elenco individuato dalla circolare numero 4 emanata la scorsa settimana dal ministero del Lavoro: «Il Sole-24 Ore del lunedì» ha stimato circa 90mila contratti a progetto che interessano addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici; autisti e autotrasportatori; baby sitter e badanti; addetti alle agenzie ippiche; baristi e camerieri; custodi e portieri. E, poi, commessi, estetiste e parrucchieri, facchini, istruttori di autoscuola, letturisti di contatori, addetti alle pulizie, manutentori. Per finire con muratori, piloti e assistenti di volo, braccianti agricoli e segreterie.
La nuova stretta sul lavoro a progetto (le verifiche partiranno a marzo) nasce dai risultati dell'attività ispettiva svolta negli ultimi anni. «Il quadro generale - sottolinea Pianese - dimostra un consistente ricorso al contratto a progetto anche in settori dove questa tipologia appare oggettivamente poco compatibile con il contesto di riferimento e l'attività delle figure professionali che si muovono al suo interno».
I settori in cui si è registrato, più che in altri, un uso improprio delle collaborazioni a progetto sono quelli individuati dalla circolare n. 4/2008. Le segretarie, per esempio, figurano al terzo posto della classifica «Collaborazioni per professione» elaborata da Italia lavoro, l'agenzia tecnica ministeriale, su dati Istat relativi al 2006: su 404.205 collaboratori complessivi (a progetto e coordinati e continuativi), il personale di segreteria ne "accoglie" circa 19mila, il 4,7% del totale.
Tra baristi e camerieri (insieme ai cuochi) si contano oltre 5.500 collaboratori. Anche se la Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi, sottolinea che oggi «il co.co.pro non è una tipologia a cui si fa in genere ricorso per baristi e ristoratori: viene usata per vendite sperimentali dei prodotti del territorio, ma si tratta di un fenomeno molto limitato».
Un'altra attività con un discreto numero di lavoratori a progetto è quella degli addetti alle pulizie: più di 6mila che rappresentano però circa il 2% del totale della categoria. Anche in questo caso, per l'associazione di riferimento, la Fise-Anip, tutti i contratti stipulati nel settore delle pulizie sono a tempo indeterminato, con una prevalenza del part-time. Stesso ritornello per i piloti: l'Anpac – Associazione nazionale piloti aviazione commerciale – sottolinea che «per i piloti gli unici contratti in vigore sono quelli a tempo determinato o indeterminato. Nella nostra categoria non è previsto il co.co.pro».
E se secondo gli ultimi dati disponibili dell'Inps, nel 2007 il numero di posizioni aperte alla gestione separata è sceso di oltre 400mila unità (da 1.932.693 del 2006 a 1.515.530), il ministero del Lavoro ha avuto segnali diversi. «Abbiamo riscontri - dichiara Pianese - di un progressivo aumento dei rapporti di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa in settori, come l'edilizia, nei quali l'attività svolta in concreto presenta caratteristiche tali da risultare poco compatibile con questa tipologia contrattuale».
Interventi sui co.co.pro ce ne sono già comunque stati: da quello limitato ai call center al processo di stabilizzazione dettato dalla Finanziaria 2007, fino al progressivo aumento delle aliquote contributive previsto dal Protocollo sul Welfare. «Il rifiorire delle collaborazioni era tuttavia prevedibile - commenta Pianese –: il nuovo quadro sanzionatorio si è infatti incentrato sul fenomeno del lavoro nero e non su quello "grigio". Basti pensare alla maxi-sanzione prevista dal Dl 223/2006 o alla sospensione dell'attività imprenditoriale, che puniscono severamente l'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, lasciando, invece, indenne il datore di lavoro che ricorre a forme contrattuali del tutto incompatibili con l'attività lavorativa resa, nel concreto, dai propri collaboratori».
Ma cosa rischia un'azienda che ha fatto ricorso a contratti di collaborazione "non genuini"? «Finora – conclude Pianese – le imprese fuori regola sono state oggetto di sanzioni amministrative e di provvedimenti di recupero contributivo. Ciò che più importa è comunque aver ricondotto molti rapporti di lavoro nell'ambito della subordinazione e applicato così maggiori tutele per i lavoratori».
di Francesca Barbieri
4 febbraio 2008
Insegnanti delle scuole private nel mirino degli ispettori del lavoro. «Non è da escludere - conferma Massimo Pianese, direttore generale per l'attività ispettiva del ministero del Lavoro - un intervento specifico sull'uso delle collaborazioni a progetto negli istituti privati, per accertare se l'attività è svolta nell'ambito di materie obbligatorie o facoltative».
E così un'altra categoria di lavoratori si dovrebbe aggiungere all'elenco individuato dalla circolare numero 4 emanata la scorsa settimana dal ministero del Lavoro: «Il Sole-24 Ore del lunedì» ha stimato circa 90mila contratti a progetto che interessano addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici; autisti e autotrasportatori; baby sitter e badanti; addetti alle agenzie ippiche; baristi e camerieri; custodi e portieri. E, poi, commessi, estetiste e parrucchieri, facchini, istruttori di autoscuola, letturisti di contatori, addetti alle pulizie, manutentori. Per finire con muratori, piloti e assistenti di volo, braccianti agricoli e segreterie.
La nuova stretta sul lavoro a progetto (le verifiche partiranno a marzo) nasce dai risultati dell'attività ispettiva svolta negli ultimi anni. «Il quadro generale - sottolinea Pianese - dimostra un consistente ricorso al contratto a progetto anche in settori dove questa tipologia appare oggettivamente poco compatibile con il contesto di riferimento e l'attività delle figure professionali che si muovono al suo interno».
I settori in cui si è registrato, più che in altri, un uso improprio delle collaborazioni a progetto sono quelli individuati dalla circolare n. 4/2008. Le segretarie, per esempio, figurano al terzo posto della classifica «Collaborazioni per professione» elaborata da Italia lavoro, l'agenzia tecnica ministeriale, su dati Istat relativi al 2006: su 404.205 collaboratori complessivi (a progetto e coordinati e continuativi), il personale di segreteria ne "accoglie" circa 19mila, il 4,7% del totale.
Tra baristi e camerieri (insieme ai cuochi) si contano oltre 5.500 collaboratori. Anche se la Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi, sottolinea che oggi «il co.co.pro non è una tipologia a cui si fa in genere ricorso per baristi e ristoratori: viene usata per vendite sperimentali dei prodotti del territorio, ma si tratta di un fenomeno molto limitato».
