di G.G.
La VII Commissione Permanente della Camera dei Deputati, cultura, scienze e istruzione, nella seduta di mercoledì 26 luglio, ha approvato a larga maggioranza una risoluzione parlamentare presentata da alcuni deputati dell’Unione, con cui ha chiesto al Governo un particolare impegno sul problema del precariato della scuola.
Al di là delle illusioni, facilmente alimentate da chi, docente o non docente, da anni bussa alle porte della scuola, sembra che le dichiarazioni del Ministro Fioroni, all’atto del suo insediamento sulla scottante poltrona di Viale Trastevere, relative ad un impegno dell’attuale maggioranza governativa per la risoluzione del drammatico problema del precariato della scuola, stiano trovando fondamentali sviluppi anche in altri ambiti.
La VII Commissione Permanente della Camera dei Deputati, cultura, scienze e istruzione, nella seduta di mercoledì 26 luglio, ha approvato a larga maggioranza una risoluzione parlamentare presentata da alcuni deputati dell’Unione, con cui ha chiesto al Governo un particolare impegno sul problema del precariato della scuola.
Più specificamente, la risoluzione parlamentare ha sollecitato un particolare impegno al Governo perché venga incrementato significativamente il numero delle assunzioni da raccordare ai pensionamenti, avvenuti in questi ultimi anni, e per predisporre un piano straordinario triennale di assunzioni.
A questo punto è veramente auspicabile che, dopo tanto dibattito di questi ultimi decenni, dopo le tante disillusioni di migliaia di insegnanti e di non docenti, si passi al più presto, a tutti i livelli, ad individuare soluzioni concrete a partire dal prossimo anno scolastico in vista della concretizzazione di un piano a lunga scadenza ad iniziare dall’autorizzazione, da parte dei Ministro dell’Economia, all’assunzione di precari fin dal prossimo anno scolastico di una quota pari a quella già nominata in questi giorni.
Infatti, il Ministro Fioroni ha reso noto, il 13 luglio scorso nel corso di una risposta ad un’interrogazione parlamentare, di aver chiesto al collega Padoa Schioppa di essere autorizzato all’assunzione a tempo indeterminato di 20.000 docenti e di 3.500 Ata.
31/07/2006
Categorie: scuola precari camera luglio2006 governo commissione_cultura risoluzione fioroni padoa_schioppa
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28.7.06
Il governo si impegna ad assumere docenti precari
Liberazione 27-07-2006
Scuola, si volta pagina
Il governo si impegna ad assumere docenti precari
di Giuliano Rosciarelli
La commissione cultura della Camera ha dato, ieri, il via libera ad una risoluzione che impegna il Governo ad incrementare il numero di immissioni in ruolo per il superamento del precariato dei docenti e del personale ATA. Un primo passo verso la stabilizzazione dei rapporti di lavoro nella scuola pubblica, una pietra sul passato nei burrascosi rapporti tra i cosiddetti “precari storici” da venti anni di attesa di una cattedra, e “sissini” i nuovi precari fuoriusciti dai corsi di specializzazione.
Un provvedimento che vede come prima firmataria la deputata Titti de Simone di Rifondazione comunista, capogruppo in commissione Cultura, e sul quale si è (finalmente) ricompattata tutta la maggioranza di Governo. La notizia non è di quelle “estive”, ma attrarrà l’attenzione di migliaia di insegnanti (400mila tra precari storici e specializzati) che da anni premono alle porte della scuola per la pluriennale iscrizione nelle graduatorie degli ultimi concorsi e di quelle permanenti. “Il precariato nel settore scolastico ha raggiunto livelli insostenibili- si legge nel testo della risoluzione- cresciuti a livelli esponenziali nella scorsa legislatura con interventi che hanno portato allo sconvolgimento delle graduatorie rendendo incerte le aspettative e i diritti di decine e decine di migliaia di docenti precari. Una situazione - continua il testo- destinata a crescere in assenza di misure radicali che puntino alla stabilizzazione dei ruoli e al superamento del precariato”. Interventi annunciati in campagna elettorale, ancorati nero su bianco nel programma dell’Unione e da ieri in agenda del ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni. «Portiamo a casa un buon risultato» commenta De Simone «frutto del dialogo tra le forze d’opposizione ma anche del confronto con le diverse associazioni di insegnanti precari svolte dalla Commissione cultura; incontri proficui da cui sono emerse indicazioni utili ad una formulazione equilibrata del testo. Non vogliamo punire nessuno - ha aggiunto De Simone - pensiamo che la precedente legislatura abbia creato un clima da “guerra tra poveri” che non faceva bene a nessuno. Docenti specializzati presso le SSIS e quelli nominati da concorso hanno la stessa dignità e gli stessi diritti e come tali vanno tutelati».
Liberazione 27-07-2006
Categorie: liberazione luglio2006 precari scuola governo titti_de_simone ssis commissione_cultura fioroni
Scuola, si volta pagina
Il governo si impegna ad assumere docenti precari
di Giuliano Rosciarelli
La commissione cultura della Camera ha dato, ieri, il via libera ad una risoluzione che impegna il Governo ad incrementare il numero di immissioni in ruolo per il superamento del precariato dei docenti e del personale ATA. Un primo passo verso la stabilizzazione dei rapporti di lavoro nella scuola pubblica, una pietra sul passato nei burrascosi rapporti tra i cosiddetti “precari storici” da venti anni di attesa di una cattedra, e “sissini” i nuovi precari fuoriusciti dai corsi di specializzazione.
Un provvedimento che vede come prima firmataria la deputata Titti de Simone di Rifondazione comunista, capogruppo in commissione Cultura, e sul quale si è (finalmente) ricompattata tutta la maggioranza di Governo. La notizia non è di quelle “estive”, ma attrarrà l’attenzione di migliaia di insegnanti (400mila tra precari storici e specializzati) che da anni premono alle porte della scuola per la pluriennale iscrizione nelle graduatorie degli ultimi concorsi e di quelle permanenti. “Il precariato nel settore scolastico ha raggiunto livelli insostenibili- si legge nel testo della risoluzione- cresciuti a livelli esponenziali nella scorsa legislatura con interventi che hanno portato allo sconvolgimento delle graduatorie rendendo incerte le aspettative e i diritti di decine e decine di migliaia di docenti precari. Una situazione - continua il testo- destinata a crescere in assenza di misure radicali che puntino alla stabilizzazione dei ruoli e al superamento del precariato”. Interventi annunciati in campagna elettorale, ancorati nero su bianco nel programma dell’Unione e da ieri in agenda del ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni. «Portiamo a casa un buon risultato» commenta De Simone «frutto del dialogo tra le forze d’opposizione ma anche del confronto con le diverse associazioni di insegnanti precari svolte dalla Commissione cultura; incontri proficui da cui sono emerse indicazioni utili ad una formulazione equilibrata del testo. Non vogliamo punire nessuno - ha aggiunto De Simone - pensiamo che la precedente legislatura abbia creato un clima da “guerra tra poveri” che non faceva bene a nessuno. Docenti specializzati presso le SSIS e quelli nominati da concorso hanno la stessa dignità e gli stessi diritti e come tali vanno tutelati».
Liberazione 27-07-2006
Categorie: liberazione luglio2006 precari scuola governo titti_de_simone ssis commissione_cultura fioroni
27.7.06
Roma, licenziati perché omosessuali
Roma, licenziati perché omosessuali
Alessia Grossi
Galleria Alberto Sordi
Licenziati perché «non in linea con la filosofia del bar» in cui lavoravano, cioè perché gay. Marco Carbonaro, 43 anni, romano e il suo compagno Aldo Pinciroli si trovano così da un momento all´altro senza un posto di lavoro, senza stipendio e dal momento che non hanno la possibilità di assumere un legale a loro spese si rivolgono alla linea «Gay Help line» (il numero verde nazionale di supporto e assistenza per le persone gay e lesbiche, finanziato dal Comune e dalla Provincia di Roma). Il numero verde, ricorda Fabrizio Marrazzo, presidente dell´Arcigay della capitale, «da quando è stato attivato, 4 mesi fa, ha ricevuto oltre 10mila telefonate di denuncia». L´associazione, come in molti altri casi da´ il suo appoggio alla coppia discriminata e denuncia l´accaduto sul sito dell´Arcigay Roma. Marco, lavorava dal primo luglio come direttore dei bar della Galleria Alberto Sordi di Roma con un contratto a progetto. «Quando sono arrivato i bar non avevano un direttore da oltre un anno, racconta Carbonaro, che aggiunge di aver «subito iniziato a lavorare e i risultati non hanno tardato ad arrivare, e il general manager mi ha dimostrato in più di un occasione il suo apprezzamento». «Una settimana fa, continua l´ex direttore, il manager ci comunica la necessità di assumere nuovo personale e ci chiede di presentargli persone di fiducia». A questo punto Marco propone il suo compagno Aldo che da «anni lavora come barman» e il capo lo assume.«Tutto andava benissimo, assicura Carbonaro, poi si deve essere sparsa la voce della nostra relazione e lunedì siamo stati licenziati in tronco». Nessuna giustificazione per i due, neanche una lamentela, né formale, né informale. La sola colpa della coppia sarebbe, a detta dell´imprenditore Fabrizio Gallina, di «non essere in linea con la filosofia del bar» cioè di essere omosessuali. «Io ho 43 anni e ora è difficile per me trovare un altro lavoro, non solo da dirigente, anche da cameriere. Ci hanno lasciato da un momento all'altro in mezzo a una strada, senza una ragione e la cosa più grave è che non c'è nessuno, nessuna legge che ci tutela», conclude Carbonaro.
Immediatamente alla coppia arriva l´appoggio del deputato ds Franco Grillini che con un´interrogazione (leggi il testo sul sito di Franco Grillini) parlamentare si rivolge al ministro per le Pari Opportunità Barbara Polastrini e al ministro del Lavoro Cesare Damiano sottoponendo alla loro attenzione il caso di Marco e Aldo e di tutti coloro che ancora in Italia subiscono sul lavoro discriminazioni per il loro orientamento sessuale. Con una lettera al sindaco di Roma, Walter Veltroni, il deputato si assicura il sostegno dell´amministrazione comunale della capitale. «Richiedo pertanto, si legge in un passaggio della lettera di Grillini al sindaco, un intervento al fine di valutare, data la gravità dell'accaduto, la possibilità di richiedere alla società che gestisce i due bar della Galleria stessa la riassunzione delle persone ingiustamente licenziate e, nel caso di un rifiuto, di ritirare la licenza di gestione ai bar come prevede sia la normativa comunale che la legislazione nazionale». «Conoscendo la tua sensibilità sui temi della lotta alle discriminazioni siamo certi di un tuo interessamento». La risposta del Campidoglio non si è fatta attendere e attraverso l'assessore comunale alle Pari opportunità Mariella Gramaglia, si sta adoperando per giungere «al più presto a una conciliazione concordata e serena» della vicenda. «Con il sostegno del sindaco, che segue il caso da vicino ed è direttamente impegnato contro ogni forma di discriminazione, ho parlato, ha spiegato l'assessore Gramaglia, con tutti i protagonisti della vicenda: l'imprenditore, Fabrizio Gallina, i due lavoratori, Marco Carbonaro e Aldo Panciroli e i vertici romani dell'Arcigay. La mia viva speranza è che si giunga al più presto a una conciliazione concordata e serena. E per questo obiettivo mi sto adoperando, ha conlcuso l'assessore».
Pubblicato il 27.07.06
Categorie: roma luglio2006 licenziati galleria_alberto_sordi baristi camerieri veltroni gramaglia arcigay diritti omosessuali damiano grillini
Alessia Grossi
Galleria Alberto Sordi
Licenziati perché «non in linea con la filosofia del bar» in cui lavoravano, cioè perché gay. Marco Carbonaro, 43 anni, romano e il suo compagno Aldo Pinciroli si trovano così da un momento all´altro senza un posto di lavoro, senza stipendio e dal momento che non hanno la possibilità di assumere un legale a loro spese si rivolgono alla linea «Gay Help line» (il numero verde nazionale di supporto e assistenza per le persone gay e lesbiche, finanziato dal Comune e dalla Provincia di Roma). Il numero verde, ricorda Fabrizio Marrazzo, presidente dell´Arcigay della capitale, «da quando è stato attivato, 4 mesi fa, ha ricevuto oltre 10mila telefonate di denuncia». L´associazione, come in molti altri casi da´ il suo appoggio alla coppia discriminata e denuncia l´accaduto sul sito dell´Arcigay Roma. Marco, lavorava dal primo luglio come direttore dei bar della Galleria Alberto Sordi di Roma con un contratto a progetto. «Quando sono arrivato i bar non avevano un direttore da oltre un anno, racconta Carbonaro, che aggiunge di aver «subito iniziato a lavorare e i risultati non hanno tardato ad arrivare, e il general manager mi ha dimostrato in più di un occasione il suo apprezzamento». «Una settimana fa, continua l´ex direttore, il manager ci comunica la necessità di assumere nuovo personale e ci chiede di presentargli persone di fiducia». A questo punto Marco propone il suo compagno Aldo che da «anni lavora come barman» e il capo lo assume.«Tutto andava benissimo, assicura Carbonaro, poi si deve essere sparsa la voce della nostra relazione e lunedì siamo stati licenziati in tronco». Nessuna giustificazione per i due, neanche una lamentela, né formale, né informale. La sola colpa della coppia sarebbe, a detta dell´imprenditore Fabrizio Gallina, di «non essere in linea con la filosofia del bar» cioè di essere omosessuali. «Io ho 43 anni e ora è difficile per me trovare un altro lavoro, non solo da dirigente, anche da cameriere. Ci hanno lasciato da un momento all'altro in mezzo a una strada, senza una ragione e la cosa più grave è che non c'è nessuno, nessuna legge che ci tutela», conclude Carbonaro.
