I LAVORATORI RESTAURATORI ACCUSANO IL MINISTRO DEI BENI CULTURALI FRANCESCO RUTELLI: NON INTERVIENI PER DIFENDERE I NOSTRI DIRITTI!!
Millecinquecento restauratori napoletani, il 90% donne, sono disoccupati o costretti ad operare nella precarietà. il Ministero dei Beni Culturali su pressione di alcune lobby ha deciso di istituire un “albo dei restauratori” al quale possono accedere solo i restauratori diplomati presso l’Istituto Centrale del Restauro di Roma e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, due scuole di “alta formazione” che diplomano solo venti giovani ogni anno, dei quali cinque stranieri. Chi si diPloma in questi istituti praticamente ha un grande “potere contrattuale” in base ai decreti emanati dal Ministero dei Beni Culturali:può diventare imprenditore, essere assunto come direttore dei cantiere, o acquire qualifiche superiori. Il diploma presso queste due scuole “selettive” è stato equiparato come laurea. Una vera e propria discriminazione nei confronti di centinaia di restauratori e restauratrici che hanno acquisito formazione, professionalità nei cantieri o presso scuole altre scuole di formazione statale. Intanto la disoccupazione aumenta nel settore.
“A Napoli vi sono millecinquecento collaboratori restauratori e restauratrici disoccupati o precari – Sono costretti da alcuni imprenditori a stipulare contratti di lavoro fittizi ed elusivi, ad aprirsi la partita iva, a fatturare figurando come lavoratori autonomi ed a subire tutti gli oneri pesantissimi che ne derivano oppure ad essere retribuiti con la ritenuta d’acconto o più semplicemente, con il sistema del lavoro nero e dei contratti del settore commercio. Coloro che lavorano a queste condizioni non conoscono la tredicesima.Non conoscono le ferie, l’indennità di maternità, la cassa edile, i controlli sanitari, il diritto allo studio e alla formazione. Sono costretti a pagarsi tutte le tasse, i contributi Inps, Inail.Il tutto, ovviamente, per una paga oraria miserabile che raramente supera sei euro l’ora”. La carenza normativa e legislativa della figura dei collaboratori restauratori artistici ha fornito un alibi agli imprenditori ed alle soprintendenze per portare avanti progetti e lavori senza mai porsi il problema dei lavoratori, a fronte di un mestiere oltretutto usurante e dannoso per la salute e l’incolumità fisica. Da un campione di 155 schede di rilevamento personale prelevate durante un’assemblea dei collaboratori restauratori napoletani indetta dalla Fillea Cgil emergono i seguenti dati: Il 90% sono donne; l’età dei lavoratori e delle lavoratrici è compresa tra i 19 e i 42 anni; il 17% ha prole;il 15% è laureato;solo il 5% è costituito in consorzi, cooperative;il 70% lavora a Partita Iva, ritenuta d’acconto o al nero per una paga oraria lorda che oscilla tra i 5 ed i 6 euro. Solo il 24% risulta regolarmente assunto, prevalentemente con contratto a tempo determinato, part-time e formazione lavoro, ma in ogni caso con inquadramenti e retribuzioni improprie.
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