venerdì 11 maggio 2007 | |
Il giorno prima e nei giorni successivi ha piovuto, ma il primo maggio San Precario ha spazzato le nuvole lasciando che il sole illuminasse la Milano precaria. La costruzione della MayDay007 viene da lontano, cresce nelle lotte dei precari e dei precarizzati che hanno agitato la metropoli e si rappresenterà nella composizione del corteo. Qualcosa sta cambiando: si muovono nuove energie, si coagulano relazioni, aumenta la partecipazione attiva, le assemblee si riempiono. I sentimenti e le idee dei precari e delle precarie trovano linguaggi comuni. Si chiede al movimento di investire in questa direzione, si chiede al movimento di rendersi invisibile. Però a latere di ogni assemblea si percepisce in modo sempre più rumoroso il timore che questa trasformazione non trovi un risultato tangibile nella partecipazione di piazza e nell'arena politica. L'affluenza in piazza XXIV Maggio è da cardiopalma. Tantissimi i carri ze pochissime le persone. Bisogna partire prima, i bilici vanno incolonnati. Corso di Porta Ticinese, poi Molino delle armi, poi Correnti e quindi via Torino. I carri sono disposti, le persone stanno arrivando. Improvvisamente è il caos, quello vero, senza censure. Un mare di persone cerca di risalire il corteo, ogni bestione munito di sound crea un imbuto. Si sente chiedere: "Chi sono questi?", "Ma come funzionano i tarocchi?", "Ma questo è il City vero? No è of Gods, quello dei precari", "Dov'è il carro della telefonista?", "Hai visto quelli dello spettacolo? Ehi bello, ne hai da camminare: aprono il corteo". La situazione peggiora in Duomo, dove due ali di folla bloccano ulteriormente l'andirivieni dei ricercatori di tarocchi, dei risalitori di corteo, dei precari/e alla deriva. Ormai il timore è svanito, la MayDay è traboccante. Il protagonismo precario impressiona. Aprono la Samba Band pink (ottima e pimpante) e la Critical Mass, seguono gli Autorganizzati dello spettacolo e della Scala, i giornalisti, cre/attivi e precari (new entry!), le ragazze/i Winders contro le esternalizzazioni e la cessione del ramo d'azienda, supportate dai complottari di Genova e dai piacentini del Pacio. Poi ci sono i precari/e del Comune di Milano, dell'Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente) insieme al Punto San Precario di Milano. Le medichesse dell'Ambulatorio medico popolare per la sanità gratuita, gli operai sociali per la santità collettiva, coadiuvati dai bergamaschi e dalle bergafemmine del Pacì. E poi i/le migranti, tante associazioni unite da un'unica firma, un unico indirizzo di posta e un unico futuro: cittadini di fatto, seguiti (o forse preceduti) dagli studenti, che hanno appena occupato l'ex-sede del Pci poi Ds ora Pd - domani chissà - di Via Volturno, e dal Foa Boccaccio. Una cospirazione fra precari/e e migranti che segna un'attitudine e organizza conflitti, lontana dalle velleità identitarie. Segue il sindacalismo di base (Cub, Sdl, Unicobas), poi il carro dei phone center che si oppone all'infame legge regionale d'impronta razzista che colpisce le comunità migranti. C'è anche una parte della comunità cinese, colpita dai vigilanti meneghini guidati dall'ignobile De Corato. Poi ancora la Rete della città dal basso, a cui succedono una quantità di camioncini dai sound corposi, aperti dal ritmo degli Opposti Concordi e seguiti da un numero considerevole di giovanissimi, forse alla loro prima esperienza maydayana. L'arrivo in Piazza Castello rende giustizia al numero e alla bellezza dei precari/e: cinquanta, sessantamila persone vere, in carne ed ossa. Non servono moltiplicatori per cantarne le lodi. La loro qualità si leggeva nel secondo numero della freepress Precaria – City of Gods ( http://city.precaria.org )- stampato in venticinquemila copie e distribuito sin dalla mattina, pietra dello scandalo nei giorni successivi per la sua tagliente scorrettezza. Attenzione: City of Gods non è nato per fare informazione, ma per manipolarla. City of Gods è sorto con lo scopo di condividere fra i precari strumenti e opportunità per elaborare l'informazione in modo incisivo e feroce, consentendo di andare oltre la narrazione di sé per giungere alla creazione del sé. Sul crinale di questa differenza si deve leggere anche il senso dei tarocchi ( http://cartomanzia.precaria.org ). I più sprovveduti vi hanno visto una riedizione degli Imbattibili. Si sono soffermati sulla forma e non hanno varcato la soglia della sostanza. Le figurine supereroiche incitavano alla narrazione, all'uscita dal limbo, alla possibile relazione. I tarocchi precari mettono invece in luce un possibile utilizzo di questa presa di parola, evidenziano strategie ed opportunità nuove. La precarietà, anzi, la precarizzazione si