Immediatamente alla coppia arriva l´appoggio del deputato ds Franco Grillini che con un´interrogazione (leggi il testo sul sito di Franco Grillini) parlamentare si rivolge al ministro per le Pari Opportunità Barbara Polastrini e al ministro del Lavoro Cesare Damiano sottoponendo alla loro attenzione il caso di Marco e Aldo e di tutti coloro che ancora in Italia subiscono sul lavoro discriminazioni per il loro orientamento sessuale. Con una lettera al sindaco di Roma, Walter Veltroni, il deputato si assicura il sostegno dell´amministrazione comunale della capitale. «Richiedo pertanto, si legge in un passaggio della lettera di Grillini al sindaco, un intervento al fine di valutare, data la gravità dell'accaduto, la possibilità di richiedere alla società che gestisce i due bar della Galleria stessa la riassunzione delle persone ingiustamente licenziate e, nel caso di un rifiuto, di ritirare la licenza di gestione ai bar come prevede sia la normativa comunale che la legislazione nazionale». «Conoscendo la tua sensibilità sui temi della lotta alle discriminazioni siamo certi di un tuo interessamento». La risposta del Campidoglio non si è fatta attendere e attraverso l'assessore comunale alle Pari opportunità Mariella Gramaglia, si sta adoperando per giungere «al più presto a una conciliazione concordata e serena» della vicenda. «Con il sostegno del sindaco, che segue il caso da vicino ed è direttamente impegnato contro ogni forma di discriminazione, ho parlato, ha spiegato l'assessore Gramaglia, con tutti i protagonisti della vicenda: l'imprenditore, Fabrizio Gallina, i due lavoratori, Marco Carbonaro e Aldo Panciroli e i vertici romani dell'Arcigay. La mia viva speranza è che si giunga al più presto a una conciliazione concordata e serena. E per questo obiettivo mi sto adoperando, ha conlcuso l'assessore».
Pubblicato il 27.07.06
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Nidil Cgil: Obiettivi sul Lavoro, il nuovo concorso
Dopo l'assegnazione dei premi per la sezione "Il lavoro che non si vede" del premio Ilaria Alpi, NIdiL e Arci rilanciano con un nuovo concorso dedicato a film, fiction e documentari sulla precarietà. Per partecipare invia ENTRO IL 20 SETTEMBRE il tuo film e la scheda di iscrizione che scarichi in fondo alla pagina.
Obiettivi Sul Lavoro è un progetto dedicato a chi racconta il lavoro precario attraverso fiction, film, documentari e inchieste giornalistiche.
Il progetto, realizzato da NIdiL– Cgil, Arci e Ucca (Unione circoli cinematografici Arci), si compone di vari eventi, tra cui un concorso a premi a cui possono partecipare cortometraggi, fiction, documentari, videoinchieste realizzate a partire dall’anno 2004, di una durata massima di 60 minuti.
La richiesta di ammissione al concorso deve essere inoltrata utilizzando la scheda ufficiale di iscrizione e deve pervenire, insieme ai film, entro e non oltre il 20 settembre 2006 all’indirizzo indicato nel bando.
La premiazione dei tre vincitori, che riceveranno un premio di 6.000 euro e due premi di 5.000 euro ciascuno, è prevista per il 6 ottobre a Roma, a conclusione di una rassegna cinematografica di due giorni (5 e 6 ottobre) durante la quale – presso la Casa del Cinema, il Palladium e L’Università La Sapienza- saranno proiettati i filmati selezionati in concorso, lungometraggi sul tema del lavoro, e le inchieste che hanno vinto la sezione Il lavoro che non si vede del premio Ilaria Alpi.
Infine, nel corso della “Settimana d’iniziative sul lavoro precario in Italia”, prevista dal 24 al 31 ottobre, in oltre 250 iniziative organizzate in tutta Italia da Nidil-Cgil e Arci verranno proiettate le opere che hanno vinto il concorso.
In quest’occasione verranno anche resi pubblici i dati, qualitativi e quantitativi, sul lavoro precario in Italia prodotti dall’osservatorio nazionale sulla precarietà istituito da NIdiL-Cgil, Ires e Università La Sapienza.
Obiettivi Sul Lavoro è organizzato da NIdiL Cgil, Arci, Ucca e promosso da: Regione Lazio, Provincia di Roma, Comune di Roma, Associazione Centenario Cgil, Sistema Servizi Cgil, Fondazione Di Vittorio, Facoltà di scienze della comunicazione Università degli Studi La Sapienza, Fnsi, Premio giornalistico Ilaria Alpi. In collaborazione con Consumit, Unipol Assicurazioni, Fondazione Mario Moderni.
BANDO E SCHEDA DI CONCORSO
Categorie: nidil_cgil cgil concorso arci ucca cinema attori video inchiesta settembre2006 luglio2006 ires la_sapienza università precari film fiction documentari premio_ilaria_alpi
Obiettivi Sul Lavoro è un progetto dedicato a chi racconta il lavoro precario attraverso fiction, film, documentari e inchieste giornalistiche.
Il progetto, realizzato da NIdiL– Cgil, Arci e Ucca (Unione circoli cinematografici Arci), si compone di vari eventi, tra cui un concorso a premi a cui possono partecipare cortometraggi, fiction, documentari, videoinchieste realizzate a partire dall’anno 2004, di una durata massima di 60 minuti.
La richiesta di ammissione al concorso deve essere inoltrata utilizzando la scheda ufficiale di iscrizione e deve pervenire, insieme ai film, entro e non oltre il 20 settembre 2006 all’indirizzo indicato nel bando.
La premiazione dei tre vincitori, che riceveranno un premio di 6.000 euro e due premi di 5.000 euro ciascuno, è prevista per il 6 ottobre a Roma, a conclusione di una rassegna cinematografica di due giorni (5 e 6 ottobre) durante la quale – presso la Casa del Cinema, il Palladium e L’Università La Sapienza- saranno proiettati i filmati selezionati in concorso, lungometraggi sul tema del lavoro, e le inchieste che hanno vinto la sezione Il lavoro che non si vede del premio Ilaria Alpi.
Infine, nel corso della “Settimana d’iniziative sul lavoro precario in Italia”, prevista dal 24 al 31 ottobre, in oltre 250 iniziative organizzate in tutta Italia da Nidil-Cgil e Arci verranno proiettate le opere che hanno vinto il concorso.
In quest’occasione verranno anche resi pubblici i dati, qualitativi e quantitativi, sul lavoro precario in Italia prodotti dall’osservatorio nazionale sulla precarietà istituito da NIdiL-Cgil, Ires e Università La Sapienza.
Obiettivi Sul Lavoro è organizzato da NIdiL Cgil, Arci, Ucca e promosso da: Regione Lazio, Provincia di Roma, Comune di Roma, Associazione Centenario Cgil, Sistema Servizi Cgil, Fondazione Di Vittorio, Facoltà di scienze della comunicazione Università degli Studi La Sapienza, Fnsi, Premio giornalistico Ilaria Alpi. In collaborazione con Consumit, Unipol Assicurazioni, Fondazione Mario Moderni.
BANDO E SCHEDA DI CONCORSO
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Giornalisti: 30 mila i precari a 7mila euro annui
26/07/2006 14.01.00
(ANSA) - ROMA, 26 LUG - Sono circa 30mila i giornalisti precari o free lance e guadagnano in media 7mila euro annui. Cosi' il segretario della Fnsi Serventi Longhi.Oltre il 70% delle nuove assunzioni sono con contratti a termine anche della durata di un mese, osserva il segretario della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, tornando a commentare il rapporto reso noto dalla Fieg. Giacche' rimbalzano ancora i dati fasulli della Fieg sull'occupazione -afferma Serventi-, vorrei ricordare nuovamente le cifre reali. PV
Categorie: giornalisti fnsi precari luglio2006 fieg freelance editori contratto
(ANSA) - ROMA, 26 LUG - Sono circa 30mila i giornalisti precari o free lance e guadagnano in media 7mila euro annui. Cosi' il segretario della Fnsi Serventi Longhi.Oltre il 70% delle nuove assunzioni sono con contratti a termine anche della durata di un mese, osserva il segretario della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, tornando a commentare il rapporto reso noto dalla Fieg. Giacche' rimbalzano ancora i dati fasulli della Fieg sull'occupazione -afferma Serventi-, vorrei ricordare nuovamente le cifre reali. PV
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Civitavecchia. Pincio, un tavolo per ‘‘salvare’’ i precari
25/07/2006 ore 20:31
Un tavolo per ‘’salvare’’ i lavoratori precari del Pincio. A chiederlo è Uil Fpl, per mezzo del suo segretario Fabio Napoleoni, unica voce per la verità alzatasi finora a difesa della categoria, un’ottantina di persone in tutto tra hostess, vigili urbani e collaboratori,, il cui prossimo ‘’defenestramento’’ era stato annunciato, proprio dalle colonne de la Provincia, dall’assessore al Bilancio Pino Cascianelli. E proprio sulle dichiarazioni di Cascianelli, ed in particolare sui problemi di cassa, si sofferma la Uil.
«In questi giorni – scrive Napoleoni - presso qualche assessorato e in altri servizi abbiamo visto effettuare delle assunzioni secondo le recenti norme vigenti. Perché per questi lavoratori non c’è il problema di bilancio, mentre per altri si? Perché durante la campagna elettorale tutti si sono riempiti la bocca sull’occupazione ed ora tutti questi lavoratori che tra breve perderanno l’unica fonte di reddito? Perché l’amministrazione comunale ancora non avviato un percorso con le OO.SS e rappresentanza sindacale per la stabilizzazione di questi lavoratori?»
Alla luce di questa situazione la Uil chiede «l’apertura nel più breve tempo possibile di un tavolo «altrimenti saranno adottate congiuntamente alle altre OO.SS tutte quelle procedure a tutela del singolo lavoratore (precario) che a tutt’oggi con il suo contributo garantisce l’efficienza e l’efficacia del servizio comunale».
Categorie: civitavecchia pincio precari uil lazio luglio2006
Un tavolo per ‘’salvare’’ i lavoratori precari del Pincio. A chiederlo è Uil Fpl, per mezzo del suo segretario Fabio Napoleoni, unica voce per la verità alzatasi finora a difesa della categoria, un’ottantina di persone in tutto tra hostess, vigili urbani e collaboratori,, il cui prossimo ‘’defenestramento’’ era stato annunciato, proprio dalle colonne de la Provincia, dall’assessore al Bilancio Pino Cascianelli. E proprio sulle dichiarazioni di Cascianelli, ed in particolare sui problemi di cassa, si sofferma la Uil.
«In questi giorni – scrive Napoleoni - presso qualche assessorato e in altri servizi abbiamo visto effettuare delle assunzioni secondo le recenti norme vigenti. Perché per questi lavoratori non c’è il problema di bilancio, mentre per altri si? Perché durante la campagna elettorale tutti si sono riempiti la bocca sull’occupazione ed ora tutti questi lavoratori che tra breve perderanno l’unica fonte di reddito? Perché l’amministrazione comunale ancora non avviato un percorso con le OO.SS e rappresentanza sindacale per la stabilizzazione di questi lavoratori?»
Alla luce di questa situazione la Uil chiede «l’apertura nel più breve tempo possibile di un tavolo «altrimenti saranno adottate congiuntamente alle altre OO.SS tutte quelle procedure a tutela del singolo lavoratore (precario) che a tutt’oggi con il suo contributo garantisce l’efficienza e l’efficacia del servizio comunale».
Categorie: civitavecchia pincio precari uil lazio luglio2006
Precari scuola: il Ministero convoca sui corsi abilitanti
Il Ministero della pubblica istruzione, dopo le sollecitazioni unitarie, ha convocato le organizzazioni sindacali per affrontare i problemi connessi all’organizzazione dei corsi abilitanti previsti dal DM 85/05 e l’organizzazione, on-line, dei corsi non attivati della precedente tornata (DM 21/05).
La data non è ravvicinata (6 settembre), ma ci auguriamo che in questo lasso di tempo, ci siano le condizioni per trovare un accordo con il Ministero dell’Università e della Ricerca che garantisca l’attivazione e la conclusione dei corsi entro le date stabilite (a.a. 2005/2006), con costi ragionevoli e senza ulteriori selezioni e discriminazioni.