Un'altra attività con un discreto numero di lavoratori a progetto è quella degli addetti alle pulizie: più di 6mila che rappresentano però circa il 2% del totale della categoria. Anche in questo caso, per l'associazione di riferimento, la Fise-Anip, tutti i contratti stipulati nel settore delle pulizie sono a tempo indeterminato, con una prevalenza del part-time. Stesso ritornello per i piloti: l'Anpac – Associazione nazionale piloti aviazione commerciale – sottolinea che «per i piloti gli unici contratti in vigore sono quelli a tempo determinato o indeterminato. Nella nostra categoria non è previsto il co.co.pro».
E se secondo gli ultimi dati disponibili dell'Inps, nel 2007 il numero di posizioni aperte alla gestione separata è sceso di oltre 400mila unità (da 1.932.693 del 2006 a 1.515.530), il ministero del Lavoro ha avuto segnali diversi. «Abbiamo riscontri - dichiara Pianese - di un progressivo aumento dei rapporti di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa in settori, come l'edilizia, nei quali l'attività svolta in concreto presenta caratteristiche tali da risultare poco compatibile con questa tipologia contrattuale».
Interventi sui co.co.pro ce ne sono già comunque stati: da quello limitato ai call center al processo di stabilizzazione dettato dalla Finanziaria 2007, fino al progressivo aumento delle aliquote contributive previsto dal Protocollo sul Welfare. «Il rifiorire delle collaborazioni era tuttavia prevedibile - commenta Pianese –: il nuovo quadro sanzionatorio si è infatti incentrato sul fenomeno del lavoro nero e non su quello "grigio". Basti pensare alla maxi-sanzione prevista dal Dl 223/2006 o alla sospensione dell'attività imprenditoriale, che puniscono severamente l'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, lasciando, invece, indenne il datore di lavoro che ricorre a forme contrattuali del tutto incompatibili con l'attività lavorativa resa, nel concreto, dai propri collaboratori».
Ma cosa rischia un'azienda che ha fatto ricorso a contratti di collaborazione "non genuini"? «Finora – conclude Pianese – le imprese fuori regola sono state oggetto di sanzioni amministrative e di provvedimenti di recupero contributivo. Ciò che più importa è comunque aver ricondotto molti rapporti di lavoro nell'ambito della subordinazione e applicato così maggiori tutele per i lavoratori».
2.2.08
Padova - Licenziamenti TNT. Arriva la solidarieta' del mondo del calcio
Raccolta fondi prima dell’incontro di domenica 2 febbraio tra Gregorense e Polisportiva San Precario
In solidarietà alla lotta dei lavoratori licenziati da FastCoop, cooperativa appartenente al Consorzio Gesconet, che gestiva l’appalto dei magazzini per lo smistamento merci per conto di TNT, a Limena (PD), la Polisportiva San Precario che partecipa al campionato di terza categoria, domenica 2 febbraio, prima della partita, in accordo con la squoadra avversaria, raccoglierà fondi da destinare alle famiglie dei lavoratori licenziati.
Ecco il comunicato:
La notizia del licenziamento degli operai della cooperativa Fast Coop di Limena e della chiusura del magazzino della TNT, ci lascia interdetti e amareggiati.
A nome della dirigenza, dei giocatori e di tutti coloro che si riconoscono nella PolisportivaSanPrecario esprimiamo la nostra vicinanza e la nostra solidarietà ai lavoratori e alle loro famiglie che in questi giorni stanno lottando per la difesa del proprio posto di lavoro.
Siamo precari perchè lo sono anche quei diritti che ormai sembravano acquisiti.Gli avvenimenti degli ultimi giorni purtroppo ci raccontano di come sia sempre più raro il diritto ad un lavoro garantito e difeso da norme certe.Un posto di lavoro che non sia paragonabile ad una nuova forma di schiavismo o peggio sia causa, ormai quotidianamente, di morte.
Da precari, nello sport come nella vita di tutti i giorni non ci sottraiamo alla nostra responsabilita’di una solidarieta’ attiva e partecipe.Per questo motivo invitiamo tutti quanti sono sensibili alle istanze dei lavoratori della Faast Coop /TNT a partecipare alla partita di calcio di domenica.
Con i dirigenti e la squadra della Gregoriense, nostra avversaria e ospitante, vi aspettiamo numerosi insieme a tutti quelli che ci sostengono per aprire una sottoscrizione da devolvere ai lavoratori e alle loro famiglie.
[ mercoledì 30 gennaio 2008 ]
In solidarietà alla lotta dei lavoratori licenziati da FastCoop, cooperativa appartenente al Consorzio Gesconet, che gestiva l’appalto dei magazzini per lo smistamento merci per conto di TNT, a Limena (PD), la Polisportiva San Precario che partecipa al campionato di terza categoria, domenica 2 febbraio, prima della partita, in accordo con la squoadra avversaria, raccoglierà fondi da destinare alle famiglie dei lavoratori licenziati.
Ecco il comunicato:
La notizia del licenziamento degli operai della cooperativa Fast Coop di Limena e della chiusura del magazzino della TNT, ci lascia interdetti e amareggiati.
A nome della dirigenza, dei giocatori e di tutti coloro che si riconoscono nella PolisportivaSanPrecario esprimiamo la nostra vicinanza e la nostra solidarietà ai lavoratori e alle loro famiglie che in questi giorni stanno lottando per la difesa del proprio posto di lavoro.
Siamo precari perchè lo sono anche quei diritti che ormai sembravano acquisiti.Gli avvenimenti degli ultimi giorni purtroppo ci raccontano di come sia sempre più raro il diritto ad un lavoro garantito e difeso da norme certe.Un posto di lavoro che non sia paragonabile ad una nuova forma di schiavismo o peggio sia causa, ormai quotidianamente, di morte.
Da precari, nello sport come nella vita di tutti i giorni non ci sottraiamo alla nostra responsabilita’di una solidarieta’ attiva e partecipe.Per questo motivo invitiamo tutti quanti sono sensibili alle istanze dei lavoratori della Faast Coop /TNT a partecipare alla partita di calcio di domenica.
Con i dirigenti e la squadra della Gregoriense, nostra avversaria e ospitante, vi aspettiamo numerosi insieme a tutti quelli che ci sostengono per aprire una sottoscrizione da devolvere ai lavoratori e alle loro famiglie.
