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13.5.08

La rivolta dei concorrenti dei reality

È iniziato tutto in Francia, dove lo scorso febbraio 3 ex partecipanti a Temptation Island – uno dei tanti reality show che deliziano gli amanti del genere – hanno fatto causa a Glem, il produttore dello show televisivo, sussidiario del broadcaster televisivo francese TF1.

Ad animare i concorrenti sono state le pessime condizioni di lavoro cui sono stati costretti durante lo spettacolo, spesso obbligati a bere alcolici per amplificare reazioni e comportamenti, privati del sonno e forzati a “stare in scena” 24 ore su 24, in nome del reality e senza retribuzione. I protagonisti di Temptation Island hanno chiesto al tribunale di essere considerati come veri dipendenti, e come tali di poter ricevere uno stipendio per il lavoro svolto. E la corte ha dato loro ragione, stabilendo che Glem paghi gli arretrati per la loro prestazione, corrispondenti a circa 27 mila euro.

Ovviamente la società ha fatto ricorso in appello, ma l’iniziativa dei 3 concorrenti è stata seguita da altri concorrenti di vari reality francesi - oltre un centinaio – che si sono rivolti al medesimo avvocato per rivendicare gli stessi diritti. A quanto pare il caso sta avendo ripercussioni anche a livello internazionale, dal momento che l’ufficio legale che segue le varie cause è stato contattato da avvocati americani, tedeschi e anche italiani, interessati a difendere questa nuova categoria di lavoratori anche nel proprio Paese.

Un portavoce di Endemol (produttore, tra gli altri, del Grande Fratello) ha commentato dicendo che in fin dei conti si tratta di un gioco, e che chi partecipa accetta di mettere in piazza la propria vita sperando di vincere ma sapendo di poter perdere. Perché mai si lamentano dunque?

2.2.08

In Francia è stop delle cassiere: «Basta precarietà»

dal manifesto di sabato 2 febbraio 2008

Sciopero nelle catene della distribuzione, da Auchan a Lidl. Contro i bassi salari, i contratti atipici e gli orari spezzati

Anna Maria Merlo
Parigi
Per la prima volta, i sindacati (Cgt, Cfdt e Fo) si sono uniti per organizzare una giornata di sciopero tra i dipendenti dei supermercati francesi. Secondo la Cgt, nell'80% dei grandi magazzini c'è stata mobilitazione. Il padronato parla solo di un 2%. Le condizioni di lavoro, assieme ai salari, sono la causa della protesta: il settore è il regno del part-time, dei contratti atipici. Quindi la protesta ha preso diverse forme: un'ora di sciopero, volantinaggio, brevi manifestazioni di fronte agli ipermercati. Per la Cgt, «il successo unitario mostra la giustezza delle rivendicazioni: aumento dei salari, difesa del riposo domenicale, occupazione». Anche i depositi della merce sono stati coinvolti nella giornata di protesta.
Bernard Thibault, segretario della Cgt, si è detto «soddisfatto» per essere riuscito a «unire gli sforzi di tre sindacati per mettere in evidenza la situazione sociale e salariale del personale della grande distribuzione», che sono «i più precari dei dipendenti del commercio».
Carrefour, Auchan, Casino, Picard, anche i discount Lidl e Ed, la protesta ha toccato tutti i grandi nomi, punto di forza dell'economia francese nel mondo. «La realtà dei salari è insostenibile, i datori di lavoro devono aumentare gli stipendi», dice Thibault. In Francia, 650 mila persone lavorano nella grande distribuzione. La grande maggioranza sono donne, le «cassiere», diventate il simbolo vivente dello sfruttamento dell'era post-moderna. Orari atipici, fino a sera, in luoghi lontanissimi dalla residenza personale (i «centri commerciali»), part-time non scelto (ma tempo di lavoro lunghissimo a causa di orari spezzettati, che impediscono di tornare a casa tra una tranche di lavoro e l'altra), lavoro nei giorni festivi, ambienti degradati (come ha messo in luce un anno fa un libro di una medica del lavoro, Dorothée Ramaut, Journal d'un médecin du travail, Le Cherche Midi ed.), difficoltà a sopportare manifestazioni di indifferenza se non di disprezzo da parte della clientela frettolosa. Per di più, le nuove tecnologie (casse automatiche, già in sperimentazione in vari ipermercati) minacciano l'occupazione in un prossimo futuro.
Il 37% dei 650 mila impiegati della grande distribuzione sono a part-time, e questa proporzione sale al 55% per le donne. Il primo stipendio - lordo - di una cassiera è di 16.600 euro l'anno. Dopo vent'anni di lavoro, hanno denunciato ieri molte cassiere, lo stipendio è intorno ai 900-1.000 euro al mese. Nel 2007, gli aumenti sono stati inferiori al 2% mentre l'inflazione corre più veloce. In una Francia dove il potere d'acquisto è diventata la prima preoccupazione, le cassiere si trovano in fondo alla scala sociale.
Il sindacato intanto ha ottenuto il rispetto della legge: pagare le pause (portate al 5% della remunerazione). Il padronato però punta i piedi contro le richieste di diminuire la percentuale di part-time. Ha solo concesso di partecipare a un «gruppo di lavoro». Per la Cgt, «a causa del fatto che questi bassi salari sono legati ad esonerazioni dei contributi, vuol dire che il padronato non ha nessun interesse a cambiare la situazione».
Un piccolo passo avanti potrebbe venire dalla nuova trattativa che il padronato ha accettato di aprire a partire dal mese di aprile: l'eguaglianza uomo-donna. «Se mettiamo tutti questi piccoli passi uno accanto all'altro - dicono a Force ouvrière - questo venerdì sarà considerata una giornata di mobilitazione storica». Ma l'incitamento agli straordinari (con sgravi sui contributi padronali) da un lato e la liberalizzazione dell'apertura la domenica, decise dal governo, rischiano di aggravare ancora la situazione.

