Nel nome di San Precario
di Michela Bevere
06/09/2006
"I lavoratori precari del call-center Atesia si trovano in condizioni decisamente peggiori rispetto agli operai delle fabbiche negli anni '40 e '50". E' il commento di Ascanio Celestini sulla vicenda del call-center più grande d'Europa, che durante l'estate è stato sulle prime pagine di tutti i più importanti giornali, dopo la relazione dell'Ispettorato del lavoro, secondo cui i dipendenti Atesia svolgono a tutti gli effetti lavoro subordinato. Non è un fatto insolito che l'autore teatrale intervenga su questi temi, perché è da tempo che si occupa di lavoro precario. E in particolare Celestini sta preparando uno spettacolo che sarà presentato durante la Notte Bianca a Roma, a cui parteciperanno gli stessi lavoratori del call-center. Lo spettacolo sarà anche l'occasione per annunciare la mobilitazione indetta dal Collettivo Precari Atesia del 29 settembre per rivendicare l'abolizione della legge 30 e del pacchetto Treu e per mettere al centro della trattativa la stipulazione di contratti a tempo indeterminato.
R@: Che impressione si è fatto della vicenda Atesia?
AC: Quello che è accaduto nei giorni scorsi sulla vicenda Atesia è soltanto l'inizio di una battaglia. Il problema ora è capire come sarà interpretata la relazione dell'Ispettorato del lavoro. Il rischio è che i lavoratori siano assunti, con contratti di apprendistato e di inserimento. Il risultato dell'accertamento degli ispettori, poi, in realtà ha detto una cosa che avrebbe potuto dire mia nonna: se una persona lavora per sei mesi in uno stesso luogo non si può dire che sia 'a progetto', ma si tratta di un vero e proprio lavoro subordinato. Purtroppo però in Italia manca una cultura del lavoro.
R@: In che senso?
AC: E' paradossale che il presidente Alberto Tripi minacci di chiudere l'azienda e di andare all'estero, nel momento in cui l'Ispettorato del lavoro gli fa notare di non aver rispettato la legge finora. E' come se annunciasse pubblicamente di non volerla rispettare. Purtroppo, poi, non è emerso chiaramente che l'esposto agli ispettori del lavoro fu presentato più di un anno fa da cinque ragazzi del Collettivo Precari Atesia. E due di questi sono stati licenziati, mentre altri due non si sono visti rinnovare il contratto.
R@: Dalla sua esperienza, come le sembrano le condizioni di lavoro in Atesia?
AC: Molti precari si rendono conto solo ora, che il loro, in realtà è un lavoro a cottimo. Vengono pagati 85 centesimi ogni 2 minuti e 40 secondi di telefonata. Come si devono chiamare, se non lavoratori a cottimo? Ma la tragedia è che quasi tutti hanno più di trent'anni e per poter sopravvivere tengono insieme due o tre lavori. E in tutto questo, essendo precari, non sono neanche rappresentati dai sindacati. Il sindacato è esterno, come nelle fabbriche degli '40 e '50.
R@: Che differenza c'è con gli operai delle fabbriche di quegli anni?
AC: I lavoratori Atesia si trovano in condizioni ancora peggiori, perché almeno gli operai avevano qualche speranza per il futuro, per i loro figli. Invece, questi nuovi precari sanno che la situazione non può che peggiorare: oggi la precarietà non è soltanto nel lavoro, ma è anche nella vita di tutti i giorni. Abbiamo fatto un grande passo indietro in questi anni.
R@: Tornando alla Notte Bianca. In che consiste lo spettacolo che state preparando?
AC: Lo spettacolo è all'interno del Festival 'Bella Ciao' che avrà come filo conduttore il lavoro precario. Abbiamo registrato cinque spot di 5 minuti ciascuno, in cui i lavoratori del call-center raccontano la loro storia, sotto forma di radiogiornale. La rappresentazione sarà, sia in audio, sia in video, con delle immagini che scorreranno. Oltre questo, anch'io racconterò le loro storie sulla base delle interviste fatte nei mesi scorsi. Con tutto il materiale raccolto con queste interviste, ho in cantiere di realizzare un video-documentario con tutte le loro storie.
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