[ mercoledì 30 gennaio 2008 ]
Giustizia precaria, affidata ai magistrati a tempo determinato
Giustizia precaria, affidata ai magistrati a tempo determinato
Martedì 29 Gennaio 2008
Chi è un “magistrato onorario”? È un cittadino che, in possesso dei requisiti minimi (una laurea in giurisprudenza e l’abilitazione da avvocato), pur non essendo un magistrato di professione, sostiene la pubblica accusa ed emette verdetti. Viene pagato a cottimo e ha un mandato a tempo determinato. I magistrati onorari sono ormai tantissimi: 7.700 contro i 10.100 o poco più magistrati “togati”. Si occupano di un numero sempre crescente di cause e di processi sempre più rilevanti.
A questi “precari del diritto”, che comunque “consentono alla giustizia italiana di continuare almeno a zoppicare anziché crollare completamente al suolo”, è dedicato uno dei capitoli di Fine pena mai - L’ergastolo dei tuoi diritti nella giustizia italiana (Il Saggiatore), il nuovo libro di Luigi Ferrarella, cronista giudiziario del Corriere della Sera. Un saggio che si tiene alla larga dalle polemiche tra politici e magistrati e che spiega al cittadino, documenti e numeri alla mano, i motivi concreti per cui la giustizia italiana non funziona.
Ecco perché, scrive l’autore, “chi pensa che farsi i fatti propri e non aver mai messo piede in un tribunale basti a non scontare l’inefficienza del sistema giudiziario italiano si sbaglia. Il crac della giustizia insegue tutti i cittadini fin dentro casa e invade la loro vita quotidiana”. Le cause civili che durano in media otto anni, gli avvocati che si portano in aula la carta per le fotocopie, un’istanza che impiega otto giorni a passare da un ufficio all’altro dello stesso pianerottolo, i calcinacci che cadono in testa agli imputati, i traduttori impiegati nelle indagini antiterrorismo che aspettano il compenso per otto mesi, i pm che vanno in autobus a interrogare i mafiosi in carcere. Paradossi che dicono più dei discorsi sui “magistrati politicizzati” o sulle autorizzazioni a intercettare questo o quel politico.
E il caso dei giudici onorari è solo un esempio: “Amministrano quasi per metà la giustizia civile di primo grado”, spiega Ferrarella, “macinando ogni anno un milione e mezzo di cause. E sbrigano un sesto di quella penale, celebrando più di 80 mila processi l’anno. Per la maggior parte dei cittadini sono addirittura la faccia stessa della giustizia, il primo impatto con un giudice: quello al quale si va a chiedere di annullare una multa stradale, o di condannare la controparte a pagare i danni di un incidente automobilistico, o di essere assolti da un’accusa di lesioni o di truffa”.
“Eppure”, continua il giornalista, “non sono magistrati di professione. Ma cittadini proprio come quelli che giudicano. Perché, anche se non sta scritto in nessun tribunale, nell’ultimo decennio una larga parte della giustizia italiana è stata ‘privatizzata’. Subappaltata e fatta esercitare a precari del diritto, pagati a cottimo, sprovvisti di tutele di previdenza e assistenza, destinati a essere dismessi allo scadere di un mandato a termine”. E le “toghe precarie” non si occupano di processi di serie B. “Si parla di alcuni omicidi colposi per colpa medica e per infortuni sul lavoro, una parte dei dibattimenti per droga, maltrattamenti, truffe, circonvenzioni di incapace, alcuni tipi di furti e rapine, alcuni reati ambientali, più i processi ‘per direttissima’ dove il viceprocuratore onorario rappresenta la procura che chiede la convalida degli arresti in flagranza e l’emissione delle relative misure cautelari”.
Martedì 29 Gennaio 2008
Chi è un “magistrato onorario”? È un cittadino che, in possesso dei requisiti minimi (una laurea in giurisprudenza e l’abilitazione da avvocato), pur non essendo un magistrato di professione, sostiene la pubblica accusa ed emette verdetti. Viene pagato a cottimo e ha un mandato a tempo determinato. I magistrati onorari sono ormai tantissimi: 7.700 contro i 10.100 o poco più magistrati “togati”. Si occupano di un numero sempre crescente di cause e di processi sempre più rilevanti.
A questi “precari del diritto”, che comunque “consentono alla giustizia italiana di continuare almeno a zoppicare anziché crollare completamente al suolo”, è dedicato uno dei capitoli di Fine pena mai - L’ergastolo dei tuoi diritti nella giustizia italiana (Il Saggiatore), il nuovo libro di Luigi Ferrarella, cronista giudiziario del Corriere della Sera. Un saggio che si tiene alla larga dalle polemiche tra politici e magistrati e che spiega al cittadino, documenti e numeri alla mano, i motivi concreti per cui la giustizia italiana non funziona.
Ecco perché, scrive l’autore, “chi pensa che farsi i fatti propri e non aver mai messo piede in un tribunale basti a non scontare l’inefficienza del sistema giudiziario italiano si sbaglia. Il crac della giustizia insegue tutti i cittadini fin dentro casa e invade la loro vita quotidiana”. Le cause civili che durano in media otto anni, gli avvocati che si portano in aula la carta per le fotocopie, un’istanza che impiega otto giorni a passare da un ufficio all’altro dello stesso pianerottolo, i calcinacci che cadono in testa agli imputati, i traduttori impiegati nelle indagini antiterrorismo che aspettano il compenso per otto mesi, i pm che vanno in autobus a interrogare i mafiosi in carcere. Paradossi che dicono più dei discorsi sui “magistrati politicizzati” o sulle autorizzazioni a intercettare questo o quel politico.
E il caso dei giudici onorari è solo un esempio: “Amministrano quasi per metà la giustizia civile di primo grado”, spiega Ferrarella, “macinando ogni anno un milione e mezzo di cause. E sbrigano un sesto di quella penale, celebrando più di 80 mila processi l’anno. Per la maggior parte dei cittadini sono addirittura la faccia stessa della giustizia, il primo impatto con un giudice: quello al quale si va a chiedere di annullare una multa stradale, o di condannare la controparte a pagare i danni di un incidente automobilistico, o di essere assolti da un’accusa di lesioni o di truffa”.