Roma, 25 luglio 2006
-------
testo della convocazione
Roma 21 luglio 2006
Prot.509/UI°
FLC CGIL
CISL SCUOLA
UIL SCUOLA
SNALS-CONFSAL
GILDA UNAMS
Oggetto: comparto scuola –Incontro del 6 settembre 2006, ore 10.00
Le organizzazioni sindacali in indirizzo sono invitate a partecipare all’incontro che si terrà il giorno 6 settembre 2006, alle ore 10.00, presso la stanza n. 474, III piano, con il seguente ordine del giorno:
-Attivazione residui corsi abilitanti speciali DM 21/04 anche on-line;
-Problematiche relative ai corsi abilitanti speciali attivati ai senzi del DM 85/05
Il Direttore Generale
Giuseppe Cosentino
Categorie: precari scuola luglio2006 glida snals cisl uil cgil settembre2006 corsi_abilitanti
La data non è ravvicinata (6 settembre), ma ci auguriamo che in questo lasso di tempo, ci siano le condizioni per trovare un accordo con il Ministero dell’Università e della Ricerca che garantisca l’attivazione e la conclusione dei corsi entro le date stabilite (a.a. 2005/2006), con costi ragionevoli e senza ulteriori selezioni e discriminazioni.
Roma, 25 luglio 2006
-------
testo della convocazione
Roma 21 luglio 2006
Prot.509/UI°
FLC CGIL
CISL SCUOLA
UIL SCUOLA
SNALS-CONFSAL
GILDA UNAMS
Oggetto: comparto scuola –Incontro del 6 settembre 2006, ore 10.00
Le organizzazioni sindacali in indirizzo sono invitate a partecipare all’incontro che si terrà il giorno 6 settembre 2006, alle ore 10.00, presso la stanza n. 474, III piano, con il seguente ordine del giorno:
-Attivazione residui corsi abilitanti speciali DM 21/04 anche on-line;
-Problematiche relative ai corsi abilitanti speciali attivati ai senzi del DM 85/05
Il Direttore Generale
Giuseppe Cosentino
Categorie: precari scuola luglio2006 glida snals cisl uil cgil settembre2006 corsi_abilitanti
24.7.06
E' spuntato un reporter precario
È spuntato un reporter precario
Paolo Andruccioli
Fonte: Il Manifesto 22 luglio 2006
Una volta Humphrey Bogart diceva: è la stampa bellezza. Ora direbbe: non c'è più religione, anche la stampa è diventata precaria. Tra i giornalisti italiani ce ne sono infatti quasi ventimila che risultano attualmente iscritti al fondo previdenziale separato, con redditi medi di 7mila euro l'anno, più o meno la pensione sociale. Nonostante gli stipendi medi, che tradizionalmente sono più alti di altre categorie, ora compare dunque questa nuova figura del giornalista precario: cococo, assunto a tempo determinato (anche unmese di contratto), bassi stipendi, ricatti continui da parte dell'editore, che siccome paga, definisce anche lo spazio di libertà dell'informazione. E nel futuro, pensioni da fame. Non è una scoperta di oggi, visto che proprio sul nuovo lavoro precario la Fnsi ha organizzato vari scioperi e sta preparando una vera e propria mobilitazione per l'autunno. Ma la «scoperta» è stata confermata ieri - involontariamente - dagli editori italiani, che per farsi belli con un documento spedito al ministro del lavoro, Cesare Damiano e al presidente della commissione cultura della camera, Pietro Folena, ammettono che il precariato accertato è limitato solo al 6,22%, mentre si registra un tasso di espansione dell'occupazione del 4% l'anno. I dati sono contestati dal sindacato dei giornalisti che traduce i nuovi occupati in assunzioni precarie e assunzioni stabili solo nel settore degli uffici stampa e dell'emittenza radiotelevisiva locale. Il dato reale sulla quota di precari si deve andare a scovare quindi nelle cifre dell'Inpgi. Ma a parte le solite diatribe sulle cifre, il problema vero, più generale, riguarda proprio la libertà di stampa, che come sappiamo bene anche noi del manifesto si paga a caro prezzo. Più si è precari emeno si è liberi. Più si è precari e più si è sottoposti al ricatto di chi paga. Quanti giornalisti e giornaliste, giovani e meno giovani, si sono dovuti adeguare alle volontà dei loro editori? Boris Biancheri, capo della Fieg, ci rassicura. Di che vi scandalizzate? In fondo il fenomeno della precarietà è assolutamente fisiologico rispetto alle esigenze produttive. È la precarietà bellezza.
Categorie: reporter giornalisti fnsi il_manifesto luglio2006 reddito salari cococo editori
Paolo Andruccioli
Fonte: Il Manifesto 22 luglio 2006
Una volta Humphrey Bogart diceva: è la stampa bellezza. Ora direbbe: non c'è più religione, anche la stampa è diventata precaria. Tra i giornalisti italiani ce ne sono infatti quasi ventimila che risultano attualmente iscritti al fondo previdenziale separato, con redditi medi di 7mila euro l'anno, più o meno la pensione sociale. Nonostante gli stipendi medi, che tradizionalmente sono più alti di altre categorie, ora compare dunque questa nuova figura del giornalista precario: cococo, assunto a tempo determinato (anche unmese di contratto), bassi stipendi, ricatti continui da parte dell'editore, che siccome paga, definisce anche lo spazio di libertà dell'informazione. E nel futuro, pensioni da fame. Non è una scoperta di oggi, visto che proprio sul nuovo lavoro precario la Fnsi ha organizzato vari scioperi e sta preparando una vera e propria mobilitazione per l'autunno. Ma la «scoperta» è stata confermata ieri - involontariamente - dagli editori italiani, che per farsi belli con un documento spedito al ministro del lavoro, Cesare Damiano e al presidente della commissione cultura della camera, Pietro Folena, ammettono che il precariato accertato è limitato solo al 6,22%, mentre si registra un tasso di espansione dell'occupazione del 4% l'anno. I dati sono contestati dal sindacato dei giornalisti che traduce i nuovi occupati in assunzioni precarie e assunzioni stabili solo nel settore degli uffici stampa e dell'emittenza radiotelevisiva locale. Il dato reale sulla quota di precari si deve andare a scovare quindi nelle cifre dell'Inpgi. Ma a parte le solite diatribe sulle cifre, il problema vero, più generale, riguarda proprio la libertà di stampa, che come sappiamo bene anche noi del manifesto si paga a caro prezzo. Più si è precari emeno si è liberi. Più si è precari e più si è sottoposti al ricatto di chi paga. Quanti giornalisti e giornaliste, giovani e meno giovani, si sono dovuti adeguare alle volontà dei loro editori? Boris Biancheri, capo della Fieg, ci rassicura. Di che vi scandalizzate? In fondo il fenomeno della precarietà è assolutamente fisiologico rispetto alle esigenze produttive. È la precarietà bellezza.
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21.7.06
Reddito o lavoro? Sull'inutile dibattito del Manifesto
Riflessioni precarie
"Come collettività possiamo ridistribuire solo la produzione corrente.
Quest'ultima, aggiungiamo, sarà tanto più elevata quanto più alta è, oggi e nel passato, l'occupazione, e l'occupazione stabile; e quanto più alta è, oggi e nel passato, qualità e quantità dei mezzi di produzione. Senza gestione politica della domanda e senza conflitto sociale nella produzione sussidi come il BI sono acqua fresca, perché domanda e produttività non aumentano per magia". (il manifesto, 12 luglio)
"il reddito garantito rischia di spingere tutta la struttura dei salari verso il basso"
"Misure come il reddito garantito possono forse rendere più sopportabile la precarietà nel breve periodo, ma non la eliminano: semmai la cristallizzano e la congelano. [...] rendono più accettabile la frammentazione del lavoro e conducono all'abbandono della lotta per un lavoro vero e garantito per tutti"
(il manifesto, 4 giugno)
"Lungi dal costituire un allargamento delle lotte all'intera società, il reddito garantito significa innanzitutto la messa in mora di ogni discussione sulle forme della messa al lavoro."
(il manifesto, 30 giugno)
Dati alla mano, l'Italia è il paese europeo in cui le disparità fra "ricchi" e "poveri" sono più ampie. Il 20% più ricco è nettamente più ricco del 20% più povero.
Dati alla mano, l'Italia è l'unico paese europeo (insieme alla Grecia) in cui non è prevista nessuna forma di reddito garantito sganciato dalla prestazione lavorativa.
In base a incomprensibili analisi ideologiche prive di verifiche fattuali, alcuni pseudostudiosi si stanno prestando da un mese e mezzo a un'operazione del giornale "il Manifesto" per sostenere la (morente) Fiom Cgil nel suo attacco ai movimenti e alla conquista dell''"egemonia" del presunto neomovimento antiprecarietà, nato con l'assemblea del Brancaccio dell'8 luglio. Un'operazione di bassa lega,
che nessuno, tranne qualche residuo gruppo emmelle, sta prendendo in seria considerazione.
E' evidente che, prendendo spunto dalle analisi dei ricercatori" padovani e bolognesi e volendo essere coerenti, bisognerebbe chiedere lo smantellamento delle ferie pagate (pericoloso "non lavoro", che ruba tempo alla produzione "materiale") e la dissoluzione dei diritti conquistati negli anni '70 (150 ore per lo studio, permessi per esami, malattie, maternità), germi di quella pericolosissima sottocultura che toglie centralità al Lavoro con la L maiuscolissima.
Ciò che stupisce maggiormente è che negli stessi giorni e settimane Il Manifesto abbia lanciato la sua campagna di sostegno, autonominandosi il giornale di tutti quanti, dei movimenti, senza padroni e forte della sua "autonomia".
Stupisce che il Manifesto nello stesso periodo si trovi in una crisi "produttiva" che lo costringe a non pagare i propri lavoratori, molti dei quali sono a rischio (reale) di non avere tra pochi mesi né un lavoro né un reddito.
Dovrebbe partire, un giornale "comunista", dalla valutazione dei propri interessi materiali.
Forse con un reddito di esistenza, di cittadinanza, di base, garantito o sociale che dir si voglia i precari non rovesceranno il mondo, ma almeno potranno comprare e "sostenere" più spesso il quotidiano più caro esistente in Italia.
Categorie: precari reddito reddito_garantito reddito_sociale il_manifesto luglio2006 salari frammentazione
"Come collettività possiamo ridistribuire solo la produzione corrente.
Quest'ultima, aggiungiamo, sarà tanto più elevata quanto più alta è, oggi e nel passato, l'occupazione, e l'occupazione stabile; e quanto più alta è, oggi e nel passato, qualità e quantità dei mezzi di produzione. Senza gestione politica della domanda e senza conflitto sociale nella produzione sussidi come il BI sono acqua fresca, perché domanda e produttività non aumentano per magia". (il manifesto, 12 luglio)
"il reddito garantito rischia di spingere tutta la struttura dei salari verso il basso"
"Misure come il reddito garantito possono forse rendere più sopportabile la precarietà nel breve periodo, ma non la eliminano: semmai la cristallizzano e la congelano. [...] rendono più accettabile la frammentazione del lavoro e conducono all'abbandono della lotta per un lavoro vero e garantito per tutti"
(il manifesto, 4 giugno)
"Lungi dal costituire un allargamento delle lotte all'intera società, il reddito garantito significa innanzitutto la messa in mora di ogni discussione sulle forme della messa al lavoro."
(il manifesto, 30 giugno)
Dati alla mano, l'Italia è il paese europeo in cui le disparità fra "ricchi" e "poveri" sono più ampie. Il 20% più ricco è nettamente più ricco del 20% più povero.
Dati alla mano, l'Italia è l'unico paese europeo (insieme alla Grecia) in cui non è prevista nessuna forma di reddito garantito sganciato dalla prestazione lavorativa.
In base a incomprensibili analisi ideologiche prive di verifiche fattuali, alcuni pseudostudiosi si stanno prestando da un mese e mezzo a un'operazione del giornale "il Manifesto" per sostenere la (morente) Fiom Cgil nel suo attacco ai movimenti e alla conquista dell''"egemonia" del presunto neomovimento antiprecarietà, nato con l'assemblea del Brancaccio dell'8 luglio. Un'operazione di bassa lega,
che nessuno, tranne qualche residuo gruppo emmelle, sta prendendo in seria considerazione.
E' evidente che, prendendo spunto dalle analisi dei ricercatori" padovani e bolognesi e volendo essere coerenti, bisognerebbe chiedere lo smantellamento delle ferie pagate (pericoloso "non lavoro", che ruba tempo alla produzione "materiale") e la dissoluzione dei diritti conquistati negli anni '70 (150 ore per lo studio, permessi per esami, malattie, maternità), germi di quella pericolosissima sottocultura che toglie centralità al Lavoro con la L maiuscolissima.
Ciò che stupisce maggiormente è che negli stessi giorni e settimane Il Manifesto abbia lanciato la sua campagna di sostegno, autonominandosi il giornale di tutti quanti, dei movimenti, senza padroni e forte della sua "autonomia".
Stupisce che il Manifesto nello stesso periodo si trovi in una crisi "produttiva" che lo costringe a non pagare i propri lavoratori, molti dei quali sono a rischio (reale) di non avere tra pochi mesi né un lavoro né un reddito.
Dovrebbe partire, un giornale "comunista", dalla valutazione dei propri interessi materiali.
Forse con un reddito di esistenza, di cittadinanza, di base, garantito o sociale che dir si voglia i precari non rovesceranno il mondo, ma almeno potranno comprare e "sostenere" più spesso il quotidiano più caro esistente in Italia.
