16.11.10

Novembre 2010

Università
16/11 Torino: impiegati incatenati davanti al rettorato
16/11 Bologna: flashmob sotto le due torri
17/11 sciopero di università scuola e ricerca: flc cgil | link

Scuola
La sentenza dà ragione ai precari Apcom
La proposta Cgil: "operazione 100mila"
L'IDV presenta un emendamento sui precari della scuola

Pubblica amministrazione
16/11 Palermo: protesta dei precari Arpa
10/11 Roma: vigili del fuoco precari in piazza

Giornalismo
Il diario di Paola Caruso, precaria del Corriere della sera in sciopero della fame

Migranti
Protestano i precari dell'immigrazione

In giro per l'Italia
La Spezia: precari del parco sul piede di guerra
Firenze: ciclo di incontri sul precariato
Nocera Umbra 16/11: lavoratori della Merloni e precari del Comune occupano la Torre
Roma: 5.000 precari degli asili comunali rischiano il posto
Napoli 9/11: i precari protestano con le bombole del gas
Altamura: nasce il comitato dei precari della sanità
Lecce: l'odissea dei precari della Asl
Reggio Calabria 15/11: sitin dei precari Leonia

Legge
Rosaria Amato sul collegato lavoro
Sul collegato lavoro Alcobas-Cub

Pensioni
L'Inps conferma: niente pensione per i precari
Bologna: 20mila precari senza pensione
100 precari scrivono a Berlusconi


La campagna Cgil

Giovani disposti a tutto
Non Più

Libri
L'ebook dei trentenni precari

Cinema
Rassegna di film sul precariato a Grottaglie
Festival del cinema di roma: i precari salgono sul palco
Al Festival di Roma la protesta multietnica dei precari

Arte
A Torino l'arte racconta la precarietà

28.11.09

News - novembre 2009

Precari ISPRA
24/11: i precari ISPRA salgono sul tetto
la polizia interviene fra i precari
commenti politici
la notte sul tetto
sul tetto fino a una soluzione positiva
25/11: la prima notte sul tetto
una webcam sul tetto
si prepara la seconda notte sul tetto
26/11: i fantasmi dell'Ispra scaricati dallo Stato
i precari affrontano il terzo giorno sul tetto
Ancora sul tetto
27/11: primi risultati ma restiamo sul tetto
"vogliono denunciarci per la webcam"
un tavolo alla regione il 30 novembre
28/11 i precari attendono risposte

| il blog dei precari ispra | le foto | intervista rainews24 | segui in diretta con la webcam |

Lavoratori Agile (ex Eutelia)
2/11: serve un tavolo nazionale
4/11: occupata sede di Pregnana Milanese
5/11: assemblee permanenti negli stabilimenti di tutta Italia
No ai 237 licenziamenti
6/11: "Una messa per Agile"
7/11: il PD con i lavoratori
9/11: un incontro l'11 a Roma
10/11: blitz nella notte di una squadraccia al Tiburtino
il blitz dei bodyguard nella notte
Samuele Landi in questura
FIOM: il 17 sciopero e manifestazione a Roma
La società si dichiara estranea ai fatti
13/11: intervenga il governo
lavoratori occupano la sede di Padova
14/11: le ombre di Eutelia
14/11: in piazza la Cgil
"siamo più di 100mila"
in piazza per salvare Eutelia
17/11: Eutelia perde affare per 24 milioni
17/11: a Roma corteo Eutelia
urgente il congelamento del debito
la rabbia dei lavoratori invade Roma
Letta riceve i sindacati
assedio a Palazzo Chigi
Tra Rinaldini e Di Pietro, il sitin diventa assemblea
La vicenda Eutelia davanti a Palazzo Chigi
Tavolo convocato per il 27 novembre
23/11 all'Infedele i lavoratori Eutelia
24/11 la lotta va avanti colpo su colpo
spettacolo con i Tetes de Bois
Da Silvestri a Cristicchi il concerto per l'Eutelia
25/11 Eutelia guarda con fiducia al futuro
Eutelia: delibera conferimento ramo d'azienda
26/11: Eutelia in borsa -7,4%
Patria Socialista, RASH e Magazzini Popolari Casal Bertone occupano la sede del gruppo Barani
Giornalista minacciato, vado avanti
In piazza i dipendenti Eutelia
Vertice a Palazzo Chigi
Letta: azienda paghi stipendi e arretrati
Tremonti: commissariamento soluzione giusta
27/11: prosegue il sit in dei lavoratori a Palazzo Chigi
la notte dei lavoratori sotto Palazzo Chigi
Letta conferma l'impegno del governo
la rabbia dei lavoratori dalle piazze reali a quelle virtuali
Il governo si muove, ma i sindacati bocciano il piano
Sono il cattivo di Eutelia, ma le bugie le dice Santoro
Tremonti contro Eutelia, cattiva gestione