“Eppure”, continua il giornalista, “non sono magistrati di professione. Ma cittadini proprio come quelli che giudicano. Perché, anche se non sta scritto in nessun tribunale, nell’ultimo decennio una larga parte della giustizia italiana è stata ‘privatizzata’. Subappaltata e fatta esercitare a precari del diritto, pagati a cottimo, sprovvisti di tutele di previdenza e assistenza, destinati a essere dismessi allo scadere di un mandato a termine”. E le “toghe precarie” non si occupano di processi di serie B. “Si parla di alcuni omicidi colposi per colpa medica e per infortuni sul lavoro, una parte dei dibattimenti per droga, maltrattamenti, truffe, circonvenzioni di incapace, alcuni tipi di furti e rapine, alcuni reati ambientali, più i processi ‘per direttissima’ dove il viceprocuratore onorario rappresenta la procura che chiede la convalida degli arresti in flagranza e l’emissione delle relative misure cautelari”.
Spesa proletaria, giudice si astiene
SPESA PROLETARIA, GIUDICE SI ASTIENE: ATTI A TRIBUNALE ROMA
E' la sorella di pm Cosenza che ha chiesto condanna per Casarini
Roma, 31 gen. (Apcom) - Sospeso il processo sulla spesa proletaria per l'astensione del giudice a latere, sorella del pm responsabile dell'inchiesta di Cosenza riguardo una presunta associazione sovversiva guidata dai leader del movimento no global italiano, Luca Casarini, Francesco Caruso e Francesco Cirillo. Si è aperta e subito chiusa la prima udienza, a Roma, del procedimento a carico di 39 persone, tra cui lo stesso Casarini, l'ex consigliere comunale Nunzio D'Erme e Guido Lutrario, per i fatti del 6 novembre 2004, quando in occasione delle manifestazioni contro la precarietà, dal supermercato Panorama, sulla Tiburtina, e dalla libreria Feltrinelli, di Largo Argentina, vennero portati via beni e oggetti vari per alcune migliaia di euro.
Ora sarà il presidente del tribunale di Roma, Paolo De Fiore, a stabilire se sussiste una incompatibilità del giudice Alba Fiordalisi, componente della X sezione collegiale del tribunale, o se invece il suo legame di parentela con il pm Domenico Fiordalisi, non sia "ostativo" alla necessaria "terzietà". E' quindi durato poco meno di due ore il presidio indetto per oggi all'ingresso principale della cittadella giudiziaria e di - il movimento - aveva dato pubblicità nei giorni scorsi, attraverso post su internet e mail della rete dei centri sociali della Capitale.
Secondo la ricostruzione fornita, in un comunicato, quel 6 novembre, "si svolse una importante giornata di mobilitazione contro la precarietà e per il diritto a un reddito garantito". Quel giorno, insomma, "si stavano portando avanti azioni dimostrative e di denuncia sociale e politica su un problema reale e concreto: l'iniziativa che fu svolta la mattina presso il supermercato Panorama fu in realtà un'iniziativa ampiamente pubblicizzata, nell'ambito della quale i manifestanti cercarono di contrattare con il direttore del supermercato una tariffazione sociale per beni di prima necessità, il 'Paniere precario', mentre durante il corteo del pomeriggio alcuni precari e studenti universitari, davanti alla libreria Feltrinelli, parlavano del bisogno di garantire il diritto al libero accesso, indipendentemente dalle condizioni di censo, alla cultura e a beni di primaria importanza, come possono essere appunto libri e altri materiali utili nel processo formativo".
Inizialmente erano 105 le persone che erano state identificate. Ma a giudizio sono invece 39 per i reati, a vario titolo, di rapina aggravata, lesioni e danneggiamento. Contro il processo di Cosenza alcuni manifestanti hanno esposto un piccolo striscione. Il pm calabrese ha richiesto pene per un totale di 50 anni , per i 13 imputati per il reato di associazione sovversiva, con l'accusa di "turbare l'esecuzione delle funzioni del governo italiano, sovvertire violentemente l'ordinamento economico costituito nel nostro Stato, sopprimere la globalizzazione dei mercati economici, alterare l'ordinamento del mercato del lavoro" e con la finalità di provocare incidenti nelle città di Napoli e Genova durante le proteste del 2001. I "compagni e le compagne di Roma", in una nota, considerano l'accusa "immotivata, inaccettabile, ridicola".
E' la sorella di pm Cosenza che ha chiesto condanna per Casarini
Roma, 31 gen. (Apcom) - Sospeso il processo sulla spesa proletaria per l'astensione del giudice a latere, sorella del pm responsabile dell'inchiesta di Cosenza riguardo una presunta associazione sovversiva guidata dai leader del movimento no global italiano, Luca Casarini, Francesco Caruso e Francesco Cirillo. Si è aperta e subito chiusa la prima udienza, a Roma, del procedimento a carico di 39 persone, tra cui lo stesso Casarini, l'ex consigliere comunale Nunzio D'Erme e Guido Lutrario, per i fatti del 6 novembre 2004, quando in occasione delle manifestazioni contro la precarietà, dal supermercato Panorama, sulla Tiburtina, e dalla libreria Feltrinelli, di Largo Argentina, vennero portati via beni e oggetti vari per alcune migliaia di euro.
Ora sarà il presidente del tribunale di Roma, Paolo De Fiore, a stabilire se sussiste una incompatibilità del giudice Alba Fiordalisi, componente della X sezione collegiale del tribunale, o se invece il suo legame di parentela con il pm Domenico Fiordalisi, non sia "ostativo" alla necessaria "terzietà". E' quindi durato poco meno di due ore il presidio indetto per oggi all'ingresso principale della cittadella giudiziaria e di - il movimento - aveva dato pubblicità nei giorni scorsi, attraverso post su internet e mail della rete dei centri sociali della Capitale.
Secondo la ricostruzione fornita, in un comunicato, quel 6 novembre, "si svolse una importante giornata di mobilitazione contro la precarietà e per il diritto a un reddito garantito". Quel giorno, insomma, "si stavano portando avanti azioni dimostrative e di denuncia sociale e politica su un problema reale e concreto: l'iniziativa che fu svolta la mattina presso il supermercato Panorama fu in realtà un'iniziativa ampiamente pubblicizzata, nell'ambito della quale i manifestanti cercarono di contrattare con il direttore del supermercato una tariffazione sociale per beni di prima necessità, il 'Paniere precario', mentre durante il corteo del pomeriggio alcuni precari e studenti universitari, davanti alla libreria Feltrinelli, parlavano del bisogno di garantire il diritto al libero accesso, indipendentemente dalle condizioni di censo, alla cultura e a beni di primaria importanza, come possono essere appunto libri e altri materiali utili nel processo formativo".