16.4.07

Precari. Un libro che parla di noi

Recensione del libro "La rivoluzione Precaria, di Antonio Sciotto e Anna Maria Merlo

(6 aprile 2007)

Un libro di Antonio Sciotto e Anna Maria Merlo racconta il movimento Francese anti Cpe,parlando anche della realtà Italiana, sempre piu’determinata dalla precarizzazione del lavoro.

Parafrasando uno dei piu’noti aforismi Marxisti, oggi “uno spettro si aggira per l’Europa… la precarietà”.

Così si potrebbe riassumere l’essenza del libro “La rivuluzione precaria” (Ediesse, Novembre b2006), scritto da due penne de Il Manifesto, Antonio Sciotto e Anna Maria Merlo, rispettivamente giornalista economico e corrispondente da Parigi del “Quotidiano Comunista”.

Il libro è interemante dedicato al movimento francese contro il CPE (contratto di primo impiego), quello che Supiot ha definito come “la più grande e recente protesta di una giovane generazione contro lo svilimento del lavoro e dei suoi diritti”.

“La Rivoluzione Precaria” si presenta quindi come una classica produzione da “movimento”, raccogliendo interviste,riflessioni, analisi statistiche, documenti e manifesti prodotti in quella breve ma intensa ( e non esaurita) stagione di lotte.

Una stagione particolare,perchè per la prima volta le generazioni più giovani sono riuscite a dare una dimensione collettiva e politica a frustrazioni e paure per troppo tempo celate nella mera sfera individuale.

Il movimento dei giovani francesi ha rappresentato e rappresenta infatti un qualcosa che travalica le Alpi e, come ha scritto Ramonet nella prefazione del libro, ci parla dell’incapacità della sinistra nel saper leggere le trasformazioni avvenute, con gli occhi dei novelli sfruttati da organizzare e difendere. In una trama che va oltre i singoli provvedimenti del Governo di centrodestra e che evidenzia la portata gigantesca di una crisi. Quello di un modello di sviluppo che non riesce piu’ a garantire mobilità sociale, ridistribuzione di occasioni e potere (anche indipendentemente dal successo scolastico e universitario dei piu’giovani).

Nel libro si mette a nudo la crisi degli ultimi assiomi positivisti sopravvisuti alla caduta del muro di Berlino: non è piu’ vero che basta studiare e laurearsi per godere di condizioni sociali migliori di quella di partenza. Non è piu’ vero che “flessibile è bello”, che l’individuo solo sul mercato ( sul mercato di oggi, nell’economia riorganizzata di oggi) sia piu’ libero e consapevole.

Sotto accusa è certo la precarietà, la mano invisibile del mercato, la sistematica mercificazione del lavoro. Ma piu’ in generale sotto accusa è un modello che svilisce le energie migliori del continente, che crea tappi generazionali, che impedisce la messa in moto dei circuiti creativi, intellettuali, immaginifici, di cui le generazioni piu’ giovani sono portatrici.

Ed allora questo libro non parla solo della Francia, ma dell’intera Europa, dell’incapacità di rinnovare quel compromesso tra ragioni del mercato e ragioni del lavoro, che ha dato vita al welfare state, che ha responsabilizzato l’impresa, che ne ha ancorato le pulsioni piu’ animali al rispetto dei confini della cittadinanza.

E, quindi, il libro parla anche dell’ Italia.

Non a caso gli autori hanno voluto a tutti i costi uscire in libreria prima del 4 novembre, data della manifestazione indetta dal cartello “Stop precarietà ora”, divisosi negli ultimi giorni a seguito delle esternazioni dei Cobas che hanno convinto parte della Cgil e altri partecipanti a disertare l’appuntamento.

“La rivoluzione precaria” esprime una denuncia che inchioda la politica alle proprie responsabilità, alla propria funzione regolatrice e che. in fin dei conti, investe anche un’idea di democrazia e di libertà.

Come retoricamente si interroga uno degli studenti francesi nei giorni dell’occupazione della Sorbona :” che libertà è quella che si basa sull’insicurezza? Che democrazia sarà mai possibile se molti di noi saranno lavoratori precari per tutta la vita, con la sistematica paura anche solo di parlare, organizzarsi, denunciare le ingiustizie che subiscono?”

Un libro quindi che bisogna leggere, perchè raccoglie voci simili a quelle che potremmo ascoltare in un qualsiasi call center di Firenze, Milano o Roma o in un centro di ricerca di Napoli.

Un libro che parla di noi, dei nostri problemi, delle nostre sconfitte, ma soprattutto delle nostre possibili vittorie.

Letizia Tassinari