| coordinamento sindacale nazionale agile (ex eutelia) | AGILE workers |

Lavoratori Alcoa
3/11: disperazione sulla torre
Cappellacci: pronto a incontrare i lavoratori sul silos
Giovedì a Roma sit in dei sindaci del Sulcis
sit in a Cagliari
5/11 sit in dei sindaci a Roma
"Salvare l'industria del Sulcis"
Sindacati parzialmente soddisfatti
6/11 operai bloccano le strade
7/11 striscione allo stadio Sant'Elia
9/11 mercoledì nuovo sit in dei sindaci a Roma
10/11 malore a sessanta metri da terra
lavoratori bloccano l'attracco della nave Tirrenia
sesto giorno senza cibo
11/11 i lavoratori ALCOA a Palazzo Chigi
12/11 tavolo sull'energia, e Cappellacci sale sul silos
la decisione slitta dal 17 al 30 novembre
13/11 i lavoratori bloccano la SS130
14/11 i lavoratori ALCOA al corteo della Cgil
16/11 i lavoratori puntano a Palazzo Chigi
i sindacati uniti per il Sulcis
17/11 ALCOA premiata per la sostenibilità
18/11: scontri insulti e manganellate
video
Scajola incontra i vertici dell'azienda e i sindacati
Scajola: l'ALCOA non chiude
prima i manganelli, poi spiragli
19/11 FIOM: inaccettabile l'ottimismo del governo
arriva l'accordo, incognita per Vinyls
20/11 L'ALCOA sospende le attività a Fusina e Portovesme
L'ultimatum dell'azienda
Gli operai sequestrano dirigenti e stabilimenti
CGIL: non possiamo tollerare la chiusura dell'ALCOA
Operai sequestrano dirigenti: video choc
il vescovo di Iglesias: apprensione per la crisi
occupazione a oltranza
l'azienda si impegna a non intraprendere azioni per 15 giorni
Alcoa, il parassita (statale) che inquina
La crisi della multinazionale ALCOA
La Commissione Europea chiede 300 milioni all'ALCOA
Carabinieri: nessun sequestro di persona
21/11 tolto il blocco ai cancelli, resta il presidio
sit in a Roma il 26/11
Dopo 20 giorni gli operai scendono dal silos
Si allarga la protesta, assemblea degli operai
22/11 gli operai: lasceremo al buio l'intera Sardegna
23/11 blitz alla centrale ENEL
stop alla centrale ENEL nella notte
Agonia chiamata ALCOA
24/11 giovedì sciopero e manifestazione a Roma
corteo dei lavoratori in Regione
25/11 c'è Alcoa e Alcoa?
partono da Mestre i lavoratori Alcoa
in partenza 500 operai da Olbia
26/11 parte il corteo dei lavoratori ALCOA
scontri a Roma: ferito sindacalista
la questura: nessun poliziotto ha usato manganelli
tensione al corteo dei dipendeti ALCOA, c'è l'accordo
manganellate alla romana per l'ALCOA
questura: 3 agenti contusi
azienda disponibile a ritirare la CIG
ALCOA sospende la cassa integrazione
"ho ricevuto una manganellata alle spalle"
Roma: città chiusa per la rabbia del Sulcis
Alcoa: intesa per il futuro
27/11 assemblea a Marghera


Vinyls
27/11 Sospesa l'occupazione a Porto Torres

MTM-BRC
La fabbrica dei precari a Livorno

Università
Blitz alla CRUI
18/11: a Torino occupato il rettorato
L'Onda protesta anche di notte
19/11 protesta dei precari di lingue a Catania
20/11 il documento dell'assemblea nazionale
26/11 CRUI: a rischio stipendi

Scuola
2/11 sit in davanti alle sedi regionali RAI
La documentazione dell'occupazione del liceo di Ischia
11/11 occupato il Tasso a Roma
11/11 il "posto fisso day"
16/11 coordinamento precari: sciopero l'11 dicembre
17/11 studenti in piazza, tensioni a Milano
17/11 occupato il liceo Fracastoro a Verona
18/11 Decreto precari: ok del senato
19/11 occupato il Mamiani e flashmob a Roma
20/11 Torino. occupata sede del MIUR
23/11 sitin degli studenti al MIUR
23/11 ogni precario fa risparmiare allo stato 9mila euro
23/11 occupato il liceo Volta a Milano
26/11 duemila studenti in corteo a Roma in solidarietà col Mamiani occupato
27/11 il dramma dei precari della scuola diventa un calendario
28/11 Torino, corteo degli studenti

Pubblico impiego e enti locali
3/11 mobilitazione dei precari a Bologna
5/11 Proteste e tafferugli a Taranto
Protesta a Cagliari dei precari disabili della provincia
Calabria: protesta dei precari della regione
25/11 corteo dei precari a Palermo

Varie
l'agenda 2010 dei lavoratori INNSE

Diario delle aziende in crisi

Una mappa dell'Italia della crisi

Vale Rossi e la Yamaha che licenzia gli operai

Umbria. Prc e Sl: necessario reddito sociale

i precari della partita IVA

Giornalisti e precari: il futuro dell'informazione

il programma EXIT cerca precari

Posti di lavoro in palio al supermercato

28.2.09

Scala/ Ballerini precari non rinnovati, pronti a bloccare recite

Scala/ Ballerini precari non rinnovati, pronti a bloccare recite

Dieci i contratti in scadenza: spettacolo oggi slitta di mezz'ora

Milano, 28 feb. (Apcom) - Ballerini in stato di agitazione, pronti a bloccare le recite alla Scala: la protesta nasce dalla decisione del Teatro di non rinnovare dieci contratti a termine in scadenza a luglio, che venivano rinnovati da anni. La trattativa tra il direttore, il sovrintendente e i sindacati per il rinnovo si è conclusa ieri sera alle 11 senza risultati: il corpo di ballo ha quindi convocato per oggi un'assemblea alle 14,30, facendo slittare di mezz'ora, cioè alle 15, l'inizio dello spettacolo "Coppelia" di oggi. Ma, dicono, è solo l'inizio delle mobilitazioni.

