Di Massimo Malerba e Luciana Mongiovì
- 27 maggio 2007 In un mercato del lavoro in cui tutto è precario, dai contratti alle retribuzioni, non è che la sicurezza - così pomposamente richiamata dalla legge 626/94- faccia poi eccezione. Anzi, volendosi soffermare sui dati dell’ultima ricerca condotta da Eurispes - Ispesl scopriamo innanzitutto che i tassi di mortalità e di infortunio tra i lavoratori precari sono almeno due, tre volte superiore rispetto a quello dei lavoratori subordinati. Ma dati i numeri andiamo alle cause che sono principalmente riconducibili alla diffusa e generalizzata tendenza ad assegnare ai lavoratori non stabilizzati compiti pericolosi, mansioni che vanno svolte in ambienti di lavoro insalubri o, comunque, in condizioni di lavoro problematiche: condizioni che il personale a tempo indeterminato, di norma, rifiuterebbe. A ciò si aggiunga la connotazione individualizzata del contratto atipico che, in quanto tale, è normalmente (ad eccezione dei rapporti in somministrazione) slegato dai parametri definiti in sede di contrattazione collettiva e la mancanza di tutele sindacali. Per contro, si registra una sottostima delle denunce di infortuni e di malattie professionali dei lavoratori precari che consegue alla loro condizione di ricattabilità e di soggezione psicologica nei confronti del datore di lavoro o del management aziendale. E come se non bastasse, a confermare la stretta correlazione che corre tra lavoro atipico e rischio di infortuni ci pensa ancora la ricerca Eurispes dalla quale emerge che il maggiore rischio infortunistico nel lavoro atipico rispetto a quello subordinato è fortemente legato alla mutata organizzazione del lavoro (Incidenti sul lavoro e lavoro atipico” - Eurispes-Ispesl). Ma c’è di più se persino la Giustizia Europea si è scomodata, nel 2003, emettendo una condanna nei confronti dell’Italia per il mancato recepimento della direttiva comunitaria lavorativa, che prevede l’obbligo per i datori di lavoro di prevenire tutti i rischi che possono incidere sulla salute dei lavoratori, anche di natura psico-sociale o trasversale. Negli ultimi anni si è sviluppata una accentuata sensibilità rispetto alle ricadute psicologiche delle mutate condizioni di lavoro che ha promosso l’attivazione di inchieste sui fattori di rischio occupazionali principalmente nel settore dei Call Center (Monitoraggio su inchieste nei call center - NidiL Cgil Catania, luglio 2006). La scelta dei Call Center come luogo di lavoro da indagare è dipesa dalla rapida crescita che ha caratterizzato questo settore. Già nel 2002 l’Europa impiegava circa 2 milioni di addetti, ossia l’1,3 % della popolazione attiva, che si aggiungono agli oltre 5 milioni di operatori negli Stati Uniti. In Italia sono stati censiti 700 aziende di Call Center che impiegano più di 250.000 addetti su 3 milioni e 244 mila lavoratori precari. Il Dipartimento Salute e Sicurezza della CGIL Regione Piemonte in collaborazione con l’ASL 5 ha avviato, su sollecitazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di due Call Center, una indagine sull’esposizione ai rischi professionali focalizzando l’attenzione sugli aspetti legati all’organizzazione del lavoro. In particolare, sembra essere l’ambiente sociale ad influire sulla percezione del disagio da parte del lavoratore tra cui un basso livello di controllo sul proprio lavoro, l’imposizione di obiettivi di rendimento (numero e durata delle chiamate), la presenza di sistemi di monitoraggio delle prestazioni e la scarsità di pause (Studio R.O.C.C. Cgil Piemonte). Malgrado questo dato, è descritto che il management aziendale è più propenso a migliorare l’ergonomia e l’ambiente indoor piuttosto che l’organizzazione del lavoro ( Taylor et al, 2003). Fra i risultati attesi, usufruibili anche da parte del Servizio Sanitario della Regione Piemonte, è stata indicata la realizzazione di “Linee guida per la salute e la sicurezza nel settore dei Call Center”.
Infortuni in Sicilia, fra gli “atipici” è boom Presentato a Palermo l’ultimo Rapporto annuale regionale dell’Inail: crescono del 46% gli incidenti subiti dai lavoratori parasubordinati Il fenomeno infortunistico in Sicilia rappresenta il 3,6% del totale nazionale. Nell’anno 2005 sono stati denunciati all’Inail 33.756 infortuni sul lavoro di cui 28.165 nel settore industria e servizi, 3.295 in agricoltura e 2.296 tra i dipendenti dello Stato. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto Annuale Regionale di Inail Sicilia (7 dicembre 2006), presentato a Palazzo Steri a Palermo. Fra le città siciliane Catania, Palermo e Messina sono quelle in cui si è verificato il maggior numero di infortuni, mentre nelle province di Agrigento, Caltanissetta, Enna e Siracusa il numero di incidenti sul lavoro è cresciuto rispetto al 2004. Ottanta sono stati gli incidenti mortali denunciati, uno in più rispetto al 2004. La maggior parte degli infortuni mortali (65) è avvenuta nel settore dell’industria e dei servizi, 13 in agricoltura e 2 tra i lavoratori in conto Stato. In particolare nell’ambito dell’industria e servizi, il settore economico maggiormente colpito è rappresentato dalle costruzioni con 18 casi, seguito da quello manifatturiero con 11. Infortuni stradali e in itinere. Gli incidenti in itinere (quelli avvenuti lungo il tragitto casa-lavoro e viceversa) nel settore dell’industria e dei servizi sono aumentati del 9% rispetto ai dati del 2004. L’aumento si è verificato soprattutto nelle province di Catania (413), Palermo (354), Messina (184) e Siracusa (173). Ma il Rapporto Regionale registra anche una diminuzione degli infortuni mortali (13) rispetto ai 18 del 2004. In crescita, infine, gli incidenti stradali avvenuti durante il lavoro con 3.365 casi del 2005 rispetto ai 2.348 del 2004. In crescita gli infortuni dei lavoratori parasubordinati, tra i quali si registra un aumento del 46% rispetto all’anno precedente. Il 79% dei casi si concentra nelle province di Catania, Palermo, Trapani e Messina. In diminuzione del 27% gli incidenti sul lavoro avvenuti agli immigrati impiegati nel settore agricolo. La provincia maggiormente interessata è Ragusa, che con i suoi 114 casi racchiude il 55% degli eventi ragionali (205). Il numero maggiore di infortuni nell’isola riguarda il settore industria e servizi con 610 casi in più rispetto al 2004. Fra i lavoratori immigrati presenti in Sicilia, 198 incidenti sono accaduti a lavoratori tunisini. Mano, ginocchio, caviglia e colonna vertebrale sono le parti del corpo più colpite dagli incidenti sul lavoro: rappresentano, infatti, il 47% degli organi interessati in agricoltura e il 51% nell’industria e nei servizi.
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