16.2.07

I magistrati onorari fantasmi per lo Stato

30/1/2007 (9:33) - LAVORO PRECARIO: STIPENDI DA FAME E NESSUNA TUTELA: E’ SCIOPERO

Scioperano anche i magistrati onorari, una figura entrata ormai a fare parte della macchina della Giustizia, ma non ancora tutelata

G.BAL.
TORINO
Guadagnano 900 euro al mese, sono precari, non hanno contributi previdenziali né ferie pagate. Non sono i soliti operatori di call-center, stereotipo del lavoratore «flessibile» e sfruttato del XXI secolo, della cui esistenza si è preso coscienza ormai da qualche anno. Sono i magistrati onorari, gente che ogni giorno rappresenta lo Stato nelle aule dei Tribunali.
Per la giustizia italiana sono simili ai fantasmi, eppure senza di loro gran parte dei processi non si potrebbe neppure celebrare. A Torino sono 71 (51 vice procuratori onorari, cioè sostituti in udienza dei pubblici ministeri; e 20 giudici onorari del Tribunale) e si sobbarcano circa il 70 per cento dei processi. Il 100 per cento, quando si parla di procedimenti davanti al Giudice di pace.
Per richiamare l’attenzione del Ministero della Giustizia, i magistrati onorari da ieri sono in sciopero in tutt’Italia e l’astensione continuerà per l’intera settimana. In Tribunale, a Torino, i processi sono andati avanti comunque, ma il procuratore capo Maddalena ha dovuto mandare in aula i sostituti procuratori anche per i procedimenti «minori» - furti, maltrattamenti, infortuni sul lavoro - distogliendoli dalle indagini più importanti.
«La nostra è una situazione intollerabile - spiega Micaela Soriente, rappresentante dei vice procuratori onorari torinesi - ci occupiamo della maggior parte dei processi e nell’arco della mattinata dobbiamo seguire fino a dieci dibattimenti, senza contare le ore di studio del fascicolo. Ma i compensi sono irrisori: un gettone di 73 euro netti al giorno». Ferie e malattia non vengono retribuite, così come non esistono versamenti previdenziali. In Procura lavorano in un’unica stanza, non hanno computer personali e spesso devono comprarsi i codici di tasca loro.
«L’aspetto grottesco - sottolinea Soriente - è che in Tribunale i datori di lavoro che trattano in questo modo i dipendenti vengono condannati. Se invece è lo Stato a comportarsi in questa maniera, allora va tutto bene».

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