5.2.09

Reddito minimo garantito: inizia una nuova stagione

05/02/2009 - Lazio - Maggiori tutele per precari e disoccupati
La legge che abbiamo ieri portato in aula, – dichiara Peppe Mariani, Presidente della Commissione Lavoro e Politiche Sociali della Regione Lazio – costituisce un passaggio importante nella direzione di una nuova idea per le tutele e le garanzie sociali. Ma soprattutto segna un punto di svolta per il governo regionale e per questa maggioranza nelle politiche del Welfare. Di fronte ad uno scenario di grande preoccupazione e insicurezza, sotto la scure della crisi economica e dei licenziamenti di massa, questa legge può rappresentare in prospettiva una risposta a quelle richieste di tutela a cui i tradizionali ed oramai inefficaci ammortizzatori sociali non riescono più a far fronte nel nostro paese. Su questo le risposte del Governo nazionale sono state a dir poco insufficienti. La "social card" infatti, rappresenta più una trovata pubblicitaria che quell'intervento strutturale di riforma degli ammortizzatori sociali che avrebbe dovuto provare a metterli, per una volta, al passo con gli standard dei moderni paesi europei.
È quindi molto importante – prosegue Mariani – che sia la Regione Lazio ad intervenire in modo coraggioso in questo conteso. E lo fa con una legge frutto di un lunghissimo percorso di partecipazione con le parti sociali e politiche. L'istituzione nella nostra Regione del Reddito minimo garantito introduce infatti uno strumento in grado di sostenere i redditi di disoccupati e precari. A questi viene corrisposto un sussidio di 5400 euro annui (in forma piena per disoccupati e inoccupati e in misura ridotta per i precari) che abbiano percepito nell'anno precedente alla richiesta del sussidio non più di 7500 euro. L'intervento si compone poi di una serie servizi e di agevolazioni (sull'affitto, sui trasporti, sulle utenze) che i Comuni potranno erogare in relazione alle disponibilità finanziarie, cui contribuirà un apposito fondo regionale, e alle necessità del territorio e della popolazione. Purtroppo il finanziamento della legge, 30 milioni di euro distribuiti in tre anni, è ancora troppo esiguo: è quindi fondamentale che ci sia un impegno da parte della Giunta e della maggioranza affinché nel prossimo assestamento di bilancio venga rifinanziato in modo consistente per consentire al maggior numero possibile di persone di poter usufruire di questo provvedimento.
Il rischio di esclusione sociale nel nostro territorio è oggi più che mai alto, – conclude Mariani – il vertiginoso aumento del costo della vita unito a alla contrazione dei salari rischia di impoverire fasce sempre più ampie di popolazione, chi oggi perde lavoro o chi è occupato in modo precario non ha strumenti per poter, da solo, fronteggiare il carovita. In questo contesto vanno ripensati radicalmente gli strumenti di sostegno ai redditi così come in generale vanno rafforzate le politiche sociali e terminato il processo di stabilizzazione dei precari regionali. È solo a partire da una risposta seria e tempestiva a questi problemi che le istituzione potranno riconquistare la fiducia dei cittadini.
La politica deve saper “volare alto” e superare l’emergenze con misure di sistema. Il reddito minimo rappresenta proprio questo.

3.2.09

Onda su onda, il ponte dei precari

Il traghetto di collegamento tra Messina e Villa San Giovanni è stato teatro, sabato scorso, della protesta dei ricercatori «invisibili» di Sicilia e Calabria. Un modo creativo per dire che il governo sta buttando a mare la ricerca e per lanciare un S.O.S.
- Oh capitan, precari in mezzo al mare...
Da molti anni si parla del ponte sullo Stretto per unire la Sicilia al resto dell'Italia. Ieri i precari siciliani e calabresi hanno simbolicamente utilizzato proprio il tratto di mare che divide le due regioni per trovare un punto d'unione nella comune protesta contro il ministro Gelmini. Dapprima un corteo, non molto nutrito ma che certo non è passato inosservato – molti manifestanti avevano al collo una ciambella salvagente – ha attraversato le strade di Messina vicine all’imbarco dei traghetti.


«L’Università sta per affondare, S.O.S. ricerca in mare» è stato lo slogan scandito dai manifestanti al momento di imbarcarsi. E così l'iniziativa, partorita dal Coordinamento Precari della Sicilia di Catania e dai Precari Invisibili della Ricerca dell'Università calabrese poco prima di Natale, ha riunito sul ponte del traghetto delle Ferrovie dello Stato circa settanta persone, provenienti dai tre atenei siciliani di Catania, Palermo e Messina e da quelli calabresi di Catanzaro, Reggio Calabria e Cosenza. Per questi ultimi il viaggio è stata una vera odissea, data l'impraticabilità della Salerno-Reggio Calabria. Lasciato il pullman a Rosarno, infatti, hanno dovuto raggiungere Messina direttamente in treno.
Come sottolinea però Enrico Natalizi, membro dei Precari Invisibili, la questione è troppo importante per non mobilitare perfino un movimento da sempre poco impegnato come quello calabrese: «Questa iniziativa è una cosa positiva anche perché, per la Calabria, significa svegliarsi da un torpore che risale a centinaia di anni. Cominciare a manifestare la nostra capacità di contestazione, quando è necessario, e di proposta quando è opportuno, è una cosa che ci riempie di gioia. Abbiamo voglia di inventare qualcosa di nuovo, con la nostra creatività e originalità da calabresi e da siciliani».

Provincia, mensile a cento precari

Provincia, mensile a cento precari
03 febbraio 2009


Pacchetto dell’ente locale a sostegno di precari e fasce disagiate: il provvedimento durerà per sei mesi. Incentivi anche per tirocinii formativi. Presentato il bilancio degli interventi della Provincia

Un sostegno mensile per un semestre per 100 precari privi di qualsiasi indennità, lavoratori in mobilità non assistita, persone non occupate; l'assunzione di licenziati a compensare il 50 per cento di chi andrà in pensione. Sono i nuovi interventi illustrati ieri dall'assessore Domenico Priora, nel consiglio provinciale dedicato al lavoro e all'occupazione.

Un tema di grande attualità, alla luce della crisi internazionale e italiana, che sta producendo effetti anche sul territorio alessandrino. I progetti di palazzo Ghilini per quest'anno sono diversificati. 'Il lavoro per vincere lo svantaggio sociale', destinato a 100 soggetti individuati tra persone con tipologia quali devianza giovanile, disabilità, ex detenuti. Per neo laureati e diplomati, viene riproposto 'Uscire dal guscio': tirocini formativi di tre mesi con borsa lavoro per i giovani e incentivi per le aziende che poi li assumono (sino a 6.300 euro per il contratto a tempo indeterminato, 2 mila per durata non inferiore a un anno).