Inizialmente erano 105 le persone che erano state identificate. Ma a giudizio sono invece 39 per i reati, a vario titolo, di rapina aggravata, lesioni e danneggiamento. Contro il processo di Cosenza alcuni manifestanti hanno esposto un piccolo striscione. Il pm calabrese ha richiesto pene per un totale di 50 anni , per i 13 imputati per il reato di associazione sovversiva, con l'accusa di "turbare l'esecuzione delle funzioni del governo italiano, sovvertire violentemente l'ordinamento economico costituito nel nostro Stato, sopprimere la globalizzazione dei mercati economici, alterare l'ordinamento del mercato del lavoro" e con la finalità di provocare incidenti nelle città di Napoli e Genova durante le proteste del 2001. I "compagni e le compagne di Roma", in una nota, considerano l'accusa "immotivata, inaccettabile, ridicola".
Le sante parole di San Precario
Le sante parole di San Precario: Un documentario politico
Un documentario di appena settantacinque minuti, parole sante – per l'appunto – che valgono piu' di un trattato sindacale. Ascanio Celestini, artista romano al suo secondo documentario, racconta la sua visione del precariato, portando allo scoperto la condizione di migliaia di giovani costretti a lavori sottopagati e temporanei coi quali si eludono molto spesso i piu' elementari diritti civili. Prodotto e distribuito dalla Fandango di Domenico Procacci, Parole sante esce nelle sale italiane il 1° febbraio.
Un documentario di appena settantacinque minuti, parole sante – per l'appunto – che valgono piu' di un trattato sindacale. Ascanio Celestini, artista romano al suo secondo documentario, racconta la sua visione del precariato, portando allo scoperto la condizione di migliaia di giovani costretti a lavori sottopagati e temporanei coi quali si eludono molto spesso i piu' elementari diritti civili. Prodotto e distribuito dalla Fandango di Domenico Procacci, Parole sante esce nelle sale italiane il 1° febbraio.
Dal lavoro flessibile al posto fisso: in Toscana dopo 6 anni ci riesce il 48%
Dal lavoro flessibile al posto fisso: in Toscana dopo 6 anni ci riesce il 48%
Secondo lo studio della Regione e dell'Irpet nel 2006 il 78,8% dei nuovi contratti è a tempo: sono soprattutto donne e laureati
01.02.2008
Dopo sei anni di flessibilità, solo il 48% degli occupati riesce ad avere un contratto a tempo indeterminato. E' uno dei dati emersi dalla ricerca condotta da Regione e Irpet su "La flessibilità del lavoro in Toscana".
Lo studio rivela anche che dal 1993 al 2006 la flessibilità nel lavoro è passata dal 4.5 al 12.5 (in Italia è al 13.1% e in Europa al 14.5%).
E l' assessore al lavoro Gianfranco Simoncini ricorda che nel 2006 il 78.8% dei nuovi posti di lavoro è stato rappresentato da contratti a tempo. Il ricorso alla flessibilità è cresciuto in modo costante, registrando una frenata solo negli anni 2001 e 2002 quando vennero varate norme per gli sgravi fiscali destinati a chi assumeva a tempo indeterminato.
Se il 48% dei lavoratori atipici dopo sei anni si è stabilizzato, il 20% resta precario, il 14% rimane senza lavoro e il 18%, rappresentato prevalentemente da casalinghe e studenti esce dal mercato del lavoro. La ricerca, la prima in Toscana, è stata avviata nel 2004 con interviste a 1800 lavoratori che nel 2000 avevano avuto un avviamento al lavoro con contratto a termine e nel 2006 sono stati nuovamente intervistate 900 persone del campione iniziale. Francesca Giovani, curatrice dello studio, sottolinea che l' 82% degli intervistati ha dichiarato di aver accettato il lavoro atipico perché non ha avuto alternative: "Significa che questa via non è un trampolino verso un'occupazione stabile".
Sono soprattutto le donne a dire di aver subito il lavoro flessibile (85% contro il 76% dei maschi). A rimanere più a lungo precari sono i laureati, ma solo perché attendono più dei diplomati e di coloro che sono senza titolo di studio l'occasione di lavoro più gratificante. Mentre le donne sono le più penalizzate: guadagnano il 20% in meno del collega maschio. Uno stipendio da 900 euro viene guadagnato dal 47% delle donne e dal 39% dei maschi. Il lavoro in rosa ha anche contratti più brevi. Il 53% viene assunto per un periodo massimo di 11 mesi, mentre la percentuale dei maschi, per lo stesso periodo di tempo, è del 32%. (ANSA)
Secondo lo studio della Regione e dell'Irpet nel 2006 il 78,8% dei nuovi contratti è a tempo: sono soprattutto donne e laureati
01.02.2008
Dopo sei anni di flessibilità, solo il 48% degli occupati riesce ad avere un contratto a tempo indeterminato. E' uno dei dati emersi dalla ricerca condotta da Regione e Irpet su "La flessibilità del lavoro in Toscana".
Lo studio rivela anche che dal 1993 al 2006 la flessibilità nel lavoro è passata dal 4.5 al 12.5 (in Italia è al 13.1% e in Europa al 14.5%).
E l' assessore al lavoro Gianfranco Simoncini ricorda che nel 2006 il 78.8% dei nuovi posti di lavoro è stato rappresentato da contratti a tempo. Il ricorso alla flessibilità è cresciuto in modo costante, registrando una frenata solo negli anni 2001 e 2002 quando vennero varate norme per gli sgravi fiscali destinati a chi assumeva a tempo indeterminato.
Se il 48% dei lavoratori atipici dopo sei anni si è stabilizzato, il 20% resta precario, il 14% rimane senza lavoro e il 18%, rappresentato prevalentemente da casalinghe e studenti esce dal mercato del lavoro. La ricerca, la prima in Toscana, è stata avviata nel 2004 con interviste a 1800 lavoratori che nel 2000 avevano avuto un avviamento al lavoro con contratto a termine e nel 2006 sono stati nuovamente intervistate 900 persone del campione iniziale. Francesca Giovani, curatrice dello studio, sottolinea che l' 82% degli intervistati ha dichiarato di aver accettato il lavoro atipico perché non ha avuto alternative: "Significa che questa via non è un trampolino verso un'occupazione stabile".