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Imperia: da oggi in distribuzione la guida Lavoro Nero, Lavoro Precario
21 lug 2006 - 17.21
Inizia da oggi, presso le sedi della CGIL della provincia, la distribuzione di 'Lavoro Nero, Lavoro Precario', la nuova guida che il Sistema servizi della Cgil, in collaborazione con il Dipartimento Politiche attive del lavoro, il patronato Inca e il Nidil hanno prodotto per il 2006.
La guida interessa in provincia circa 25.000 lavoratori in nero e precari, proponendosi come fonte di informazione e notizie utili rivolte ai lavoratori che, per primi, subiscono un modello produttivo dove i diritti sono considerati semplici costi, la salute un bene superfluo, la presenza del sindacato un problema.
Questa pubblicazione, la cui prefazione è stata scritta dal segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, si colloca all’interno della campagna contro il lavoro nero in Italia, “Il Rosso contro il Nero”, in corso da alcuni mesi e che si protrarrà sino alla fine di settembre. http://www.no-lavoronero.it/index-it.htm
Con un linguaggio chiaro e comprensibile, la guida si occupa di tre temi tra loro particolarmente intrecciati: lavoro nero, precariato e infortuni sul lavoro.
Redazione Radio Amicizia
Categorie: imperia lavoro_nero precari liguria cgil nidil_cgil inca luglio2006 epifani
Inizia da oggi, presso le sedi della CGIL della provincia, la distribuzione di 'Lavoro Nero, Lavoro Precario', la nuova guida che il Sistema servizi della Cgil, in collaborazione con il Dipartimento Politiche attive del lavoro, il patronato Inca e il Nidil hanno prodotto per il 2006.
La guida interessa in provincia circa 25.000 lavoratori in nero e precari, proponendosi come fonte di informazione e notizie utili rivolte ai lavoratori che, per primi, subiscono un modello produttivo dove i diritti sono considerati semplici costi, la salute un bene superfluo, la presenza del sindacato un problema.
Questa pubblicazione, la cui prefazione è stata scritta dal segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, si colloca all’interno della campagna contro il lavoro nero in Italia, “Il Rosso contro il Nero”, in corso da alcuni mesi e che si protrarrà sino alla fine di settembre. http://www.no-lavoronero.it/index-it.htm
Con un linguaggio chiaro e comprensibile, la guida si occupa di tre temi tra loro particolarmente intrecciati: lavoro nero, precariato e infortuni sul lavoro.
Redazione Radio Amicizia
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Abbanoa: via libera per assunzione precari
mercoledì, 19 luglio 2006
Abbanoa: via libera per assunzione precari
Si stringono i tempi per la stabilizzazione dei precari all'interno delll'organico di Abbanoa, il gestore unico della risorsa idrica in Sardegna. Le figure professionali da selezionare immediatamente saranno quelle direttamente legate alle attività di conduzione reti acquedottistiche e fognarie ed in generale al servizio della qualificazione del prodotto (controlli qualità). Confermati alla presidenza, Edoardo Balzarini, ed alla vice presidenza, Marco Fumi.
CAGLIARI - Via libera al programma di riassorbimento dei precari, cominciando con i lavoratori addetti alla conduzione delle reti (acquedotti e fognature) e ai controlli di qualità delle acque. Lo ha deciso il Consiglio di Amministrazione di Abbanoa Spa, il nuovo gestore unico delle risorse idriche in Sardegna. Il nuovo CDA eletto il 4 luglio dall'Assemblea dei soci, ha confermato alla presidenza Edoardo Balzarini e vice presidente Marco Giacomo Fumi, che ha retto le sorti del CdA nei primi sei mesi di attività.
Nell'odierna seduta sono stati affrontati i temi delle deleghe (rideterminate in ragione dell'esigenza di completare l'assetto organizzativo e direzionale di tutte le strutture, centrali e territoriali) nonchè i temi delle relazioni sindacali e del precariato con un programma di “progressivo riordino dell'organico in tutti gli uffici territoriali attraverso il superamento delle forme di precariato pluriennale”. Le figure professionali da selezionare immediatamente saranno quelle direttamente legate alle attività di conduzione reti acquedottistiche e fognarie ed in generale al servizio della qualificazione del prodotto (controlli qualità). Le assunzioni saranno realizzate nei diversi ambiti territoriali tra il personale che ha maturato la più' alta esperienza nelle mansioni, avendo svolto contratti a tempo con le societa' di gestione del servizio idrico confluite in Abbanoa. Le procedure di selezione saranno certificate con dati ed evidenze ufficiali.
Mentre per domani, giovedì 20 luglio, I sindacati hanno stata indetta un’assemblea sotto il palazzo della Giunta Regionale in Viale Trento per affrontare il tema dei 119 senza lavoro di Abbanoa. Il CdA ha programmato un calendario di incontri con le organizzazioni sindacali per discutere le problematiche legate alla gestione del servizio idrico integrato. La prima riunione sarà con le organizzazioni sindacali confederali per discutere un protocollo generale per le relazioni industriali nel quale si definiranno le linee guida e gli obiettivi da raggiungere anche con specifici confronti e accordi sindacali. Le problematiche principali riguardano: l'accordo di confluenza del personale ex Esaf al quale la legislazione ha garantito i diritti normativi ed economici, l'organizzazione del lavoro ed il trattamento del restante personale.
Categorie: abbanoa precari stabilizzazione sardegna luglio2006 acquedotti fognature risorse_idriche assemblea
Abbanoa: via libera per assunzione precari
Si stringono i tempi per la stabilizzazione dei precari all'interno delll'organico di Abbanoa, il gestore unico della risorsa idrica in Sardegna. Le figure professionali da selezionare immediatamente saranno quelle direttamente legate alle attività di conduzione reti acquedottistiche e fognarie ed in generale al servizio della qualificazione del prodotto (controlli qualità). Confermati alla presidenza, Edoardo Balzarini, ed alla vice presidenza, Marco Fumi.
CAGLIARI - Via libera al programma di riassorbimento dei precari, cominciando con i lavoratori addetti alla conduzione delle reti (acquedotti e fognature) e ai controlli di qualità delle acque. Lo ha deciso il Consiglio di Amministrazione di Abbanoa Spa, il nuovo gestore unico delle risorse idriche in Sardegna. Il nuovo CDA eletto il 4 luglio dall'Assemblea dei soci, ha confermato alla presidenza Edoardo Balzarini e vice presidente Marco Giacomo Fumi, che ha retto le sorti del CdA nei primi sei mesi di attività.
Nell'odierna seduta sono stati affrontati i temi delle deleghe (rideterminate in ragione dell'esigenza di completare l'assetto organizzativo e direzionale di tutte le strutture, centrali e territoriali) nonchè i temi delle relazioni sindacali e del precariato con un programma di “progressivo riordino dell'organico in tutti gli uffici territoriali attraverso il superamento delle forme di precariato pluriennale”. Le figure professionali da selezionare immediatamente saranno quelle direttamente legate alle attività di conduzione reti acquedottistiche e fognarie ed in generale al servizio della qualificazione del prodotto (controlli qualità). Le assunzioni saranno realizzate nei diversi ambiti territoriali tra il personale che ha maturato la più' alta esperienza nelle mansioni, avendo svolto contratti a tempo con le societa' di gestione del servizio idrico confluite in Abbanoa. Le procedure di selezione saranno certificate con dati ed evidenze ufficiali.
Mentre per domani, giovedì 20 luglio, I sindacati hanno stata indetta un’assemblea sotto il palazzo della Giunta Regionale in Viale Trento per affrontare il tema dei 119 senza lavoro di Abbanoa. Il CdA ha programmato un calendario di incontri con le organizzazioni sindacali per discutere le problematiche legate alla gestione del servizio idrico integrato. La prima riunione sarà con le organizzazioni sindacali confederali per discutere un protocollo generale per le relazioni industriali nel quale si definiranno le linee guida e gli obiettivi da raggiungere anche con specifici confronti e accordi sindacali. Le problematiche principali riguardano: l'accordo di confluenza del personale ex Esaf al quale la legislazione ha garantito i diritti normativi ed economici, l'organizzazione del lavoro ed il trattamento del restante personale.
Categorie: abbanoa precari stabilizzazione sardegna luglio2006 acquedotti fognature risorse_idriche assemblea
Rapporto Cnel: cresce l'occupazione ma solo grazie agli immigrati
Italia, rapporto Cnel: cresce l'occupazione ma solo grazie agli immigrati
In Italia ci sono 374mila occupati in più. Rispetto a un anno fa, l´ aumento dell´1,7%, senza distinzione geografica o di altro genere, interessa un po´ tutti: donne, giovani, lavoratori ultracinquantenni. Ma soprattutto immigrati che fanno registrare un incremento grazie agli interventi di regolarizzazione (secondo l'Istat si tratta di 225mila unità circa). È quanto emerge dal Rapporto del Cnel sul mercato del lavoro nel 2005, presentato a Roma. Alla luce di quanto riportato, continua il Rapporto, «l´Italia anche se ha ridotto lo scarto rispetto alla media europea, resta però lontana dall'obiettivo di Lisbona che prevede l'occupazione del 70% della fascia tra i 15 e i 64 anni entro il 2010. Il nostro mercato del lavoro rimane in condizioni di sofferenza, con bassi tassi di occupazione. Le nostre politiche dovranno offrire più possibilità ai giovani di trovare lavoro».
Insomma un quadro di debolezza secondo il ministro del Lavoro Cesare Damiano, che mette in guardia sulla lettura dei dati: «Possono apparire rassicuranti perché c'è una stabilizzazione apparente ma è dovuta agli immigrati». Quello che non va, secondo il ministro, «è il tasso ridotto di conversione dal lavoro flessibile al lavoro stabile e la bassa quota di occupazione delle donne e degli anziani». Secondo Damiano «i dati qualitativi dell'occupazione segnalano che nel 2005-2006 prevale il lavoro non standard» e che la flessibilità «non è solo ascrivibile ai giovani» ma a tutte le fasce d'età
Pubblicato il 20.07.06
Categorie: precari immigrati cnel luglio2006 dati ricerca mercato_del_lavoro obiettivo_di_lisbona anziani donne damiano occupati occupazione
In Italia ci sono 374mila occupati in più. Rispetto a un anno fa, l´ aumento dell´1,7%, senza distinzione geografica o di altro genere, interessa un po´ tutti: donne, giovani, lavoratori ultracinquantenni. Ma soprattutto immigrati che fanno registrare un incremento grazie agli interventi di regolarizzazione (secondo l'Istat si tratta di 225mila unità circa). È quanto emerge dal Rapporto del Cnel sul mercato del lavoro nel 2005, presentato a Roma. Alla luce di quanto riportato, continua il Rapporto, «l´Italia anche se ha ridotto lo scarto rispetto alla media europea, resta però lontana dall'obiettivo di Lisbona che prevede l'occupazione del 70% della fascia tra i 15 e i 64 anni entro il 2010. Il nostro mercato del lavoro rimane in condizioni di sofferenza, con bassi tassi di occupazione. Le nostre politiche dovranno offrire più possibilità ai giovani di trovare lavoro».
Insomma un quadro di debolezza secondo il ministro del Lavoro Cesare Damiano, che mette in guardia sulla lettura dei dati: «Possono apparire rassicuranti perché c'è una stabilizzazione apparente ma è dovuta agli immigrati». Quello che non va, secondo il ministro, «è il tasso ridotto di conversione dal lavoro flessibile al lavoro stabile e la bassa quota di occupazione delle donne e degli anziani». Secondo Damiano «i dati qualitativi dell'occupazione segnalano che nel 2005-2006 prevale il lavoro non standard» e che la flessibilità «non è solo ascrivibile ai giovani» ma a tutte le fasce d'età
Pubblicato il 20.07.06
Categorie: precari immigrati cnel luglio2006 dati ricerca mercato_del_lavoro obiettivo_di_lisbona anziani donne damiano occupati occupazione
E i precari rischiano di più
E i precari rischiano di più
di Diego Alhaique
La dimensione europea è ormai un riferimento obbligato se si vuole affrontare seriamente una questione sociale come quella della salute e sicurezza dei lavoratori. È a tutti noto che la nostra legislazione ha fatto passi avanti enormi a partire da metà degli anni Novanta proprio perché obbligata ad attuare nel proprio ordinamento la legislazione europea. A cominciare dal famoso decreto 626 del 1994, che è l’attuazione in Italia della Direttiva cosiddetta “quadro” – la 391 del 1989 – che fissa le regole fondamentali comuni su cui deve basarsi la prevenzione dei rischi nei luoghi di lavoro nei paesi membri.
All’origine di tale legislazione è stata negli ultimi vent’anni la necessità per l’Europa di prevenire il dumping sociale con la definizione di norme comuni anche in materia di salute e sicurezza. L’obiettivo è stato di non indebolire le legislazioni nazionali e, allo stesso tempo, di fare in modo che gli stati membri si impegnassero a garantire l’applicazione di una serie di principi in base ai quali i lavoratori di tutti i paesi usufruissero degli stessi vantaggi. La regolamentazione è fondamentale per fare in modo che le aziende non danneggino i loro dipendenti delocalizzando la produzione in zone dove più debole è la tutela.