La precedente fase ha registrato 256 tirocini, di cui 123 diventati rapporto di lavoro di almeno 12 mesi o apprendistato, 38 assunzioni a tempo indeterminato. Altri fondi sono destinati alla stabilizzazione di 100 precari e alla ricollocazione di altrettanti lavoratori in cassa integrazione. In una situazione di crisi che mette a rischio in primis i 17 mila precari, la Provincia interviene per estendere gli ammortizzatori sociali a 100 lavoratori con reddito Isee delle rete delle mense, delle scuole materne e dei nidi. Riceveranno un massimo di 500 euro al mese per sei mesi, un sostegno per consentire di affrontare le spese più immediate. «L'ondata di licenziamenti che Confindustria ha stimato per il 2009 in almeno 1.500 unità -– ha aggiunto Priora - potrebbe essere gestita attraverso un patto tra imprenditori, sindacati ed enti pubblici in cui, a fronte del turn-over dei lavoratori che saranno avviati alla pensione nel corso di quest'anno, le imprese si impegnano a riservare una percentuale attorno alla metà delle sostituzioni, e quindi di nuove assunzioni, alle persone che saranno licenziate. La Provincia garantisce la formazione e il progetto di ricollocamento degli espulsi dal processo produttivo».

Secondo i dati Inps la cassa integrazione ordinaria da gennaio a settembre 2008 è cresciuta del 102,1 per cento con le punte più alte nel tessile, nell'abbigliamento e nella metallurgia, seguiti dal chimico e, più distanziata, dall'edilizia. Per la cassa "straordinaria", crescita del 9 per cento in base ai dati Inps aggiornati a giugno; fonti sindacali indicano la richiesta di 18 aziende e, in deroga, di 10 (4 metalmeccaniche e 6 orafe). Dal 2005 la Provincia anticipa la Cigs, l'importo sinora erogato è stato di 3,227 milioni per 1.080 lavoratori. Quasi uguale la cifra impegnata per la stabilizzazione di 653 precari.

Sanita': Pescara, presidio precari Asl davanti ospedale

ANSA.it - Abruzzo - Sanita': Pescara, presidio precari Asl davanti ospedale:

2009-02-03 13:41
Sanita': Pescara, presidio precari Asl davanti ospedale
Proseguira' ad oltranza fino al 13 febbraio
(ANSA) - PESCARA, 3 FEB - I precari della Asl di Pescara hanno organizzato un presidio davanti all'ingresso dell'ospedale civile. Chiedono la stabilizzazione ed una maggiore attenzione da parte delle istituzioni. Il presidio, iniziato ieri, proseguira' ad oltranza tutti i giorni, mattina e pomeriggio, sino al prossimo 13 febbraio, quando ci sara' un incontro con il Presidente della Regione, Gianni Chiodi.

5.9.08

Precarie in 'strip-conferenza' su YouTube per il diritto al lavoro

Youtube
Youtube

Precarie nude contro i licenziamenti. E' su youtube la protesta delle ex centraliniste dell'ospedale di Legano

"Venerdi' saro' nuda come tutti i precari, venerdi' saro' nuda come tutte le lavoratrici senza sicurezza, venerdi' saro' nuda perche' nessun Governo mi ha vestito di diritti, venerdi' saro' nuda perche' non ho reddito di cittadinanza, venerdi' saro' nuda come mi ha lasciato la legge Biagi": una dopo l'altra, tutte in kimono, le 11 precarie licenziate dall'ospedale di Legnano tornano su You Tube per lanciare l'invito alla 'strip-conferenza' di domani.

L'appuntamento, fissato alle 11 al teatro della Cooperativa di Milano, sara' mandato in diretta, ovviamente web, da c6.tv. Nell'occasione, le precarie che, dopo aver perso il lavoro, tre giorni fa si erano messe all'asta sempre su You Tube, lanceranno uno sciopero generale di tutte le precarie e i precari per il 19 settembre.

"Venerdi' mattina sara' possibile vederci senza veli, non abbiamo paura di mettere in gioco i nostri corpi - dichiara Ornella Cameran, collega delle licenziate e rappresentante Rdb-Cub di Legnano - gia' siamo gia' state spogliate dei diritti". Oltre a giornalisti, tv e fotografi, le precarie invitano alla conferenza anche eventuali nuovi datori di lavoro.

Precaria per sempre

5/9/2008
La storia di Luisa Prisco, una delle 400 rimaste senza posto a Napoli, dove insegnerà solo chi è di ruolo
FLAVIA AMABILE



A Napoli quest’anno i maestri precari restano precari.
Non ce ne è uno che abbia avuto una supplenza annuale: quando pochi giorni fa sono state pubblicate le tabelle con le assegnazioni nelle scuole primarie, c'era da rimanere senza parole: nemmeno un posto, nemmeno mezzo. Precari erano, precari resteranno. Erano 400 nel 2007: avevano avuto un incarico da settembre a giugno ma avevano lavorato. «Ora nulla, tutti e 400 resteremo a casa».

Luisa Prisco è una di loro. Ha 35 anni, vive a Somma Vesuviana, hinterland napoletano. In dieci anni di precariato è riuscita a mettere al mondo due figli, la prima di 8 anni, il secondo di 2. All’improvviso il suo stipendio si è volatilizzato. «Per fortuna almeno mio marito lavora, ma non è giusto cancellarci così come se non esistessimo. Persino quando si è trattato di fare le ultime correzioni alle liste hanno preferito trasferire chi non era a Napoli, e per i precari ancora una volta nulla».

Luisa e le altre maestre e maestri cancellati dagli elenchi si rendono conto di non avere speranze e che l’anno prossimo andrà ancora peggio, e fra due anni pure. «Ora arriva il maestro unico: se prima erano tre, ne resta uno. E gli altri due? E’ chiaro che ci saranno sempre meno posti, è chiaro che si andrà verso il blocco delle assunzioni. E io e tutti gli altri che cosa dobbiamo fare? Cambiare lavoro?»

