6.5.07

Abruzzo: la regione dipende dai precari

I contratti in scadenza mettono a rischio la funzionalità del S. Spirito
di LELLO GRILLI PESCARA — Mancava solo questa acuminata spada di Damocle sul capo di un ospedale, il Santo Spirito di Pescara, che va avanti quotidianamente al limite della sopravvivenza: entro la fine del mese scadono i contratti a termine di 250 precari (la maggior parte Co-co-co) tra medici, infermieri, amministrativi, coordinatori, e non ci sono i soldi per rinnovarli. Ed è stata prorogata di un mese la permanenza lavorativa di altri 38 interinali (quasi tutti barellieri) che però a metà giugno dovranno necessariamente fare la valigie. E senza possibilità di appello. La situazione è disperata. Interi reparti, vedi il Centro Trasfusionale che si regge per larga parte sull’apporto dei precari, rischia la chiusura e si porta appresso anche l’Ematologia, unico Centro di eccellenza del nosocomio, noto anche al di fuori dei confini nazionali. Ci sono medici e infermieri che hanno accumulato centinaia e centinaia di ore di straordinario, costretti a turni massacranti di giorno e di notte, e che non riescono a pianificare le ferie. L’ospedale di Pescara è solo la punta dell’iceberg di un contesto sanitario regionale malato, che ha sforato i limiti di spesa fissati dal Governo e che si è visto costretto a presentare un piano di risanamento che ha portato a pesanti tagli e alla contestatissima introduzione del ticket sui farmaci. «Questa volta siamo davvero sull’orlo del collasso - tuona Francesco Marcucci, dipendente ospedaliero e segretario provinciale della FASE Sanità -: non siamo in grado di prevedere cosa accadrà fra poche settimane, quando una notevole quantità di dipendenti lascerà l’opedale. Già nella situazione attuale, per mancanza di personale è stato ridotto il numero dei ricoveri, gli interventi chirurgici sono scesi di oltre il 30%, e le liste d’attesa per prestazioni ambulatoriali viaggiano intorno ai quattro-cinque mesi. In questo contesto, vedersi privare di 250 unità lavorative significa chiudere bottega. Non c’è alternativa!». Tra le soluzioni-tampone a cui la direzione sanitaria sta pensando, c’è quella di riciclare dipendenti che, per motivi per esempio di salute, anni addietro erano stati trasferiti in altri uffici con mansioni ben diverse. E c’è anche una bozza di Atto Aziendale (verrà illustrato nei prossimi giorni dal direttore generale Balestrino) che prevede una totale riorganizzazione della struttura, con accorpamenti di reparti, redistribuzione del personale e chiusura di servizi. Ma oltre al problema centrale della carenza di personale, medici e infermieri devono fare quotidianamente i conti spesso anche con la mancanza di materiale sanitario necessario per la cura di particolari patologie, come per esempio nella terapia del dolore dove si sono registrate diverse proteste. «Fino a che punto è possibile portare avanti una situazione tanto disastrata, continuare a vivere alla giornata? - si chiede Marcucci - Il personale è sottoposto ad un continuo stress psico-fisico, e prima o poi non sarà più in grado di garantire quel livello di assistenza che un ospedale che conta un bacino d’utenza di oltre 200.000 unità e il cui Pronto Soccorso effettua circa 90.000 prestazioni all’anno, deve assolutamente offrire».

domenica 6 maggio 2007

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