Sono soprattutto le donne a dire di aver subito il lavoro flessibile (85% contro il 76% dei maschi). A rimanere più a lungo precari sono i laureati, ma solo perché attendono più dei diplomati e di coloro che sono senza titolo di studio l'occasione di lavoro più gratificante. Mentre le donne sono le più penalizzate: guadagnano il 20% in meno del collega maschio. Uno stipendio da 900 euro viene guadagnato dal 47% delle donne e dal 39% dei maschi. Il lavoro in rosa ha anche contratti più brevi. Il 53% viene assunto per un periodo massimo di 11 mesi, mentre la percentuale dei maschi, per lo stesso periodo di tempo, è del 32%. (ANSA)
TAR Lazio: Precari in graduatoria senza piu' riserva
SCUOLA/ TAR LAZIO: PRECARI IN GRADUATORIA SENZA PIU' RISERVA
Posizioni 300.000 docenti da rivedere: a rischio migliaia nomine
Roma, 1 feb. (Apcom) - Le graduatorie dei docenti per il conferimento di contratti di lavoro a tempo indeterminato e a determinato devono essere rifatte: è questo il parere del Tar del Lazio che, con la sentenza 708, ha riconosciuto il diritto dei docenti abilitati con i corsi riservati a essere utilmente inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, senza l'indicazione della riserva.
Il provvedimento riguarda la posizione di un numero altissimo di docenti: complessivamente i docenti abilitati inseriti nelle graduatorie ad esaurimento sono infatti quasi 300.0000. Di questi, circa 50 mila nei mesi scorsi hanno conseguito l'abilitazione e si sono visti concedere l'inclusione nelle graduatorie solo con riserva.
La sentenza del tribunale laziale potrebbe andare ora ad incidere sui destini di moltissimi insegnanti: se dovesse avere seguito potrebbero essere infatti riviste tutte le procedure di nomina sino ad oggi effettuate dagli uffici scolastici provinciali per l'anno scolastico 2007/08.
Un duro lavoro attenderebbe quindi gli Uffici scolastici provinciali di tutta Italia che a partire dallo scorso luglio hanno prodotto oltre 50.000 immissioni in ruolo e 120.000 contratti sino al termine dell'anno scolastico.
Soddisfatti i sindacati che hanno tutelato i docenti precari: "il tribunale ha accolto in pieno le richieste presentate da tutti quei docenti che avevano subito una evidente lesione dei loro diritti a causa del mancato riconoscimento del titolo conseguito - ha detto l'avvocato Domenico Naso - e le ha accettate in maniera inequivocabile, definendo l'impostazione adottata dall'amministrazione priva della dovuta base normativa, contraddittoria, irragionevole e lesiva del principio di buon andamento dell'azione amministrativa".
"ll decreto ministeriale 85/2005 - ha proseguito l'avvocato, che difende i docenti della Uil Scuola - aveva invece previsto norme precise in conformità alle pressanti esigenze connesse con la soluzione del problema del precariato. E le ha previste in piena consonanza con la tempistica relativa all'inserimento in graduatoria".
"Le successive note ministeriali che con questo ricorso abbiamo impugnato - ha chiarito ancora Naso - erano palesemente e arbitrariamente in contrasto con la traccia così chiaramente fissata dal decreto ministeriale 85".
Posizioni 300.000 docenti da rivedere: a rischio migliaia nomine
Roma, 1 feb. (Apcom) - Le graduatorie dei docenti per il conferimento di contratti di lavoro a tempo indeterminato e a determinato devono essere rifatte: è questo il parere del Tar del Lazio che, con la sentenza 708, ha riconosciuto il diritto dei docenti abilitati con i corsi riservati a essere utilmente inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, senza l'indicazione della riserva.
Il provvedimento riguarda la posizione di un numero altissimo di docenti: complessivamente i docenti abilitati inseriti nelle graduatorie ad esaurimento sono infatti quasi 300.0000. Di questi, circa 50 mila nei mesi scorsi hanno conseguito l'abilitazione e si sono visti concedere l'inclusione nelle graduatorie solo con riserva.
La sentenza del tribunale laziale potrebbe andare ora ad incidere sui destini di moltissimi insegnanti: se dovesse avere seguito potrebbero essere infatti riviste tutte le procedure di nomina sino ad oggi effettuate dagli uffici scolastici provinciali per l'anno scolastico 2007/08.
Un duro lavoro attenderebbe quindi gli Uffici scolastici provinciali di tutta Italia che a partire dallo scorso luglio hanno prodotto oltre 50.000 immissioni in ruolo e 120.000 contratti sino al termine dell'anno scolastico.
Soddisfatti i sindacati che hanno tutelato i docenti precari: "il tribunale ha accolto in pieno le richieste presentate da tutti quei docenti che avevano subito una evidente lesione dei loro diritti a causa del mancato riconoscimento del titolo conseguito - ha detto l'avvocato Domenico Naso - e le ha accettate in maniera inequivocabile, definendo l'impostazione adottata dall'amministrazione priva della dovuta base normativa, contraddittoria, irragionevole e lesiva del principio di buon andamento dell'azione amministrativa".
"ll decreto ministeriale 85/2005 - ha proseguito l'avvocato, che difende i docenti della Uil Scuola - aveva invece previsto norme precise in conformità alle pressanti esigenze connesse con la soluzione del problema del precariato. E le ha previste in piena consonanza con la tempistica relativa all'inserimento in graduatoria".
"Le successive note ministeriali che con questo ricorso abbiamo impugnato - ha chiarito ancora Naso - erano palesemente e arbitrariamente in contrasto con la traccia così chiaramente fissata dal decreto ministeriale 85".
Istat, Rilevatori fol in agitazione
Istat, Rilevatori fol in agitazione:
occupata la sala riunioni a V.le Liegi
Al sesto anno di vita della rete di rilevazione ISTAT sulle Forze di Lavoro le condizioni di vita e di lavoro dei rilevatori che con competenza e alta professionalità rendono possibile questa indagine fondamentale per il paese, peggiorano costantemente.
La rete di rilevazione ISTAT infatti, sembra strutturalmente destinata a svolgere la propria attività appesa al filo della più assoluta precarietà. Da tre anni la rete, anche per l’anno appena iniziato, deve la propria esistenza ad un rinnovo che ad ogni legge finanziaria permette forzosamente una proroga della sua attività. Da tempo si chiede, in linea con la maggior parte dei paesi europei e coerentemente con il carattere permanente della funzione di rilevazione, che la rete sia inserita a pieno titolo nella struttura dell’Istituto e che i rilevatori siano trasformati in lavoratori subordinati in quanto la loro attività non ha nulla a che fare con la collaborazione occasionale.