Un’alternativa ci sarebbe, Luisa lo sa perché già una volta ha fatto le valigie ed è andata a insegnare al nord. Era l’autunno del 2004. «Mia figlia aveva tre anni e mezzo, per fortuna andava all’asilo. Ogni domenica la salutavo e partivo. Lei restava con mia mamma dopo l’asilo, e poi con mio marito quando lui tornava a casa dal lavoro. Non è stato facile sparire così dalla vita di una bambina ancora così piccola. E alla fine i soldi li spendevo tutti per viaggiare e per vivere. Perché sono andata? Perché me lo avevano consigliato: se resti qui, stavolta non hai l’incarico. E così sono partita».

Sarebbe stato più logico trasferirsi tutti e sperare di diventare di ruolo come hanno fatto buona parte dei nuovi docenti catapultati nelle scuole materne di Napoli. Molte di loro sono donne, giovani, probabilmente senza figli, hanno insegnato nelle scuole del nord quanto bastava per entrare nell’organico definitivo. Quest’anno hanno chiesto il trasferimento e potranno insegnare nelle scuole della loro città. «Anche se hanno molti anni di insegnamento in meno rispetto a me e rispetto a tante altre di noi. Noi non potevamo partire: ma mio marito aveva un lavoro, qui abbiamo la casa, non ce la siamo sentita».

E’ anche così che si diventa precari e si finisce in una casella vuota. Pensi ai tuoi figli, a tuo marito, fai un po’ di conti e nel frattempo lo Stato, più veloce, ti sconvolge i calcoli e ti toglie lo stipendio. Sono lontani gli Stati Uniti, Sarah Palin, le donne che devono avere ‘pari opportunità, senza eccezioni’. E se in Alaska l’unica differenza fra una hockey mom e un pitbull è il rossetto, a Somma Vesuviana dove l’hockey non è considerato uno degli sport più praticati e il rossetto può diventare un lusso eccessivo, sembra di veder andare in giro solo pitbull sotto forma di mamme in lotta con la vita.

Quest’anno nessuno le aveva avvertite Lucia e le altre. Si sentivano abbastanza tranquille. «L’anno scorso ho insegnato in una quarta elementare. Matematica, inglese e musica per 22 ore la settimana più altre due di programmazione. Si erano affezionati a me i miei alunni». Ma il distacco, quello almeno, è messo nel conto del maestro precario. Lo sa che deve imparare i nomi di tutti a settembre e dimenticarli a giugno. I problemi iniziano quando il settembre successivo non ha più nomi da imparare.

Luisa ha girato tante scuole dell’hinterland napoletano. «Ho iniziato in una scuola paritaria ma ci sono restata solo per un anno. Avevo tutti i requisiti per entrare in graduatoria e diventare di ruolo, sono passata alle scuole pubbliche». Ha insegnato ai bambini di Ponticelli, zona ad alto tasso di camorra, dove a maggio per risolvere il problema dei rom hanno pensato bene di dare fuoco al loro campo. Ha insegnato a San Giuseppe Vesuviano e anche a Ischia. «Quando si ha a che fare con classi di questo tipo ci si fa un’esperienza che nessun punteggio potrà mai valutare».

E adesso? «Potremmo fare ricorso ma passerebbero anni prima di ottenere una sentenza. Qualcuno ci dice che esiste un progetto pubblico da 30 mila euro che permetterebbe a molti di noi di lavorare ma ho grossi dubbi che possa andare in porto. Per ora sto facendo dei tentativi nelle scuole paritarie. Ma chi toglierebbe il posto a qualcuno per darlo a me?».

11.7.08

Nel 2010 in Cina ci saranno 797 milioni di lavoratori: il più grande mercato del lavoro al mondo

Giorgio Mele
Per gentile concessione di "Limes, rivista di geopolitica"

da Liberazione dell'11 luglio 2008

Giorgio Mele
Per gentile concessione di "Limes, rivista di geopolitica"
Nel 2010 in Cina ci saranno 797 milioni di lavoratori: il più grande mercato del lavoro al mondo. Un mercato con poche regole e pochi diritti, selvaggio e complesso, che sta cambiando drasticamente gli equilibri geopolitici ed economici del pianeta, a cui guardano con at- tenzione, avidità e talvolta con una certa preoccupazione tutte le economie occi- dentali. Fino alla morte di Mao la Cina non aveva un vero mercato del lavoro. Era direttamente il Partito comunista cinese a programmare le assunzioni nei diversi comparti e a stabilire in mancanza di relazioni industriali e contrattuali i trattamenti economici e normativi. Subito dopo la morte di Mao, il gruppo dirigente del Pcc avvia con cautela e determinazione un'apertura alle logiche di mercato.
Il processo di riforma dell'economia cinese inizia nel 1978 con la riforma delle aree rurali, cui seguirà nel 1984 quella delle aree urbane. Obiettivo: incentivare una maggiore mobilità del lavoro e superare il monopolio statale dell'allocazione delle risorse al fine di creare per la prima volta un mercato del lavoro meno vincolato, più efficiente e decentrato.
Nel 1992, dopo quasi dieci anni di riforme tese a stabilizzare una economia socialista di mercato, il governo si propone di ridefinire gli assi principali dell'economia incoraggiando lo sviluppo di elementi economici diversificati; la creazione di un moderno sistema di impresa per rispondere alle necessità di un'economia di mercato, un sistema di mercato unificato e aperto in tutta la Cina per mettere in collegamento il mercato interno con quello internazionale.
Viene inoltre avviata la trasformazione del management per stabilire un controllo complessivo sull'evoluzione del sistema e incoraggiare aree e gruppi di impresa. Al contempo, viene formulato un piano di sicurezza e stabilità sociale sia per i residenti delle aree rurali che per quelli delle aree urbane, così da promuovere sviluppo economico insieme a sicurezza e stabilità sociale. Con queste riforme il sistema socialista di mercato si trasforma completamente, a causa del ruolo assolutamente preponderante assunto dal capitale privato interno e internazionale, pur nel contesto di un saldo controllo pubblico del macrosistema.

