4.2.08

Controlli antiabusi per 90mila contratti a progetto

Controlli antiabusi per 90mila contratti a progetto
di Francesca Barbieri

4 febbraio 2008

Insegnanti delle scuole private nel mirino degli ispettori del lavoro. «Non è da escludere - conferma Massimo Pianese, direttore generale per l'attività ispettiva del ministero del Lavoro - un intervento specifico sull'uso delle collaborazioni a progetto negli istituti privati, per accertare se l'attività è svolta nell'ambito di materie obbligatorie o facoltative».
E così un'altra categoria di lavoratori si dovrebbe aggiungere all'elenco individuato dalla circolare numero 4 emanata la scorsa settimana dal ministero del Lavoro: «Il Sole-24 Ore del lunedì» ha stimato circa 90mila contratti a progetto che interessano addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici; autisti e autotrasportatori; baby sitter e badanti; addetti alle agenzie ippiche; baristi e camerieri; custodi e portieri. E, poi, commessi, estetiste e parrucchieri, facchini, istruttori di autoscuola, letturisti di contatori, addetti alle pulizie, manutentori. Per finire con muratori, piloti e assistenti di volo, braccianti agricoli e segreterie.
La nuova stretta sul lavoro a progetto (le verifiche partiranno a marzo) nasce dai risultati dell'attività ispettiva svolta negli ultimi anni. «Il quadro generale - sottolinea Pianese - dimostra un consistente ricorso al contratto a progetto anche in settori dove questa tipologia appare oggettivamente poco compatibile con il contesto di riferimento e l'attività delle figure professionali che si muovono al suo interno».
I settori in cui si è registrato, più che in altri, un uso improprio delle collaborazioni a progetto sono quelli individuati dalla circolare n. 4/2008. Le segretarie, per esempio, figurano al terzo posto della classifica «Collaborazioni per professione» elaborata da Italia lavoro, l'agenzia tecnica ministeriale, su dati Istat relativi al 2006: su 404.205 collaboratori complessivi (a progetto e coordinati e continuativi), il personale di segreteria ne "accoglie" circa 19mila, il 4,7% del totale.
Tra baristi e camerieri (insieme ai cuochi) si contano oltre 5.500 collaboratori. Anche se la Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi, sottolinea che oggi «il co.co.pro non è una tipologia a cui si fa in genere ricorso per baristi e ristoratori: viene usata per vendite sperimentali dei prodotti del territorio, ma si tratta di un fenomeno molto limitato».
Un'altra attività con un discreto numero di lavoratori a progetto è quella degli addetti alle pulizie: più di 6mila che rappresentano però circa il 2% del totale della categoria. Anche in questo caso, per l'associazione di riferimento, la Fise-Anip, tutti i contratti stipulati nel settore delle pulizie sono a tempo indeterminato, con una prevalenza del part-time. Stesso ritornello per i piloti: l'Anpac – Associazione nazionale piloti aviazione commerciale – sottolinea che «per i piloti gli unici contratti in vigore sono quelli a tempo determinato o indeterminato. Nella nostra categoria non è previsto il co.co.pro».
E se secondo gli ultimi dati disponibili dell'Inps, nel 2007 il numero di posizioni aperte alla gestione separata è sceso di oltre 400mila unità (da 1.932.693 del 2006 a 1.515.530), il ministero del Lavoro ha avuto segnali diversi. «Abbiamo riscontri - dichiara Pianese - di un progressivo aumento dei rapporti di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa in settori, come l'edilizia, nei quali l'attività svolta in concreto presenta caratteristiche tali da risultare poco compatibile con questa tipologia contrattuale».
Interventi sui co.co.pro ce ne sono già comunque stati: da quello limitato ai call center al processo di stabilizzazione dettato dalla Finanziaria 2007, fino al progressivo aumento delle aliquote contributive previsto dal Protocollo sul Welfare. «Il rifiorire delle collaborazioni era tuttavia prevedibile - commenta Pianese –: il nuovo quadro sanzionatorio si è infatti incentrato sul fenomeno del lavoro nero e non su quello "grigio". Basti pensare alla maxi-sanzione prevista dal Dl 223/2006 o alla sospensione dell'attività imprenditoriale, che puniscono severamente l'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, lasciando, invece, indenne il datore di lavoro che ricorre a forme contrattuali del tutto incompatibili con l'attività lavorativa resa, nel concreto, dai propri collaboratori».
Ma cosa rischia un'azienda che ha fatto ricorso a contratti di collaborazione "non genuini"? «Finora – conclude Pianese – le imprese fuori regola sono state oggetto di sanzioni amministrative e di provvedimenti di recupero contributivo. Ciò che più importa è comunque aver ricondotto molti rapporti di lavoro nell'ambito della subordinazione e applicato così maggiori tutele per i lavoratori».

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