L’Amm.ne non solo non sembra interessata a ricercare una soluzione credibile e definitiva alla costante minaccia di chiusura della rilevazione che ogni anno si ripresenta, ma non è disposta neanche a concedere condizioni minimamente dignitose ai lavoratori precari della rete.
In sei anni di attività, nessun tipo di aumento salariale è stato corrisposto ai rilevatori, i quali, per il rinnovo contrattuale del 2008, avevano avuto rassicurazione di ottenere un adeguamento dei compensi almeno corrispondente all’inflazione. Ciò che invece hanno trovato nel nuovo contratto è stato un misero (e provocatorio) aumento di 1,5 euro lorde a intervista.
Anno dopo anno dunque diminuiscono di fatto i salari, aumentano i vincoli e gli obblighi contrattuali si allontana sempre di più qualsiasi prospettiva reale di uscita da questa condizione di precarietà estrema. Resta un mistero come l’ISTAT possa pensare di garantire gli adeguati standard di qualità mantenendo queste condizioni di lavoro.
La FLC CGIL ritiene grave e improduttiva la modalità con cui l’amministrazione ISTAT si ostina a gestire le problematiche delle rete Fol e chiede che il 2008 sia l’anno in cui la questione trovi definitiva soluzione.
Per questo è proclamato a partire da oggi lo stato di agitazione di tutto il personale della Rete. Oggi è stato occupato ad oltranza, come primo atto della mobilitazione, il salone del II piano della sede di V.le Liegi, impedendo lo svolgimento del debriefing con i rilevatori del Lazio. La protesta si estenderà, nei prossimi giorni, a tutte le regioni d’Italia.
Lo stato di agitazione continuerà finché non si avranno risposte concrete e assunzioni di responsabilità da parte della politica e dell’amministrazione Istat in merito all’internalizzazione della rete di rilevazione e alla stabilizzazione dei rilevatori.
FLC CGIL ISTAT
occupata la sala riunioni a V.le Liegi
Al sesto anno di vita della rete di rilevazione ISTAT sulle Forze di Lavoro le condizioni di vita e di lavoro dei rilevatori che con competenza e alta professionalità rendono possibile questa indagine fondamentale per il paese, peggiorano costantemente.
La rete di rilevazione ISTAT infatti, sembra strutturalmente destinata a svolgere la propria attività appesa al filo della più assoluta precarietà. Da tre anni la rete, anche per l’anno appena iniziato, deve la propria esistenza ad un rinnovo che ad ogni legge finanziaria permette forzosamente una proroga della sua attività. Da tempo si chiede, in linea con la maggior parte dei paesi europei e coerentemente con il carattere permanente della funzione di rilevazione, che la rete sia inserita a pieno titolo nella struttura dell’Istituto e che i rilevatori siano trasformati in lavoratori subordinati in quanto la loro attività non ha nulla a che fare con la collaborazione occasionale.
L’Amm.ne non solo non sembra interessata a ricercare una soluzione credibile e definitiva alla costante minaccia di chiusura della rilevazione che ogni anno si ripresenta, ma non è disposta neanche a concedere condizioni minimamente dignitose ai lavoratori precari della rete.
In sei anni di attività, nessun tipo di aumento salariale è stato corrisposto ai rilevatori, i quali, per il rinnovo contrattuale del 2008, avevano avuto rassicurazione di ottenere un adeguamento dei compensi almeno corrispondente all’inflazione. Ciò che invece hanno trovato nel nuovo contratto è stato un misero (e provocatorio) aumento di 1,5 euro lorde a intervista.
Anno dopo anno dunque diminuiscono di fatto i salari, aumentano i vincoli e gli obblighi contrattuali si allontana sempre di più qualsiasi prospettiva reale di uscita da questa condizione di precarietà estrema. Resta un mistero come l’ISTAT possa pensare di garantire gli adeguati standard di qualità mantenendo queste condizioni di lavoro.
La FLC CGIL ritiene grave e improduttiva la modalità con cui l’amministrazione ISTAT si ostina a gestire le problematiche delle rete Fol e chiede che il 2008 sia l’anno in cui la questione trovi definitiva soluzione.
Per questo è proclamato a partire da oggi lo stato di agitazione di tutto il personale della Rete. Oggi è stato occupato ad oltranza, come primo atto della mobilitazione, il salone del II piano della sede di V.le Liegi, impedendo lo svolgimento del debriefing con i rilevatori del Lazio. La protesta si estenderà, nei prossimi giorni, a tutte le regioni d’Italia.
Lo stato di agitazione continuerà finché non si avranno risposte concrete e assunzioni di responsabilità da parte della politica e dell’amministrazione Istat in merito all’internalizzazione della rete di rilevazione e alla stabilizzazione dei rilevatori.
FLC CGIL ISTAT
In Francia è stop delle cassiere: «Basta precarietà»
dal manifesto di sabato 2 febbraio 2008
Sciopero nelle catene della distribuzione, da Auchan a Lidl. Contro i bassi salari, i contratti atipici e gli orari spezzati
Anna Maria Merlo
Parigi
Per la prima volta, i sindacati (Cgt, Cfdt e Fo) si sono uniti per organizzare una giornata di sciopero tra i dipendenti dei supermercati francesi. Secondo la Cgt, nell'80% dei grandi magazzini c'è stata mobilitazione. Il padronato parla solo di un 2%. Le condizioni di lavoro, assieme ai salari, sono la causa della protesta: il settore è il regno del part-time, dei contratti atipici. Quindi la protesta ha preso diverse forme: un'ora di sciopero, volantinaggio, brevi manifestazioni di fronte agli ipermercati. Per la Cgt, «il successo unitario mostra la giustezza delle rivendicazioni: aumento dei salari, difesa del riposo domenicale, occupazione». Anche i depositi della merce sono stati coinvolti nella giornata di protesta.
Bernard Thibault, segretario della Cgt, si è detto «soddisfatto» per essere riuscito a «unire gli sforzi di tre sindacati per mettere in evidenza la situazione sociale e salariale del personale della grande distribuzione», che sono «i più precari dei dipendenti del commercio».