In questi anni la Cina è diventata il sogno e la meta ideale di ogni capitalista dell'orbe terracqueo, l'Eldorado dove tutto è possibile, in primo luogo arricchimenti e profitti come non se ne vedevano in Occidente dal 1847.
Ed è stata corsa spasmodica per accaparrarsi i posti migliori, nei distretti intorno a Shenzhen, nella fascia costiera del Sud-Est o altrove: Nike, Adidas, Mattel, Walt Disney e altre centinaia di migliaia di imprese americane ed europee, comprese quelle di casa nostra.
La base su cui si regge questo Eldorado sono le condizioni misere dei lavoratori e della classe operaia cinesi. Tutti gli osservatori e gli analisti sono concordi nell'affermare che il programma di protezione sociale è stato completamente disatteso ed è venuta emergendo una colossale questione sociale fatta di abbandono forzato delle campagne, migrazioni di massa verso le città, bassi salari, sfacciato arbitrio padronale, mancanza di diritti sindacali, sfruttamento della manodopera femminile e di quella infantile. Quanti giocattoli della Disney sono stati costruiti dalle mani martoriate dei bambini cinesi? Per confezionare un paio di Timberland che in Europa costano oltre 150 euro nella città di Zhongshan un ragazzo di 14 anni guadagna 45 centesimi di euro. Il salario medio si aggira attorno ai 900 yuan al mese per un orario che per i ragazzi può toccare le 15 ore al giorno.
Le condizioni di lavoro sono molto pesanti sia nelle imprese pubbliche che in quelle private locali o occidentali. Spesso manca qualsiasi protezione, non vi sono misure adeguate di prevenzione. Infatti il numero degli incidenti sul lavoro è molto elevato. Molti lavoratori vengono dalle campagne e spesso dormono e vivono ammassandosi in 10 o 12 per stanza in edifici di proprietà dell'azienda. Non è raro che per questo «servizio» vedano decurtato il proprio salario mensile del 40%.
Le gravose condizioni di lavoro hanno prodotto, a partire dalla fine degli anni Ottanta, una diffusa tensione sociale a cui il governo ha risposto nel tempo con provvedimenti parziali e spesso con la repressione. All'inizio degli anni Novanta, con l'abolizione della quota programmata di assunzioni da parte delle imprese pubbliche scompariva un ammortizzatore sociale che aveva nel passato garantito stabilità, standard retributivi uniformi. Con il decentramento e la progressiva liberalizzazione delle logiche di incontro tra domanda e offerta di lavoro si innescano le prime tensioni sul mercato del lavoro che il governo gestisce con l'introduzione di un primo sussidio di disoccupazione per i lavoratori delle aree urbane.

Il governo cinese ha risposto varando una serie di provvedimenti legislativi tesi a regolare i rapporti di lavoro e i contratti collettivi di lavoro. Nel 1992 viene approvata la Trade Union Law, in cui si afferma che le organizzazioni sindacali possono firmare contratti collettivi di lavoro con le direzioni delle aziende. È la prima volta che i contratti collettivi vengono menzionati nella legislazione cinese sul lavoro.
Il provvedimento più importante del decennio Novanta è stata la Labour Law del 1994, con cui i contratti collettivi diventano una possibilità reale. Con questo provvedimento si interviene con maggiore precisione sulla natura e sugli obiettivi dei contratti collettivi di lavoro. La legge permette - ma solo nelle aziende con almeno 25 addetti - ai lavoratori e alle imprese di poter siglare contratti collettivi o particolari accordi su salari, orario di lavoro, sicurezza, ferie, salute, assicurazioni e welfare. La legge afferma, anche qui per la prima volta, il carattere pienamente legale dei contratti collettivi, ulteriormente ribadito da una circolare del ministro del Lavoro del dicembre dello stesso anno in cui si indicano le linee guida di implementazione del sistema dei contratti collettivi. La legge stabilisce che i contratti collettivi possono essere siglati da sindacati rappresentativi, ma laddove il sindacato non esiste essi possono essere firmati da rappresentanze scelte dai lavoratori e dalle imprese. Con il successivo documento Regulations on Collective Contracts, emanato dal ministro del Lavoro, viene stabilito che i lavoratori possono eleggere i loro rappresentanti. Se in un'azienda non vi è un sindacato, i lavoratori possono nominare la loro rappresentanza, che deve ottenere il voto favorevole della maggioranza dei lavoratori di quell'azienda.
In Cina, ancora oggi, l'unico sindacato riconosciuto per legge è la All China Federation of Trade Union (Acftu), che detiene il monopolio della rappresentanza. Tale monopolio fino alla fine degli anni Ottanta era assoluto e si esercitava nel far rispettare nei luoghi di lavoro le direttive del partito. Dagli inizi degli anni Novanta però, con i processi di privatizzazione, il panorama delle relazioni all'interno alle aziende comincia a diversificarsi e lo sviluppo dei primi veri conflitti sui luoghi di lavoro mette in difficoltà l'Acftu, che nel congresso nazionale dell'ottobre 1993 deve riconsiderare e allargare il proprio ruolo. (...)