Ma l’esigenza di proteggere la salute e la sicurezza di tutti i lavoratori a prescindere dai confini sta assumendo una rilevanza sempre maggiore in presenza di un commercio internazionale totalizzante, della globalizzazione e dell’allargamento dell’Ue. I dati disponibili forniscono un quadro della situazione tuttora preoccupante e indicano che la politica sociale europea deve essere ulteriormente migliorata e resa efficace. Nel 2004 il Rapporto della Commissione sull’attuazione delle Direttive in materia di salute e sicurezza evidenziava che il numero di infortuni con oltre tre giorni di assenza per 100.000 lavoratori era passato dai 4.539 del 1994 ai circa 4.016 del 2000. Questo calo riflette i miglioramenti in materia di salute e sicurezza registrati in quel periodo di tempo. Ma in numeri assoluti quasi 5.200 lavoratori muoiono ancora ogni anno a causa di un infortunio sul lavoro.
Complessivamente continuano a verificarsi circa 4,8 milioni incidenti per anno, con quasi il 14 per cento dei lavoratori che subisce più di un infortunio. Ciò significa che nel 2000 nell’Unione Europea complessivamente sono andate perdute 158 milioni di giornate lavorative, pari a una media di venti giorni per ciascun infortunio. Il fatto che circa il 7% degli infortunati non può tornare al proprio lavoro, che il 4% circa deve lavorare meno ore o addirittura non può più lavorare, segna una battuta di arresto nel cammino verso il traguardo della piena occupazione stabilito a Lisbona. Quasi 300.000 lavoratori sono vittime di vari tipi di invalidità permanente a seguito di un infortunio o di una malattia professionale ogni anno e 15.000 vengono completamente esclusi dal mercato del lavoro. A seguito di un infortunio circa 350.000 lavoratori hanno dovuto cambiare lavoro. Si stima che il costo totale di tutto ciò ammonti a una cifra compresa tra il 2,6 e il 3,8 per cento del Pil. Queste cifre stanno a indicare gli elevati costi economici indotti dalla mancanza di una adeguata politica sociale, mentre è stato valutato che la riduzione complessiva degli infortuni sul lavoro a partire dall’entrata in vigore della legislazione comunitaria ha determinato vantaggi economici pari a circa 25 milioni di giornate di lavoro risparmiate.
Quali le prospettive, dunque, per un nuovo impulso dall’Unione europea nell’affrontare questa situazione? All’inizio del 2005 la Commissione ha pubblicato il nuovo piano di politica sociale dove si descrivono anche i progetti relativi alla strategia in materia di salute e sicurezza per il periodo 2007-2012. Al centro ci sono i nuovi rischi, la garanzia di livelli minimi di protezione e la copertura per quei lavoratori che attualmente non sono garantiti. L’intenzione della Commissione di volersi impegnare soprattutto su questi temi è certamente apprezzabile, ma per risultare efficace, il programma dovrebbe procedere a un inventario delle risorse pubbliche (normative, finanziarie e umane) destinate da ogni stato membro alla salute e alla sicurezza sul lavoro. Se c’è un insegnamento che possiamo trarre dalla politica comunitaria degli ultimi quindici anni, è l’importanza di fare in modo che le strategie di prevenzione comunitarie e nazionali confluiscano. Troppo spesso, infatti, gli Stati si sono limitati a recepire nella loro legislazione le direttive, copiandole alla lettera senza fornire i mezzi necessari ad attuarle in pratica.
Da parte sindacale si pone l’esigenza che la nuova strategia preveda attività adeguatamente mirate e con tempi di realizzazione stabiliti e che la Comunità si concentri soprattutto su due rischi di grande rilevanza: i disturbi muscolo-scheletrici (principalmente dovuti a una organizzazione del lavoro dominata dallo stress) e le sostanze chimiche, perché in materia il quadro normativo è decisamente superato. Infine, garantire un’equa protezione a tutti i lavoratori significa fare qualcosa anche per quei lavoratori che non godono di sicurezza alcuna sul lavoro. Il dilagare del modello “assumi e licenzia” esige un pedaggio elevato in termini di salute in tutta Europa. Le disposizioni comunitarie vigenti non sono in grado di affrontare il problema. Il diritto dei lavoratori alla rappresentanza collettiva, garantita dalla direttiva quadro del 1989, è un altro punto centrale. Molti lavoratori, soprattutto quelli in affitto e quelli occupati nelle pmi, sono esclusi dalla direttiva. Negli anni a venire sia la salute sul lavoro che l’ambiente costituiranno delle sfide importanti: l’Europa del post-allargamento sarà in grado di diventare qualcosa di più di un grande mercato governato da una concorrenza aggressiva cui subordinare la salute dei lavoratori? Oppure si riuscirà a realizzare un’Europa sociale, capace di migliorare la qualità delle condizioni di vita di lavoro?
(www.rassegna.it, il Mese di Rassegna sindacale, luglio 2006)
Categorie: sicurezza salute dati lavoro europa commissione_europea dati precari rischi incidenti assenza infortuni luglio2006
di Diego Alhaique
La dimensione europea è ormai un riferimento obbligato se si vuole affrontare seriamente una questione sociale come quella della salute e sicurezza dei lavoratori. È a tutti noto che la nostra legislazione ha fatto passi avanti enormi a partire da metà degli anni Novanta proprio perché obbligata ad attuare nel proprio ordinamento la legislazione europea. A cominciare dal famoso decreto 626 del 1994, che è l’attuazione in Italia della Direttiva cosiddetta “quadro” – la 391 del 1989 – che fissa le regole fondamentali comuni su cui deve basarsi la prevenzione dei rischi nei luoghi di lavoro nei paesi membri.
All’origine di tale legislazione è stata negli ultimi vent’anni la necessità per l’Europa di prevenire il dumping sociale con la definizione di norme comuni anche in materia di salute e sicurezza. L’obiettivo è stato di non indebolire le legislazioni nazionali e, allo stesso tempo, di fare in modo che gli stati membri si impegnassero a garantire l’applicazione di una serie di principi in base ai quali i lavoratori di tutti i paesi usufruissero degli stessi vantaggi. La regolamentazione è fondamentale per fare in modo che le aziende non danneggino i loro dipendenti delocalizzando la produzione in zone dove più debole è la tutela.
Ma l’esigenza di proteggere la salute e la sicurezza di tutti i lavoratori a prescindere dai confini sta assumendo una rilevanza sempre maggiore in presenza di un commercio internazionale totalizzante, della globalizzazione e dell’allargamento dell’Ue. I dati disponibili forniscono un quadro della situazione tuttora preoccupante e indicano che la politica sociale europea deve essere ulteriormente migliorata e resa efficace. Nel 2004 il Rapporto della Commissione sull’attuazione delle Direttive in materia di salute e sicurezza evidenziava che il numero di infortuni con oltre tre giorni di assenza per 100.000 lavoratori era passato dai 4.539 del 1994 ai circa 4.016 del 2000. Questo calo riflette i miglioramenti in materia di salute e sicurezza registrati in quel periodo di tempo. Ma in numeri assoluti quasi 5.200 lavoratori muoiono ancora ogni anno a causa di un infortunio sul lavoro.
Complessivamente continuano a verificarsi circa 4,8 milioni incidenti per anno, con quasi il 14 per cento dei lavoratori che subisce più di un infortunio. Ciò significa che nel 2000 nell’Unione Europea complessivamente sono andate perdute 158 milioni di giornate lavorative, pari a una media di venti giorni per ciascun infortunio. Il fatto che circa il 7% degli infortunati non può tornare al proprio lavoro, che il 4% circa deve lavorare meno ore o addirittura non può più lavorare, segna una battuta di arresto nel cammino verso il traguardo della piena occupazione stabilito a Lisbona. Quasi 300.000 lavoratori sono vittime di vari tipi di invalidità permanente a seguito di un infortunio o di una malattia professionale ogni anno e 15.000 vengono completamente esclusi dal mercato del lavoro. A seguito di un infortunio circa 350.000 lavoratori hanno dovuto cambiare lavoro. Si stima che il costo totale di tutto ciò ammonti a una cifra compresa tra il 2,6 e il 3,8 per cento del Pil. Queste cifre stanno a indicare gli elevati costi economici indotti dalla mancanza di una adeguata politica sociale, mentre è stato valutato che la riduzione complessiva degli infortuni sul lavoro a partire dall’entrata in vigore della legislazione comunitaria ha determinato vantaggi economici pari a circa 25 milioni di giornate di lavoro risparmiate.
Quali le prospettive, dunque, per un nuovo impulso dall’Unione europea nell’affrontare questa situazione? All’inizio del 2005 la Commissione ha pubblicato il nuovo piano di politica sociale dove si descrivono anche i progetti relativi alla strategia in materia di salute e sicurezza per il periodo 2007-2012. Al centro ci sono i nuovi rischi, la garanzia di livelli minimi di protezione e la copertura per quei lavoratori che attualmente non sono garantiti. L’intenzione della Commissione di volersi impegnare soprattutto su questi temi è certamente apprezzabile, ma per risultare efficace, il programma dovrebbe procedere a un inventario delle risorse pubbliche (normative, finanziarie e umane) destinate da ogni stato membro alla salute e alla sicurezza sul lavoro. Se c’è un insegnamento che possiamo trarre dalla politica comunitaria degli ultimi quindici anni, è l’importanza di fare in modo che le strategie di prevenzione comunitarie e nazionali confluiscano. Troppo spesso, infatti, gli Stati si sono limitati a recepire nella loro legislazione le direttive, copiandole alla lettera senza fornire i mezzi necessari ad attuarle in pratica.
Da parte sindacale si pone l’esigenza che la nuova strategia preveda attività adeguatamente mirate e con tempi di realizzazione stabiliti e che la Comunità si concentri soprattutto su due rischi di grande rilevanza: i disturbi muscolo-scheletrici (principalmente dovuti a una organizzazione del lavoro dominata dallo stress) e le sostanze chimiche, perché in materia il quadro normativo è decisamente superato. Infine, garantire un’equa protezione a tutti i lavoratori significa fare qualcosa anche per quei lavoratori che non godono di sicurezza alcuna sul lavoro. Il dilagare del modello “assumi e licenzia” esige un pedaggio elevato in termini di salute in tutta Europa. Le disposizioni comunitarie vigenti non sono in grado di affrontare il problema. Il diritto dei lavoratori alla rappresentanza collettiva, garantita dalla direttiva quadro del 1989, è un altro punto centrale. Molti lavoratori, soprattutto quelli in affitto e quelli occupati nelle pmi, sono esclusi dalla direttiva. Negli anni a venire sia la salute sul lavoro che l’ambiente costituiranno delle sfide importanti: l’Europa del post-allargamento sarà in grado di diventare qualcosa di più di un grande mercato governato da una concorrenza aggressiva cui subordinare la salute dei lavoratori? Oppure si riuscirà a realizzare un’Europa sociale, capace di migliorare la qualità delle condizioni di vita di lavoro?
(www.rassegna.it, il Mese di Rassegna sindacale, luglio 2006)
Categorie: sicurezza salute dati lavoro europa commissione_europea dati precari rischi incidenti assenza infortuni luglio2006
18.7.06
I precari e il 3 + 2
Le riforma del 3+2 vista dai precari dell'universita'
Il 3+2 e la precarietà
L'università a contratto
Le riforme dell'università che si sono susseguite negli anni 90 e concluse con la riforma del 3+2, sono strettamente legate alla questione della precarietà, che negli stessi anni è esplosa fino a diventare tematica di rilevanza nazionale. Il "3+2" e l'autonomia universitaria, infatti, hanno espanso a dismisura il lavoro atipico negli atenei. Dei circa 55000 precari che popolano a vario titolo le aule e i laboratori universitari (assegnisti, borsisti, co.co.co. etc), oltre 40000 [1] sono docenti a contratto, personale precario che per poche centinaia di euro è incaricato dei moduli di insegnamento o di tutoraggio. I "contrattisti" erano stati introdotti dall'allora sinistra di governo come un arricchimento della didattica. Alcuni professionisti con competenze sviluppate al di fuori dell'università avrebbero potuto trasmettere agli studenti la propria esperienza acquisita sul campo, pur senza un rapporto stabile con l'accademia.
Invece, i contratti di docenza sono stati utilizzati per sorreggere la frammentazione e la moltiplicazione dei corsi ormai trimestralizzati, con la conseguente dequalificazione della didattica impartita a studenti che in un anno di università possono arrivare a sostenere anche 15 esami. Non potrebbe essere altrimenti, visto che l'estrema precarietà dei contrattisti li obbliga a interpretare la vita accademica in maniera intermittente e superficiale e a sacrificare la necessaria preparazione alla didattica alla ricerca di altri rapporti di lavoro, altrettanto saltuari, esterni all'università, grazie ai quali sbarcare il lunario.
Università nuova. Anzi, più vecchia di prima
Ma le riforme dell'università hanno avuto forti implicazione sulla precarietà dilagante nel mondo del lavoro anche al di fuori dei campus. Il 3+2, sostanzialmente, ha riorganizzato la didattica in modo da fornire nei primi tre anni competenze specializzate immediatamente spendibili sul mondo del lavoro. La formazione teorica, più approfondita, rimane invece appannaggio di chi persegue la laurea quinquennale. Questa impostazione della didattica, avviata a livello europeo con il "processo di Bologna" con il beneplacito degli organismi economici sovranazionali (FMI e WTO, interessati a fare della formazione un mercato globale, piuttosto che un servizio pubblico efficiente), produce laureati triennali meno preparati, dunque con minori aspettative salariali, ma che possono essere assorbiti più facilmente dalle imprese. Finalmente, hanno pensato in molti, un'università "utile".