Carrefour, Auchan, Casino, Picard, anche i discount Lidl e Ed, la protesta ha toccato tutti i grandi nomi, punto di forza dell'economia francese nel mondo. «La realtà dei salari è insostenibile, i datori di lavoro devono aumentare gli stipendi», dice Thibault. In Francia, 650 mila persone lavorano nella grande distribuzione. La grande maggioranza sono donne, le «cassiere», diventate il simbolo vivente dello sfruttamento dell'era post-moderna. Orari atipici, fino a sera, in luoghi lontanissimi dalla residenza personale (i «centri commerciali»), part-time non scelto (ma tempo di lavoro lunghissimo a causa di orari spezzettati, che impediscono di tornare a casa tra una tranche di lavoro e l'altra), lavoro nei giorni festivi, ambienti degradati (come ha messo in luce un anno fa un libro di una medica del lavoro, Dorothée Ramaut, Journal d'un médecin du travail, Le Cherche Midi ed.), difficoltà a sopportare manifestazioni di indifferenza se non di disprezzo da parte della clientela frettolosa. Per di più, le nuove tecnologie (casse automatiche, già in sperimentazione in vari ipermercati) minacciano l'occupazione in un prossimo futuro.
Il 37% dei 650 mila impiegati della grande distribuzione sono a part-time, e questa proporzione sale al 55% per le donne. Il primo stipendio - lordo - di una cassiera è di 16.600 euro l'anno. Dopo vent'anni di lavoro, hanno denunciato ieri molte cassiere, lo stipendio è intorno ai 900-1.000 euro al mese. Nel 2007, gli aumenti sono stati inferiori al 2% mentre l'inflazione corre più veloce. In una Francia dove il potere d'acquisto è diventata la prima preoccupazione, le cassiere si trovano in fondo alla scala sociale.
Il sindacato intanto ha ottenuto il rispetto della legge: pagare le pause (portate al 5% della remunerazione). Il padronato però punta i piedi contro le richieste di diminuire la percentuale di part-time. Ha solo concesso di partecipare a un «gruppo di lavoro». Per la Cgt, «a causa del fatto che questi bassi salari sono legati ad esonerazioni dei contributi, vuol dire che il padronato non ha nessun interesse a cambiare la situazione».
Un piccolo passo avanti potrebbe venire dalla nuova trattativa che il padronato ha accettato di aprire a partire dal mese di aprile: l'eguaglianza uomo-donna. «Se mettiamo tutti questi piccoli passi uno accanto all'altro - dicono a Force ouvrière - questo venerdì sarà considerata una giornata di mobilitazione storica». Ma l'incitamento agli straordinari (con sgravi sui contributi padronali) da un lato e la liberalizzazione dell'apertura la domenica, decise dal governo, rischiano di aggravare ancora la situazione.
Sciopero nelle catene della distribuzione, da Auchan a Lidl. Contro i bassi salari, i contratti atipici e gli orari spezzati
Anna Maria Merlo
Parigi
Per la prima volta, i sindacati (Cgt, Cfdt e Fo) si sono uniti per organizzare una giornata di sciopero tra i dipendenti dei supermercati francesi. Secondo la Cgt, nell'80% dei grandi magazzini c'è stata mobilitazione. Il padronato parla solo di un 2%. Le condizioni di lavoro, assieme ai salari, sono la causa della protesta: il settore è il regno del part-time, dei contratti atipici. Quindi la protesta ha preso diverse forme: un'ora di sciopero, volantinaggio, brevi manifestazioni di fronte agli ipermercati. Per la Cgt, «il successo unitario mostra la giustezza delle rivendicazioni: aumento dei salari, difesa del riposo domenicale, occupazione». Anche i depositi della merce sono stati coinvolti nella giornata di protesta.
Bernard Thibault, segretario della Cgt, si è detto «soddisfatto» per essere riuscito a «unire gli sforzi di tre sindacati per mettere in evidenza la situazione sociale e salariale del personale della grande distribuzione», che sono «i più precari dei dipendenti del commercio».
Carrefour, Auchan, Casino, Picard, anche i discount Lidl e Ed, la protesta ha toccato tutti i grandi nomi, punto di forza dell'economia francese nel mondo. «La realtà dei salari è insostenibile, i datori di lavoro devono aumentare gli stipendi», dice Thibault. In Francia, 650 mila persone lavorano nella grande distribuzione. La grande maggioranza sono donne, le «cassiere», diventate il simbolo vivente dello sfruttamento dell'era post-moderna. Orari atipici, fino a sera, in luoghi lontanissimi dalla residenza personale (i «centri commerciali»), part-time non scelto (ma tempo di lavoro lunghissimo a causa di orari spezzettati, che impediscono di tornare a casa tra una tranche di lavoro e l'altra), lavoro nei giorni festivi, ambienti degradati (come ha messo in luce un anno fa un libro di una medica del lavoro, Dorothée Ramaut, Journal d'un médecin du travail, Le Cherche Midi ed.), difficoltà a sopportare manifestazioni di indifferenza se non di disprezzo da parte della clientela frettolosa. Per di più, le nuove tecnologie (casse automatiche, già in sperimentazione in vari ipermercati) minacciano l'occupazione in un prossimo futuro.
Il 37% dei 650 mila impiegati della grande distribuzione sono a part-time, e questa proporzione sale al 55% per le donne. Il primo stipendio - lordo - di una cassiera è di 16.600 euro l'anno. Dopo vent'anni di lavoro, hanno denunciato ieri molte cassiere, lo stipendio è intorno ai 900-1.000 euro al mese. Nel 2007, gli aumenti sono stati inferiori al 2% mentre l'inflazione corre più veloce. In una Francia dove il potere d'acquisto è diventata la prima preoccupazione, le cassiere si trovano in fondo alla scala sociale.
Il sindacato intanto ha ottenuto il rispetto della legge: pagare le pause (portate al 5% della remunerazione). Il padronato però punta i piedi contro le richieste di diminuire la percentuale di part-time. Ha solo concesso di partecipare a un «gruppo di lavoro». Per la Cgt, «a causa del fatto che questi bassi salari sono legati ad esonerazioni dei contributi, vuol dire che il padronato non ha nessun interesse a cambiare la situazione».
Un piccolo passo avanti potrebbe venire dalla nuova trattativa che il padronato ha accettato di aprire a partire dal mese di aprile: l'eguaglianza uomo-donna. «Se mettiamo tutti questi piccoli passi uno accanto all'altro - dicono a Force ouvrière - questo venerdì sarà considerata una giornata di mobilitazione storica». Ma l'incitamento agli straordinari (con sgravi sui contributi padronali) da un lato e la liberalizzazione dell'apertura la domenica, decise dal governo, rischiano di aggravare ancora la situazione.
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