Subito dopo l'approvazione della Labour Law il ministero e il sindacato affermano priorità differenti. Il principale obiettivo del ministero è promuovere contratti individuali all'interno delle imprese, mente l'Acftu concentra il suo impegno sui contratti collettivi. Questa diversità di intenti non deve far pensare a un conflitto acuto con il governo o con il partito. Come sottolinea il China Labour Bulletin , l'Acftu è sempre stato legato strettamente al Partito comunista ed è credibile che i dirigenti del sindacato abbiano avuto un via libera dal partito prima di impegnarsi per la promozione dei contratti collettivi. Se tale permesso non fosse arrivato la autonoma promozione del sistema di contrattazione collettiva da parte dell'Acftu sarebbe stato seriamente compromesso.
Alla fine del 1995 infatti su 2,5 milioni di imprese solo 48.431 hanno sottoscritto un contratto collettivo. Per molte organizzazioni sindacali locali la promozione del sistema di consultazione collettiva «non era qualcosa che potesse essere fatto semplicemente per il desiderio del sindacato (attraverso una spontanea e libera contrattazione); esso richiedeva la stretta collaborazione delle direzioni aziendali, il riconoscimento delle agenzie del governo, un alto livello di supporto dai dipartimenti impegnati nella riforma del sistema, il sostegno e la comprensione dell'opinione pubblica».
In alcune aziende le rappresentanze sindacali locali costituiscono gruppi di lavoro composti da lavoratori e funzionari del partito per studiare e promuovere il sistema di contrattazione collettiva. Questi gruppi di lavoro elaborano un modello contrattuale fondato su un processo di concertazione con tutti i soggetti sociali e istituzionali nelle singole aree più che su una genuina e libera dialettica contrattuale aziendale. Ne scaturisce un processo che promuove la contrattazione a partire dall'alto, con uno schema che si applica a cascata a tutte le realtà produttive.
Questo è lo schema con cui l'Acftu promuove su larga scala, dopo il 1996, il sistema di contrattazione collettiva. Infatti a partire da quella data i contratti collettivi sono promossi attraverso una concertazione tripartita tra sindacato, ministero del Lavoro e associazione nazionale delle imprese.

L'Acftu si decide allora a impegnarsi attivamente nella campagna per l'estensione dei contratti collettivi a partire dalle aziende di Stato. Tuttavia incontra grandi ostacoli, perché proprio in quegli anni il governo mette in atto il programma di privatizzazione di massa delle aziende pubbliche, durante il quale centinaia di migliaia di queste aziende vengono chiuse, fuse, rilevate o liquidate, e milioni di lavoratori vengono licenziati. (...)
I contratti collettivi normano, oltre al salario, altri temi specifici del mondo della produzione. Ad esempio i contratti specifici sui diritti delle donne lavoratrici, specialmente nelle imprese di servizio dove c'è la più grande concentrazione di occupazione femminile. I contratti riguardano per lo più i congedi di maternità, esami ginecologici, ma mai casi di molestie sessuali o di sfruttamento. (...)

Il giudizio negativo sull'efficacia dei contrati regionali lo si può estendere a quasi tutti gli accordi stipulati in questi anni. Le condizioni delle maestranze nella Repubblica Popolare Cinese rimangono pesanti, salvo alcune nicchie di alcuni comparti dei settori alti della produzione, in cui anche i salari sono notevolmente aumentati. Il processo di sindacalizzazione non ha prodotto ancora un progresso significativo per i lavoratori cinesi né in termini di potere d'acquisto né in termini di diritti.
Come sottolinea il China Labour Bulletin condizioni del rapporto tra lavoratori e aziende è come quello nel periodo iniziale della rivoluzione industriale. L'impatto di questa situazione sui diritti e sulle condizioni dei lavoratori è drammatico.
Si è perciò avuto in questi anni un considerevole aumento delle proteste operaie con scioperi, cortei, sit-in. È cresciuto il numero delle vertenze rilevate presso i vari Labour Dispute Arbitration Committee (Ldac). Le vertenze e le proteste investono sia le aziende nazionali che quelle con investimenti provenienti da Taiwan e Hong Kong - concentrate nella fascia costiera del Sud-Est - sia le grandi industrie occidentali. La maggioranza dei lavoratori di queste compagnie sono migranti dalle terre più povere e meno sviluppate della Cina che hanno deciso di non sopportare più le drammatiche condizioni in cui erano costretti a vivere. (...)
Le proteste aumentano negli anni successivi. Il 2007 è caratterizzato da un incremento considerevole degli scioperi operai, specialmente nella zona del Dogguan.
È importante ricordare alcune battaglie sindacali condotte direttamente dall'Acftu con alcuni colossi occidentali, come il braccio di ferro con Wal-Mart, il gigante americano della grande distribuzione, costretto ad accettare l'ingresso dei sindacati nei suoi ipermercati in Cina.