Con le riforme di fine secolo, infatti, le università sono divenute istituti di mediazione tra la domanda e l'offerta di lavoro. Invece di consentire a un numero più ampio possibile di persone di accedere all'istruzione di livello elevato garantito dalle università, agli atenei si è chiesto di preparare la forza lavoro di domani in funzione delle esigenze del mercato. Non a caso, proprio questo parametro determina oggi (tra gli altri) l'attribuzione dei fondi ministeriali alle università [2]. Si trattava di un discorso
convincente, in un paese ad alto tasso di disoccupazione (oltre il 10% negli anni 90) e a forte tasso di abbandono universitario soprattutto tra gli studenti meno abbienti. Condita con un'abbondanza di "nuovismi" e "anglismi", la riforma corrisponde tuttavia ad una rappresentazione sorpassata della realtà lavorativa di oggi.
Nella fase attuale, che ha abbandonato le rigidità "fordiste" della produzione e dei diritti sociali dell'era industriale per accedere alla società "liquida" [3] della conoscenza e dei servizi, anche lo statuto dei saperi muta. Chi fa il suo ingresso nel mondo del lavoro adesso, si avvia ad un percorso accidentato in cui gli verrà chiesto di continuare a studiare e di apprendere nuovi linguaggi produttivi, soprattutto per il ruolo centrale giocato dalla comunicazione nel coordinare la produzione, durante tutta l'esistenza. Mentre nel fordismo la preparazione culturale iniziale garantiva un posizionamento sociale più elevato dal primo impiego alla pensione, dunque, la specializzazione superficiale messa al centro dal 3+2 si rivela uno strumento di auto-promozione sociale molto più debole. Le competenze acquisite all'università divengono obsolete rapidamente, e rendono difficile orientarsi e riciclarsi tra le professioni con la rapidità e la flessibilità oggi richieste.
Piuttosto, è ormai riconosciuto che proprio una solida preparazione di base consente di muoversi con autonomia nella babele dei lavori di oggi, in cui la capacità di inserirsi rapidamente in un contesto nuovo, di imparare, di auto-aggiornarsi è decisiva. Solo una base culturale sufficientemente generale (le scienze, certo, ma anche la Storia, l'Economia, la Logica [4]) e approfondita consente di "leggere" i mutamenti sociali che circondano l'individuo e di adattarvisi per tempo.
Questa risorsa, tanto più necessaria quanto più basso è il livello di qualificazione lavorativa, è ora riservata solo all'elite che continua a studiare anche oltre i facili diplomi regalati dal 3+2, che garantiscono solo precarietà. Un istituto culturale che non garantisce più promozione sociale, come l'attuale università, perde anche di legittimazione presso la cittadinanza, che ovviamente se ne disinteressa: come stupirsi, dunque, che persino le riforme del governo Berlusconi non abbiano generato una mobilitazione generale a difesa della scuola e dell'università?
Saperi a misura di precario
Questa impostazione appare tanto più antiquata quando si osservi il sistema produttivo italiano. Della società della conoscenza, infatti, l'Italia conosce per il momento solo l'estrema flessibilità del lavoro. Per il resto, la classe imprenditoriale italiana difende il proprio profitto abbattendo i costi e sfuggendo alla concorrenza piuttosto che attraverso l'innovazione. Diffondendo una cultura di base più elevata a fasce più larghe della popolazione, si rafforzerebbe la selezione di consumi a più alto tasso di innovazione, di beni immateriali, di servizi di livello più elevato, generando un salutare circolo virtuoso anche nella classe imprenditoriale. Paradossalmente, la filosofia che soggiace alle riforme recenti sembra essere opposta: un sistema produttivo vecchio e chiuso modella gli istituti pubblici di istruzione (l'università, ma soprattutto la scuola) a sua immagine e somiglianza, livellandoli verso il basso. Ne azzera così il ruolo di promozione sociale loro assegnato dalla Costituzione, la quale, secondo gli ultimi sondaggi, gode ancora di un certo credito [5].
Note
[1] Dati MIUR 2004/05 http://www.miur.it/scripts/PERS/vPERS3.asp
[2] Comitato Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario, http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11146
[3] Z. Bauman, "Vita liquida", Ed. Laterza (2006)
[4] Si legga, per un istruttivo quanto "informale" dibattito,
http://vittoriozambardino.blog.kataweb.it/scene_digitali/2006/07/ragazzi_miei_sc.html
[5] http://referendum.interno.it/ind_ref.htm
Categorie: precari università ricerca 3+2 cococo collaborazioni contrattisti luglio2006 andu rnrp ricercatori_precari precat roma
Il 3+2 e la precarietà
L'università a contratto
Le riforme dell'università che si sono susseguite negli anni 90 e concluse con la riforma del 3+2, sono strettamente legate alla questione della precarietà, che negli stessi anni è esplosa fino a diventare tematica di rilevanza nazionale. Il "3+2" e l'autonomia universitaria, infatti, hanno espanso a dismisura il lavoro atipico negli atenei. Dei circa 55000 precari che popolano a vario titolo le aule e i laboratori universitari (assegnisti, borsisti, co.co.co. etc), oltre 40000 [1] sono docenti a contratto, personale precario che per poche centinaia di euro è incaricato dei moduli di insegnamento o di tutoraggio. I "contrattisti" erano stati introdotti dall'allora sinistra di governo come un arricchimento della didattica. Alcuni professionisti con competenze sviluppate al di fuori dell'università avrebbero potuto trasmettere agli studenti la propria esperienza acquisita sul campo, pur senza un rapporto stabile con l'accademia.
Invece, i contratti di docenza sono stati utilizzati per sorreggere la frammentazione e la moltiplicazione dei corsi ormai trimestralizzati, con la conseguente dequalificazione della didattica impartita a studenti che in un anno di università possono arrivare a sostenere anche 15 esami. Non potrebbe essere altrimenti, visto che l'estrema precarietà dei contrattisti li obbliga a interpretare la vita accademica in maniera intermittente e superficiale e a sacrificare la necessaria preparazione alla didattica alla ricerca di altri rapporti di lavoro, altrettanto saltuari, esterni all'università, grazie ai quali sbarcare il lunario.
Università nuova. Anzi, più vecchia di prima
Ma le riforme dell'università hanno avuto forti implicazione sulla precarietà dilagante nel mondo del lavoro anche al di fuori dei campus. Il 3+2, sostanzialmente, ha riorganizzato la didattica in modo da fornire nei primi tre anni competenze specializzate immediatamente spendibili sul mondo del lavoro. La formazione teorica, più approfondita, rimane invece appannaggio di chi persegue la laurea quinquennale. Questa impostazione della didattica, avviata a livello europeo con il "processo di Bologna" con il beneplacito degli organismi economici sovranazionali (FMI e WTO, interessati a fare della formazione un mercato globale, piuttosto che un servizio pubblico efficiente), produce laureati triennali meno preparati, dunque con minori aspettative salariali, ma che possono essere assorbiti più facilmente dalle imprese. Finalmente, hanno pensato in molti, un'università "utile".
Con le riforme di fine secolo, infatti, le università sono divenute istituti di mediazione tra la domanda e l'offerta di lavoro. Invece di consentire a un numero più ampio possibile di persone di accedere all'istruzione di livello elevato garantito dalle università, agli atenei si è chiesto di preparare la forza lavoro di domani in funzione delle esigenze del mercato. Non a caso, proprio questo parametro determina oggi (tra gli altri) l'attribuzione dei fondi ministeriali alle università [2]. Si trattava di un discorso
convincente, in un paese ad alto tasso di disoccupazione (oltre il 10% negli anni 90) e a forte tasso di abbandono universitario soprattutto tra gli studenti meno abbienti. Condita con un'abbondanza di "nuovismi" e "anglismi", la riforma corrisponde tuttavia ad una rappresentazione sorpassata della realtà lavorativa di oggi.
Nella fase attuale, che ha abbandonato le rigidità "fordiste" della produzione e dei diritti sociali dell'era industriale per accedere alla società "liquida" [3] della conoscenza e dei servizi, anche lo statuto dei saperi muta. Chi fa il suo ingresso nel mondo del lavoro adesso, si avvia ad un percorso accidentato in cui gli verrà chiesto di continuare a studiare e di apprendere nuovi linguaggi produttivi, soprattutto per il ruolo centrale giocato dalla comunicazione nel coordinare la produzione, durante tutta l'esistenza. Mentre nel fordismo la preparazione culturale iniziale garantiva un posizionamento sociale più elevato dal primo impiego alla pensione, dunque, la specializzazione superficiale messa al centro dal 3+2 si rivela uno strumento di auto-promozione sociale molto più debole. Le competenze acquisite all'università divengono obsolete rapidamente, e rendono difficile orientarsi e riciclarsi tra le professioni con la rapidità e la flessibilità oggi richieste.
Piuttosto, è ormai riconosciuto che proprio una solida preparazione di base consente di muoversi con autonomia nella babele dei lavori di oggi, in cui la capacità di inserirsi rapidamente in un contesto nuovo, di imparare, di auto-aggiornarsi è decisiva. Solo una base culturale sufficientemente generale (le scienze, certo, ma anche la Storia, l'Economia, la Logica [4]) e approfondita consente di "leggere" i mutamenti sociali che circondano l'individuo e di adattarvisi per tempo.
Questa risorsa, tanto più necessaria quanto più basso è il livello di qualificazione lavorativa, è ora riservata solo all'elite che continua a studiare anche oltre i facili diplomi regalati dal 3+2, che garantiscono solo precarietà. Un istituto culturale che non garantisce più promozione sociale, come l'attuale università, perde anche di legittimazione presso la cittadinanza, che ovviamente se ne disinteressa: come stupirsi, dunque, che persino le riforme del governo Berlusconi non abbiano generato una mobilitazione generale a difesa della scuola e dell'università?
Saperi a misura di precario
Questa impostazione appare tanto più antiquata quando si osservi il sistema produttivo italiano. Della società della conoscenza, infatti, l'Italia conosce per il momento solo l'estrema flessibilità del lavoro. Per il resto, la classe imprenditoriale italiana difende il proprio profitto abbattendo i costi e sfuggendo alla concorrenza piuttosto che attraverso l'innovazione. Diffondendo una cultura di base più elevata a fasce più larghe della popolazione, si rafforzerebbe la selezione di consumi a più alto tasso di innovazione, di beni immateriali, di servizi di livello più elevato, generando un salutare circolo virtuoso anche nella classe imprenditoriale. Paradossalmente, la filosofia che soggiace alle riforme recenti sembra essere opposta: un sistema produttivo vecchio e chiuso modella gli istituti pubblici di istruzione (l'università, ma soprattutto la scuola) a sua immagine e somiglianza, livellandoli verso il basso. Ne azzera così il ruolo di promozione sociale loro assegnato dalla Costituzione, la quale, secondo gli ultimi sondaggi, gode ancora di un certo credito [5].
Note
[1] Dati MIUR 2004/05 http://www.miur.it/scripts/PERS/vPERS3.asp
[2] Comitato Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario, http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11146
[3] Z. Bauman, "Vita liquida", Ed. Laterza (2006)
[4] Si legga, per un istruttivo quanto "informale" dibattito,
http://vittoriozambardino.blog.kataweb.it/scene_digitali/2006/07/ragazzi_miei_sc.html
[5] http://referendum.interno.it/ind_ref.htm
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Siamo tutti lavoratori scontenti
Un nuovo tipo di sfruttamento, subdolamente diverso dallo sfruttamento economico di una volta, si è fermamente radicato in Europa. Riconoscerlo è il primo passo per combatterlo. Lo sfruttamento psicoeconomico, meno visibile dello sfruttamento materiale di una volta, ci opprime mentalmente prima che fisicamente.
Siamo tutti lavoratori scontenti
Un nuovo tipo di sfruttamento, subdolamente diverso dallo sfruttamento economico di una volta, si è fermamente radicato in Europa.
Riconoscerlo è il primo passo per combatterlo. Lo sfruttamento psicoeconomico, meno visibile dello sfruttamento materiale di una volta, ci opprime mentalmente prima che fisicamente, costringendoci ad una vita di sacrifici non riconosciuti socialmente, una vita nella quale la nostra creatività e le nostre capacità sono frustrate da un sistema sociale dove l'unico valore è il profitto immediato, dove il valore del lavoro, fondamento della nostra Repubblica, è sostituito dal valore del denaro.
Siamo abituati a considerare sfruttati coloro che, pur lavorando duramente, non possono godere dei frutti del proprio lavoro, le persone costrette agli stenti pur lavorando onestamente. In un certo periodo della storia italiana questa classe sociale sembrava essersi estinta, sostituita da un benessere diffuso e di livello accettabile, seppure non ottimale.
Oggi gli sfruttati sono di nuovo la categoria prevalente, con l'aggiunta di un nuovo genere di individui, anche loro sfruttati, che non si rendono conto di esserlo, ma soffrono per la loro condizione.
Le statistiche affermano che, alla quarta settimana del mese, i consumi diminuiscono. Indovinate un po' perché?
