A Cagliari occupata azienda. Tripi chiede una sanatoria.
Un call center occupato, a Cagliari, da 100 lavoratori, licenziati e in attesa degli stipendi arretrati; i call center di Inps e Inail, vinti in appalto da Poste Italiane e poi subappaltati a società private, che non vogliono applicare la direttiva del ministro Damiano che obbliga ad assunzioni con contratti subordinati i lavoratori dell'inbound; e due lettere di Alberto Tripi, presidente di Fita-Confindustria nelle quali invita i propri iscritti a «mettere in campo tutte le possibili azioni di lobby» contro «continui e irresponsabili attacchi alla flessibilità del lavoro e ai contratti a progetto da parte di alcuni esponenti della politica e delle parti sociali». Mentre si avvicina la data del 29 settembre, prima manifestazione nazionale dei lavoratori dei call center, il clima nel settore si fa sempre più incandescente.
A Cagliari i lavoratori della Laer, aderenti al sindacato autonomo Zona Deprecarizzata (tra i promotori della manifestazione del 29) hanno deciso ieri di occupare la sede del proprio call center, dopo che l'amministratore delegato Roberto Lupo aveva loro comunicato il licenziamento, il mancato pagamento degli stipendi arretrati (circa 150 mila euro) e la chiusura dei locali.
A Bitritto, in provincia di Bari, chiude il call center Intouch, nel 2002 vincitrice insieme a Poste Italiane dell'appalto per la gestione dello “sportello virtuale” di Inps e Inail. Ai sindacati che chiedevano l'assunzione con contratti subordinati (come previsto dalla circolare di Damiano) l'azienda ha risposto con la decisione di ritirarsi dalla commessa, a pochi giorni dalla scadenza del contratto di cocoprò di 60 lavoratori. I precari saranno però assunti dalla Omnia, altra titolare dell'appalto, sempre con un contratto parasubordinato. In attesa- a quanto sostiene l'azienda- di notizie certe sulla copertura economica dei contratti da parte di Inps e Inail. Un silenzio per nulla giustificato, dato che già il 2 agosto il ministero del Lavoro e l'amministratore delegato di Poste Italiane avevano annunciato centinaia di assunzioni nei propri call center. L'appalto in questione, tra l'altro, fu vinto nel 2002 da una cordata composta da Poste Italiane, Omina e Intouch con un costo per il servizio operatori (circa 7 milioni) di gran lunga inferiore a quanto necessario per pagare i lavoratori. Un chiaro caso di dumping contrattuale, del quale era stato allora vittima proprio Alberto Tripi, proprietario di Atesia e di Cos, sconfitto nella gara d’appalto dall'offerta stracciata dell'azienda pubblica.
E proprio Alberto Tripi ha inviato agli iscritti di Fita-Confindustria, associazione di cui è presidente, una lettera che invita alla lotta contro gli oppositori della precarietà del lavoro; stesso mittente per una missiva inviata a 7 ministri nella quale si chiede al governo di portare avanti il percorso avviato dalla Circolare del ministro Damiano sui call center e di «escludere qualunque forma di retroattività contributiva relativa a collaborazioni lavorative pregresse e contrattualizzate in applicazione della legge 30»: in poche parole è la richiesta di un colpo di spugna rispetto a quanto deciso dagli ispettori del lavoro in Atesia, che hanno costretto l'azienda all'assunzione di 3800 cocoprò e al pagamento dei contributi pregressi per altri 10 mila. Partendo dall'equazione «diminuizione di flessibilità= calo competitività = meno occupazione» il proprietario di Atesia continua a minacciare di «delocalizzare le attività all'estero». Questa volta, però, è una minaccia che porta nel timbro l'aquilotto di Confindustria
Nessun commento:
Posta un commento