Nel quadro piuttosto grigio che abbiamo finora descritto, si è insomma aperto e sviluppato un ciclo di lotte di un certo peso, specie negli ultimi anni. Sicché il governo cinese è stato costretto a dare un segnale di risposta alla crescente insofferenza delle classi lavoratrici. Alla fine del 2005 sono stati innalzati i minimi salariali e nel 2006 è stata approvata una legge che stabilisce l'innalzamento degli standard del welfare nelle aree urbane.
Sempre nel 2006 la dirigenza del Partito comunista cinese ha deciso di proporre una nuova legge sui contratti di lavoro che avesse l'obiettivo di migliorare i diritti dei lavoratori. La tutela dei lavoratori rientrava in una correzione di rotta più vasta imposta dal presidente Hu Jintao. Diversamente dal suo predecessore Jiang Zemin, che passava per «americano», Hu Jintao ha manifestato simpatia per una sorta di modello socialdemocratico che si ispira al capitalismo sociale di alcuni paesi europei. In molti discorsi Hu Jintao e il suo premier Wen Jiabao hanno messo l'accento sulla stabilità sociale dello sviluppo. Altre parole d'ordine di questa nuova politica sono la tutela dell'ambiente, la lotta alla corruzione, il riequilibrio della crescita a favore delle zone più arretrate, la costruzione di un Welfare State (pensioni e sanità). (...)
La legge è stata approvata nel giugno del 2007 ed è entrata in vigore il 1°gennaio del 2008, accogliendo alcune delle richieste delle grandi corporations occidentali, il cui atteggiamento dimostra quanto sia falsa la loro preoccupazione per i diritti umani, specialmente quando si parla di lavoro e di profitto. Negli ultimi mesi del 2007 molte aziende hanno messo in campo mille espedienti per eludere la nuova normativa: alcune hanno tentato di licenziare e poi riassumere i loro dipendenti che avevano maturato un'anzianità in base alla quale avrebbero potuto avanzare nuovi diritti in forza delle nuove norme.
Per i sindacati europei, che in questi anni hanno accresciuto i loro rapporti con il mondo sindacale cinese e sono impegnati direttamente in corsi di sindacalizzazioni in varie aziende a capitale straniero, la legge è formalmente un significativo passo avanti nella legislazione sul diritto del lavoro. Essi sottolineano che la nuova normativa è valida per tutti i luoghi di lavoro, sia pubblici che privati. Ciò potrebbe avviare la regolarizzazione della situazione di milioni di lavoratori, donne e uomini sottoposti a pesante sfruttamento, in primo luogo quei migranti che hanno lasciato la loro terra e coloro che hanno subito l'emarginazione dal ciclo produttivo a causa delle privatizzazioni.
Secondo la legge, tutti i lavoratori devono avere un contratto scritto e se un imprenditore si sottrae a questo obbligo qualunque rapporto si intende a tempo indeterminato. I lavoratori possono dimettersi entro 30 giorni e non sono tenuti al preavviso se il loro datore di lavoro è inadempiente nei loro confronti. Si prevedono sanzioni nei confronti dei funzionari che non fanno rispettare le norme sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Viene in parte scoraggiata la pratica dei contratti a tempo determinato, che possono essere rinnovati solo due volte. Vengono introdotti alcuni limiti ai licenziamenti. Viene rafforzato il ruolo dei sindacati, che devono essere consultati sui regolamenti aziendali, per la conclusione dei contratti, in caso di dismissioni per ragioni economiche. (...)
La speranza dei sindacati europei è che questa legge possa aprire un'epoca di allargamento dei diritti per tutti i lavoratori cinesi. Il limite più grande è che ancora non viene riconosciuta la libera dialettica sindacale e la costituzione di altri sindacati, quindi permane il rischio che le cose continuino come negli anni precedenti. Ma da quando la legge è entrata in vigore sono cresciuti i casi di contenzioso e il risultato è stato finora quasi sempre a favore dei lavoratori. È comunque evidente che la gestione di questi conflitti ha bisogno di più democrazia, di un quadro legislativo più avanzato, di una maggiore e più vera dialettica sindacale.

Bologna Sciopero a sorpresa all'inaugurazione del McDonald's della stazione di Bologna

Bologna
Sciopero a sorpresa all'inaugurazione del McDonald's della stazione di Bologna

Benedetta Aledda
Bologna
Sciopero a sorpresa all'inaugurazione del McDonald's della stazione di Bologna. Davanti all'esercizio, riaperto ieri dopo una ristrutturazione, hanno protestato tutta la mattina alcune decine di lavoratori. Chi fa il tempo pieno ha iniziato il turno alle 5 del mattino, ha fatto le prime 4 ore e poi, dopo la pausa obbligata (da 2 fino a 4 ore), a sorpresa non si è ripresentato. Si sono fatti notare così i dipendenti di Cigar, la ditta che gestisce tutti i punti di ristorazione della stazione, compreso il fast food, ora riuniti nello stabile sul lato est di piazza Medaglie d'oro. Dopo la rottura delle trattative sindacali, hanno deciso di scioperare su tutte le 23 ore di apertura. «Con la scusa del rinnovo dei locali hanno licenziato 3 magazzinieri e cercano di portarci tutti a fare il part time o ad andarcene», denunciano i lavoratori. «Facevo il magazziniere da 23 anni - racconta uno di loro, 45 anni e un mutuo da pagare - mi hanno licenziato in tronco perché dicono che il magazzino non serve più». «Ora chiederanno a noi di trasportare la merce, perché non può arrivare da sola sui banchi!», protesta una delle banconiere rimaste in servizio; con i colleghi invita i passanti a non consumare al McDonald's.
A marzo l'azienda ha aperto una procedura di mobilità per 23 dipendenti full time. «Aggiungendo i tempi determinati, si arriva a 52 persone in meno», chiarisce Giuseppina Cupaiolo della Fisascat-Cisl. Da allora Cigar ha assunto per periodi di 3 o 9 mesi molti dei ragazzi che ieri, insieme ai responsabili, hanno tenuto aperto il McDonald's.
«Eravamo disponibili anche a fare il turno continuato», spiega Grazia De Siena, banconista e delegata della Filcams-Cgil, «ma l'azienda ha insistito con il turno spezzato, ha allungato l'apertura da 12 a 23 ore e a molti ha comunicato che dovranno fare anche altre mansioni». E' capitato a una cassiera dei vecchi bar, uscita in lacrime dopo le prime 4 ore di lavoro: «Faccio la cassiera da 28 anni e mi hanno messo all'improvviso a fare le pizze», racconta con gli occhi lucidi. «Vogliono farci sentire a disagio - interviene una collega assunta 33 anni fa - così ci licenziamo e loro assumono i ragazzini con contratti precari». Coi nuovi turni, comunicati pochi giorni fa, tra chi fa il tempo pieno c'è chi entra alle 17 ed esce alle 21, poi stacca e riprende dalle 24 alle 3.
Al fast food, invece, ormai sono tutti part time; la metà stranieri, quindi più ricattabili, assunti con contratti a termine e di inserimento quando già Cigar aveva dichiarato gli esuberi. «Questo vuol dire che l'azienda non è in crisi ma che sta approfittando del rinnovo dei locali per ristrutturare il personale», denuncia il consigliere comunale del Prc Roberto Sconciaforni, arrivato a portare solidarietà, come hanno fatto i suoi colleghi dell'Altra Sinistra. «Il sindaco Cofferati deve dire se questo comportamento è compatibile coi progetti di rinnovo della stazione», incalza Sconciaforni.
Cgil Cisl Uil di categoria, insieme a Ugl, sono pronte a denunciare l'azienda per comportamento antisindacale.


Liberazione 11/07/2008