Eppure molti di noi avrebbero idee per risolvere la crisi, molti di noi avrebbero la competenza per risolvere i problemi dei più poveri. La creatività italiana è sempre stata apprezzata in tutto il mondo, ma gli italiani che la possiedono non sono in grado di far prevalere le loro idee, le loro soluzioni, per risolvere il problema assillante della libertà dai bisogni materiali, della sopravvivenza fisica in una società moderna. Non solo questo, le persone capaci e competenti non sono oggi in condizione di partecipare, proponendo le loro idee, al governo della società, o semplicemente non sono in condizione di essere ascoltati dai loro rappresentanti politici.
Lo schema è sempre quello, da un lato lo sfruttatore, che decide ogni cosa sulla testa degli altri, e dall'altro lo sfruttato, che può solo obbedire e lavorare.
Tutti noi, capaci di decidere e di proporre nel nostro ambito lavorativo, sociale ed economico, siamo trattati come puri esecutori, senza possibilità di prendere decisioni nel posto di lavoro e nel luogo dove viviamo.
Tutti noi possiamo testimoniare la nascita di una nuova classe sociale, la classe dei lavoratori che non hanno diritto ad esprimere la propria opinione, che devono lavorare e tacere.
Lo sfruttamento psichico ci distrugge l'anima, rendendoci simili ad oggetti nelle mani di chi decide sulle nostre teste. Non a caso ci chiamano "risorse umane", usando il termine risorse che prima era usato soltanto per gli attrezzi e i materiali. Il precariato, la minaccia di perdere il posto di lavoro senza possibilità di trovarne un altro, ci costringe al silenzio, e questo silenzio dà ancora più potere a chi ci tiene sotto i suoi piedi.
I nuovi sfruttati, costretti ad obbedire senza potersi esprimere, costituiscono la classe sociale dei lavoratori scontenti, che a causa della precarietà del loro posto di lavoro devono lavorare senza nessuna possibilità di esprimere ed usare le loro competenze per migliorare la propria condizione e la condizione della loro comunità.
Non importa se sono lavoratori manuali o intellettuali, lo sfruttamento consiste nel considerarli come delle pure risorse materiali, nel tenerli in un continuo stato di sottomissione, sotto la minaccia della precarietà del posto di lavoro.
Anche nei partiti troviamo una situazione simile, dove le possibilità di scelta sono in pratica nulle. Un leader o un gruppo di leader decide su tutte le attività interne ed esterne del partito, senza possibilità, per gli iscritti, di influire sulle decisioni politiche. Una dinamica simile, forse anche più accentuata, è presente pure nei movimenti e gruppi che apparentemente sono alternativi, dove a contare sono solamente i pochi che guidano il movimento.
C'è, nei partiti e nella maggior parte dei movimenti, uno sforzo continuo per soffocare qualunque idea non rientri negli schemi predisposti, qualunque idea possa portare innovazione e cambiamento. Chiunque abbia simpatizzato per un partito o per uno dei principali movimenti può testimoniare questa voglia di tenere tutto entro schemi prefissati, soffocando le proposte che non sono già state decise da un leader.
Noi che pur avendo da mangiare e da vestirci non contiamo niente, noi che siamo trattati come puri esecutori manuali anche quando abbiamo le capacità di creare, scegliere e decidere, noi, i nuovi lavoratori scontenti, dobbiamo lottare per la nostra libertà. La libertà dai bisogni materiali, ma anche la libertà di partecipare alle decisioni economiche, politiche e sociali, la libertà dalla tensione continua che ci toglie la dignità di esseri umani, la libertà dal predominio di chi considera l'ambiente una risorsa da sfruttare per i propri guadagni invece che una proprietà comune degli esseri viventi, la libertà di dire basta alla prevalenza dei disonesti, la libertà di sentirci puliti in un mondo pulito.
E' arrivato il momento, per noi, che siamo considerati pecore da guidare e da mungere, di riprendere il nostro posto nella società, di decidere ed agire insieme, di scegliere e guidare i nostri leader.
Siete pronti ad iniziare un nuovo capitolo della storia? I vecchi leader e i loro sostenitori sono preoccupati, urlano la loro paura, mascherandola con atteggiamenti aggressivi, accusandosi l'un l'altro dei disastri che hanno provocato insieme, costruendo per molti decenni un sistema basato sull'accentramento del potere economico. Nessuno di loro è innocente, chi ha sostenuto il grande capitalismo insieme a chi ha sostenuto il capitalismo di stato.
Una nuova onda di pensiero sta emergendo, libera e inarrestabile, uno tsunami sociale che cambierà il modo di gestire l'economia e la politica: i dittatori dell'economia dovranno cedere il loro potere, e noi vigileremo perché gli sfruttatori non divengano sfruttati. Noi, i lavoratori scontenti, saremo i protagonisti di una nuova era di prosperità e di pace che sarà frutto del nostro lavoro.
www.unmondopossibile.net/articolo/art0345.htm
Categorie: lavoratori scontenti salari quarta_settimana capitalismo pace filosofia luglio2006
Siamo tutti lavoratori scontenti
Un nuovo tipo di sfruttamento, subdolamente diverso dallo sfruttamento economico di una volta, si è fermamente radicato in Europa.
Riconoscerlo è il primo passo per combatterlo. Lo sfruttamento psicoeconomico, meno visibile dello sfruttamento materiale di una volta, ci opprime mentalmente prima che fisicamente, costringendoci ad una vita di sacrifici non riconosciuti socialmente, una vita nella quale la nostra creatività e le nostre capacità sono frustrate da un sistema sociale dove l'unico valore è il profitto immediato, dove il valore del lavoro, fondamento della nostra Repubblica, è sostituito dal valore del denaro.
Siamo abituati a considerare sfruttati coloro che, pur lavorando duramente, non possono godere dei frutti del proprio lavoro, le persone costrette agli stenti pur lavorando onestamente. In un certo periodo della storia italiana questa classe sociale sembrava essersi estinta, sostituita da un benessere diffuso e di livello accettabile, seppure non ottimale.
Oggi gli sfruttati sono di nuovo la categoria prevalente, con l'aggiunta di un nuovo genere di individui, anche loro sfruttati, che non si rendono conto di esserlo, ma soffrono per la loro condizione.
Le statistiche affermano che, alla quarta settimana del mese, i consumi diminuiscono. Indovinate un po' perché?
Eppure molti di noi avrebbero idee per risolvere la crisi, molti di noi avrebbero la competenza per risolvere i problemi dei più poveri. La creatività italiana è sempre stata apprezzata in tutto il mondo, ma gli italiani che la possiedono non sono in grado di far prevalere le loro idee, le loro soluzioni, per risolvere il problema assillante della libertà dai bisogni materiali, della sopravvivenza fisica in una società moderna. Non solo questo, le persone capaci e competenti non sono oggi in condizione di partecipare, proponendo le loro idee, al governo della società, o semplicemente non sono in condizione di essere ascoltati dai loro rappresentanti politici.
Lo schema è sempre quello, da un lato lo sfruttatore, che decide ogni cosa sulla testa degli altri, e dall'altro lo sfruttato, che può solo obbedire e lavorare.
Tutti noi, capaci di decidere e di proporre nel nostro ambito lavorativo, sociale ed economico, siamo trattati come puri esecutori, senza possibilità di prendere decisioni nel posto di lavoro e nel luogo dove viviamo.
Tutti noi possiamo testimoniare la nascita di una nuova classe sociale, la classe dei lavoratori che non hanno diritto ad esprimere la propria opinione, che devono lavorare e tacere.
Lo sfruttamento psichico ci distrugge l'anima, rendendoci simili ad oggetti nelle mani di chi decide sulle nostre teste. Non a caso ci chiamano "risorse umane", usando il termine risorse che prima era usato soltanto per gli attrezzi e i materiali. Il precariato, la minaccia di perdere il posto di lavoro senza possibilità di trovarne un altro, ci costringe al silenzio, e questo silenzio dà ancora più potere a chi ci tiene sotto i suoi piedi.
I nuovi sfruttati, costretti ad obbedire senza potersi esprimere, costituiscono la classe sociale dei lavoratori scontenti, che a causa della precarietà del loro posto di lavoro devono lavorare senza nessuna possibilità di esprimere ed usare le loro competenze per migliorare la propria condizione e la condizione della loro comunità.
Non importa se sono lavoratori manuali o intellettuali, lo sfruttamento consiste nel considerarli come delle pure risorse materiali, nel tenerli in un continuo stato di sottomissione, sotto la minaccia della precarietà del posto di lavoro.
Anche nei partiti troviamo una situazione simile, dove le possibilità di scelta sono in pratica nulle. Un leader o un gruppo di leader decide su tutte le attività interne ed esterne del partito, senza possibilità, per gli iscritti, di influire sulle decisioni politiche. Una dinamica simile, forse anche più accentuata, è presente pure nei movimenti e gruppi che apparentemente sono alternativi, dove a contare sono solamente i pochi che guidano il movimento.
C'è, nei partiti e nella maggior parte dei movimenti, uno sforzo continuo per soffocare qualunque idea non rientri negli schemi predisposti, qualunque idea possa portare innovazione e cambiamento. Chiunque abbia simpatizzato per un partito o per uno dei principali movimenti può testimoniare questa voglia di tenere tutto entro schemi prefissati, soffocando le proposte che non sono già state decise da un leader.
Noi che pur avendo da mangiare e da vestirci non contiamo niente, noi che siamo trattati come puri esecutori manuali anche quando abbiamo le capacità di creare, scegliere e decidere, noi, i nuovi lavoratori scontenti, dobbiamo lottare per la nostra libertà. La libertà dai bisogni materiali, ma anche la libertà di partecipare alle decisioni economiche, politiche e sociali, la libertà dalla tensione continua che ci toglie la dignità di esseri umani, la libertà dal predominio di chi considera l'ambiente una risorsa da sfruttare per i propri guadagni invece che una proprietà comune degli esseri viventi, la libertà di dire basta alla prevalenza dei disonesti, la libertà di sentirci puliti in un mondo pulito.
E' arrivato il momento, per noi, che siamo considerati pecore da guidare e da mungere, di riprendere il nostro posto nella società, di decidere ed agire insieme, di scegliere e guidare i nostri leader.
Siete pronti ad iniziare un nuovo capitolo della storia? I vecchi leader e i loro sostenitori sono preoccupati, urlano la loro paura, mascherandola con atteggiamenti aggressivi, accusandosi l'un l'altro dei disastri che hanno provocato insieme, costruendo per molti decenni un sistema basato sull'accentramento del potere economico. Nessuno di loro è innocente, chi ha sostenuto il grande capitalismo insieme a chi ha sostenuto il capitalismo di stato.
Una nuova onda di pensiero sta emergendo, libera e inarrestabile, uno tsunami sociale che cambierà il modo di gestire l'economia e la politica: i dittatori dell'economia dovranno cedere il loro potere, e noi vigileremo perché gli sfruttatori non divengano sfruttati. Noi, i lavoratori scontenti, saremo i protagonisti di una nuova era di prosperità e di pace che sarà frutto del nostro lavoro.
www.unmondopossibile.net/articolo/art0345.htm
Categorie: lavoratori scontenti salari quarta_settimana capitalismo pace filosofia luglio2006
Occupazione 2006: cercasi diplomati a tempo determinato
99mila è il numero di posti di lavoro previsti per il 2006. Perlopiù nelle piccole imprese e a tempo determinato. Bene il settore edile e quello turistico. Male moda e chimico
Cresce, di poco, l'occupazione in Italia. 99 mila posti di lavoro, poco più rispetto all'anno scorso (erano 92mila). Laureati, ma soprattutto diplomati. I contratti a tempo determinato, per lo più nei servizi, guadagnano terreno su quelli a tempo indeterminato, per la prima volta meno della metà (46,3%). I contratti a progetto continuano a non piacere, per i troppi vincoli previsti dalla legge Biagi.
Sono i dati diffusi da Excelsior, il sistema informativo realizzato da Unioncamere e Ministero del Lavoro.
12 luglio 2006
continua
Categorie: piccole_imprese tempo_determinato edilizia edili turismo moda chimica occupati diplomati legge30 excelsior unioncamere dati luglio2006 ministero_del_lavoro
Cresce, di poco, l'occupazione in Italia. 99 mila posti di lavoro, poco più rispetto all'anno scorso (erano 92mila). Laureati, ma soprattutto diplomati. I contratti a tempo determinato, per lo più nei servizi, guadagnano terreno su quelli a tempo indeterminato, per la prima volta meno della metà (46,3%). I contratti a progetto continuano a non piacere, per i troppi vincoli previsti dalla legge Biagi.
Sono i dati diffusi da Excelsior, il sistema informativo realizzato da Unioncamere e Ministero del Lavoro.
12 luglio 2006
continua
Categorie: piccole_imprese tempo_determinato edilizia edili turismo moda chimica occupati diplomati legge30 excelsior unioncamere dati luglio2006 ministero_del_lavoro
17.7.06
Precari: un prestito fino a 200 mila euro
ANCHE Banca Intesa offre Mutuo Atipico, dedicato ai lavoratori con contratto a tempo determinato, i cosiddetti ‘atipici’, per l’acquisto della prima casa, che possono ricevere fino a 200mila euro.
Questo tipo di lavoratori può avere la necessità di interrompere temporaneamente il pagamento delle rate a causa della sospensione del rapporto di lavoro.