esprime ben oltre l'atipicità dei contratti. Ma questo sta diventando uno slogan. Ogni cosa, per quanto negativa - e la precarietà ha infiniti aspetti negativi - non deve sembrare immutabile. Per questo è necessario esprimere una volontà che non rivendichi un ritorno al passato, che altro non sarebbe che una restaurazione di un qualcosa che ha già perso. È necessario scorgere opportunità negli aspetti nefasti della precarietà. I tarocchi esigono una lettura in questa direzione. Le relazioni, frutto della diserzione dalle chimere delle imprese, devono trasformarsi in complicità. La schiavitù indotta da un lavoro senza più dignità, privo di ogni valenza civilizzatrice, deve formulare un'idea cooperativa, creativa, sostenibile nei prodotti materiali ed immateriali dei nostri gesti e dei nostri desideri. Per questo, è stato scritto, l'unico modo per azzeccare il futuro è cospirare nel presente. Per questo l'unico modo di cospirare nel presente, aggiungiamo ora, è quello di indovinare la direzione verso cui dirigere il proprio futuro. Al di là delle solite forme di gioia, ballo e sballo, birra e danze, la MayDay di quest'anno ha posto con forza l'intenzione di operare nell'immediato futuro per il raggiungimento di tre obiettivi intermedi, fattibili e realistici, attraverso i quali svelare, concretamente, le ipocrisie insite nella retorica con cui governo e sindacati confederali tentano di ammansirci: riduzione delle tipologie contrattuali, salario minimo orario, e definizione di una continuità di reddito lontana dalle idee ammortizzative e legata invece alla generalizzazione dei diritti fondamentali e delle tutele del lavoro per nativi e migranti. Il post MayDay è sempre stato traumatico ma quest'anno lo è ancora di più. Un'onda infinità di richieste di partecipazione e di entusiasmo ci rallenta moltissimo. Un report a una settimana di distanza non era mai capitato, anche considerata la nostra indole pigrissima. A breve si organizzerà un incontro fra le varie MayDay e con i precari/e che la animano per definire una campagna autunnale su queste tematiche e per ragionare insieme delle prospettive maydayane. Da notare che durante la manifestazione del mattino, cui hanno partecipato circa 5.000 persone, la Cgil milanese (per bocca del segretario Rosati) ha auspicato per l'anno prossimo l'organizzazione di un unico evento. Rosati ha detto testualmente che ne parlerà con gli organizzatori della MayDay. Divertente, no? Magari la brillante pensata è fare un bel concerto all'Arena nel pomeriggio (come San Giovanni) per svuotare la MayDay. E poi quella di Milano non è stata l'unica MayDay in Europa. Anche altre manifestazioni hanno riempito di contenuti e conflitto il primo maggio precario, sempre più restìo a farsi risucchiare dalle forme tradizionali del sindacato e dei partiti. Da Milano a Napoli, da Helsinki a Siviglia, MayDay! MayDay!. Eppure, c'è chi non si accorge che la MayDay ha raggiunto una maturità e un'autonomia che la rendono l'unica forma di rappresentazione della condizione precaria. In alcuni media di movimento non si trova nemmeno una riga sulla più grande manifestazione precaria del primo maggio. Ma la MayDay non ha bisogno di altoparlanti, scrive direttamente tramite la propria free&free press City of Gods e contratta e autogestisce due pagine sui quotidiani di sinistra. Crea scompiglio e porta il subvertising nelle paludate reti dell'informazione sindacale, sino a far perdere la testa al più grande sindacato italiano. Un'ultima riflessione: gli aspetti qualitativi più importanti che differenziano la MayDay di quest'anno dalle passate edizioni sono stati la capacità di coinvolgere il mondo del precariato sin dalla sua costruzione e quella di avanzare proposte concrete che possano aver le gambe per marciare in modo autonomo e autorganizzato oltre l'evento simbolico del primo maggio. Ci sono oggi, dopo anni di attività di rete, contaminazione e coinvolgimento (lavoro fatto fuori dai riflettori mediatici, ma capace di sedimentare relazioni fruttifere che hanno garantito, oltre alle forme autonome di espressione, anche una capacità di conflitto e di rapporto con le istituzioni nefande di questa città) tutte le condizioni per affrontare la precarietà esistenziale nei suoi diversi aspetti. Dopo il tempo della denuncia, dopo il tempo dell'orgoglio precario, si cominciano a porre le prime basi non solo per vincere in specifiche situazioni (vedi Sea e operatori sociali) ma per imbastire un piano di azione politica riconosciuta, supportata, condivisa e organizzata dai precari/e stessi. |
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15.5.07
Un raggio di sole tra due pareti di pioggia
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