Il mutuo offre quindi, non solo la possibilità di interrompere per sei mesi il pagamento delle rate, ma anche il subentro di un’assicurazione che provvede al pagamento al posto del cliente per altri due periodi di sei mesi ciascuno.
Condizione di accesso: aver lavorato almeno 12 mesi negli ultimi 18. Non è prevista alcuna commissione per l’incasso delle rate e per l’estinzione anticipata totale o parziale del mutuo.
SERGIO GOVERNALE
(Metro 17 luglio 2006)
Categorie: metro luglio2006 banca_intesa mutui precari atipici
Questo tipo di lavoratori può avere la necessità di interrompere temporaneamente il pagamento delle rate a causa della sospensione del rapporto di lavoro.
Il mutuo offre quindi, non solo la possibilità di interrompere per sei mesi il pagamento delle rate, ma anche il subentro di un’assicurazione che provvede al pagamento al posto del cliente per altri due periodi di sei mesi ciascuno.
Condizione di accesso: aver lavorato almeno 12 mesi negli ultimi 18. Non è prevista alcuna commissione per l’incasso delle rate e per l’estinzione anticipata totale o parziale del mutuo.
SERGIO GOVERNALE
(Metro 17 luglio 2006)
Categorie: metro luglio2006 banca_intesa mutui precari atipici
Documento finale assemblea nazionale contro la precarietà
Assemblea nazionale contro la precarietà Roma teatro Brancaccio
Documento finale - assemblea 8 luglio 2006, Roma
L'assemblea promossa dalla campagna Stop precarietà, ora!, svoltasi sabato 8 luglio a Roma, dà l'avvio a un percorso di confronto e mobilitazione che sfocerà in una grande manifestazione nazionale a Roma entro la fine di ottobre 2006 sulla base dell'appello che ha convocato l'assemblea, appello che definisce i primi punti di una piattaforma sociale complessiva.
È necessario conquistare un profondo cambiamento nella legislazione, che parta dall'abrogazione della legge 30, della Bossi-Fini, delle leggi Moratti.
Occorre conquistare una nuova politica economica sociale e per questo l'assemblea esprime un giudizio nettamente negativo sull'impostazione data dal governo al Dpef, che sceglie di tagliare la spesa pubblica e quella sociale.
La preparazione della manifestazione nazionale si svolgerà anche attraverso assemblee e incontri diffusi sul territorio, nei quali verranno approfonditi e articolati i punti fondamentali della piattaforma. Contemporaneamente si svilupperà sia la mobilitazione contro la precarietà sia quella contro la Finanziaria del governo se verrà confermata l'impostazione del Dpef.
L'assemblea esprime pieno sostegno a tutte le lotte in corso per il lavoro, per i diritti, per una vita sicura. La manifestazione nazionale sarà anche un momento di incontro e di sintesi di tutte queste esperienze.
L'assemblea fa appello all'opinione pubblica democratica, ai movimenti, alle organizzazioni politiche e sociali perchè vi sia il massimo appoggio alla piattaforma e alla mobilitazione nazionale che la sostiene.
Roma, 8 luglio 2006
http://www.stoprecarietaora.org
Categorie: assemblea stop_precarietà_ora precari bossi_fini moratti legge30 dpef roma luglio2006 ottobre2006 manifestazione brancaccio
Documento finale - assemblea 8 luglio 2006, Roma
L'assemblea promossa dalla campagna Stop precarietà, ora!, svoltasi sabato 8 luglio a Roma, dà l'avvio a un percorso di confronto e mobilitazione che sfocerà in una grande manifestazione nazionale a Roma entro la fine di ottobre 2006 sulla base dell'appello che ha convocato l'assemblea, appello che definisce i primi punti di una piattaforma sociale complessiva.
È necessario conquistare un profondo cambiamento nella legislazione, che parta dall'abrogazione della legge 30, della Bossi-Fini, delle leggi Moratti.
Occorre conquistare una nuova politica economica sociale e per questo l'assemblea esprime un giudizio nettamente negativo sull'impostazione data dal governo al Dpef, che sceglie di tagliare la spesa pubblica e quella sociale.
La preparazione della manifestazione nazionale si svolgerà anche attraverso assemblee e incontri diffusi sul territorio, nei quali verranno approfonditi e articolati i punti fondamentali della piattaforma. Contemporaneamente si svilupperà sia la mobilitazione contro la precarietà sia quella contro la Finanziaria del governo se verrà confermata l'impostazione del Dpef.
L'assemblea esprime pieno sostegno a tutte le lotte in corso per il lavoro, per i diritti, per una vita sicura. La manifestazione nazionale sarà anche un momento di incontro e di sintesi di tutte queste esperienze.
L'assemblea fa appello all'opinione pubblica democratica, ai movimenti, alle organizzazioni politiche e sociali perchè vi sia il massimo appoggio alla piattaforma e alla mobilitazione nazionale che la sostiene.
Roma, 8 luglio 2006
http://www.stoprecarietaora.org
Categorie: assemblea stop_precarietà_ora precari bossi_fini moratti legge30 dpef roma luglio2006 ottobre2006 manifestazione brancaccio
Damiano: "Della 30 terremo le parti valide"
Il ministro conferma: modifiche a tappe. Il cuneo sarà selettivo. Contratti: distanze tra Fim, Fiom, Uilm e Federmeccanica.
La legge 30 non verrà abrogata, il governo procederà per modifiche a tappe, di cui per il momento si vedono solo i primi passi: cancellare, come da tempo ribadisce il ministro del lavoro Cesare Damiano, il job on call e lo staff leasing, forme quasi per nulla utilizzate dalle aziende. L'intenzione è stata ripetuta dallo stesso ministro in audizione alla Commissione lavoro della Camera, dove Damiano ha spiegato: «Ciò che va della legge 30 lo applicheremo. Ciò che non vale, ed è tanto, lo cancelleremo». Ciò che va, si può arguire, è per esempio quanto contenuto nella recente circolare dei call center, dove si distingue tra cocoprò e lavoratori subordinati proprio in applicazione della legge 30. Come dire: una prima parte della 30 - in salsa governo dell'Unione - è già metabolizzata, e si dispiegherà tra settembre e dicembre prossimo, quando gli ispettori inviati dal ministero dovranno prima «informare» le imprese e poi sanzionare eventuali abusi.
Dall'altro lato, ci spiega il capogruppo di Rifondazione alla commissione lavoro, Augusto Rocchi, «il ministro si è impegnato a inserire nella prossima finanziaria una delega per la modifica generale della legislazione sul lavoro: e non si parla solo della legge 30, ma anche del pacchetto Treu e dei contratti a termine. Ma è chiaramente un processo che prende più tempo». Si conferma dunque l'intenzione dei «due tempi», anche se il secondo è per il momento un impegno privo di contenuti, diciamo pure «fumoso»: non a caso, la settimana scorsa, i movimenti riuniti nell'assemblea «Stop precarietà ora», dalla Fiom alla Fp e Flc Cgil, dai Cobas all'Arci, dal Prc alla sinistra Ds, hanno chiesto un «segnale chiaro», ovvero l'abrogazione della 30 - in modo da dimostrare che si vuole davvero voltare pagina. E si annuncia una manifestazione in ottobre, quanto mai necessaria per pungolare l'approccio super soft scelto dal governo.
Comunque, l'esecutivo vuole agire anche sul cuneo fiscale, e la stessa finanziaria conterrà i 5 punti, con criterio «selettivo»: premierà le imprese solo sullo stock dei tempi indeterminati; per i lavoratori, invece, il premio sarà indirizzato a tutti, non toccando i contributi ma solo la parte fiscale. Sempre con la finanziaria, verrà innalzato al 20% il versamento contributivo dei cocoprò (molto più basso del 33% dei dipendenti, mentre il programma dell'Unione dice che «il lavoro flessibile non deve costare meno dello stabile»). L'inflazione programmata è fissata al 2%, nel decreto liberalizzazioni verrà inserito il «pacchetto sicurezza» sul lavoro, e in finanziaria la delega a scrivere il Testo unico. Il Prc apprezza in fiducia: «Si dimostra la volontà di applicare il programma dell'Unione - dice Rocchi - E' chiaro che alcuni punti, a partire dal Dpef e dalla precarietà, restano aperti e l'apporto delle mobilitazioni previste in ottobre sarà fondamentale».
In mattinata il ministro Damiano aveva partecipato a un convegno di Federmeccanica sul rapporto tra legge e contratto, cui hanno partecipato le imprese e Fim, Fiom, Uilm. A difendere a spada tratta la legge 30, il decreto 66 sugli orari di lavoro e il 368 sui contratti a termine è rimasto solo l'ex sottosegretario Sacconi, mentre Gianni Rinaldini (Fiom), Giorgio Caprioli (Fim) e Tonino Regazzi (Uilm), hanno notato il fallimento delle leggi varate dal governo Berlusconi, in quanto quasi inapplicate nei contratti. Roberto Santarelli, direttore di Federmeccanica, ha ammesso che «di quelle leggi nel contratto dei meccanici non c'è quasi traccia». Colpa di una concertazione fallita da Berlusconi, e che invece Damiano vuole rilanciare: «Il modello del luglio '93 resta una traccia importante». Meno convinto Rinaldini: «Era un vero e proprio patto sociale, fatto in un momento particolare, ma oggi non è riproponibile: si possono fare contratti anche fuori da un patto sociale di quel tipo, lasciando la centralità al piano nazionale, e rafforzando quello aziendale, dove si parla delle condizioni concrete del lavoro». Per Caprioli può essere utile la «decontribuzione degli aumenti del secondo livello, per incentivare la contrattazione». Ha chiuso il presidente di Federmeccanica Massimo Calearo, secondo cui «nell'epoca della globalizzazione non si può dire che il costo del lavoro non sia un problema», chiedendo «flessibilità oraria» e la riduzione del contratto nazionale a una pura «cornice». Ma su questi punti (per fortuna) i sindacati sembrano non sentirci.
Categorie: damiano legge30 luglio2006 cuneo_fiscale fim fiom uilm federmeccanica contratto call_center unione governo
La legge 30 non verrà abrogata, il governo procederà per modifiche a tappe, di cui per il momento si vedono solo i primi passi: cancellare, come da tempo ribadisce il ministro del lavoro Cesare Damiano, il job on call e lo staff leasing, forme quasi per nulla utilizzate dalle aziende. L'intenzione è stata ripetuta dallo stesso ministro in audizione alla Commissione lavoro della Camera, dove Damiano ha spiegato: «Ciò che va della legge 30 lo applicheremo. Ciò che non vale, ed è tanto, lo cancelleremo». Ciò che va, si può arguire, è per esempio quanto contenuto nella recente circolare dei call center, dove si distingue tra cocoprò e lavoratori subordinati proprio in applicazione della legge 30. Come dire: una prima parte della 30 - in salsa governo dell'Unione - è già metabolizzata, e si dispiegherà tra settembre e dicembre prossimo, quando gli ispettori inviati dal ministero dovranno prima «informare» le imprese e poi sanzionare eventuali abusi.
Dall'altro lato, ci spiega il capogruppo di Rifondazione alla commissione lavoro, Augusto Rocchi, «il ministro si è impegnato a inserire nella prossima finanziaria una delega per la modifica generale della legislazione sul lavoro: e non si parla solo della legge 30, ma anche del pacchetto Treu e dei contratti a termine. Ma è chiaramente un processo che prende più tempo». Si conferma dunque l'intenzione dei «due tempi», anche se il secondo è per il momento un impegno privo di contenuti, diciamo pure «fumoso»: non a caso, la settimana scorsa, i movimenti riuniti nell'assemblea «Stop precarietà ora», dalla Fiom alla Fp e Flc Cgil, dai Cobas all'Arci, dal Prc alla sinistra Ds, hanno chiesto un «segnale chiaro», ovvero l'abrogazione della 30 - in modo da dimostrare che si vuole davvero voltare pagina. E si annuncia una manifestazione in ottobre, quanto mai necessaria per pungolare l'approccio super soft scelto dal governo.
Comunque, l'esecutivo vuole agire anche sul cuneo fiscale, e la stessa finanziaria conterrà i 5 punti, con criterio «selettivo»: premierà le imprese solo sullo stock dei tempi indeterminati; per i lavoratori, invece, il premio sarà indirizzato a tutti, non toccando i contributi ma solo la parte fiscale. Sempre con la finanziaria, verrà innalzato al 20% il versamento contributivo dei cocoprò (molto più basso del 33% dei dipendenti, mentre il programma dell'Unione dice che «il lavoro flessibile non deve costare meno dello stabile»). L'inflazione programmata è fissata al 2%, nel decreto liberalizzazioni verrà inserito il «pacchetto sicurezza» sul lavoro, e in finanziaria la delega a scrivere il Testo unico. Il Prc apprezza in fiducia: «Si dimostra la volontà di applicare il programma dell'Unione - dice Rocchi - E' chiaro che alcuni punti, a partire dal Dpef e dalla precarietà, restano aperti e l'apporto delle mobilitazioni previste in ottobre sarà fondamentale».
In mattinata il ministro Damiano aveva partecipato a un convegno di Federmeccanica sul rapporto tra legge e contratto, cui hanno partecipato le imprese e Fim, Fiom, Uilm. A difendere a spada tratta la legge 30, il decreto 66 sugli orari di lavoro e il 368 sui contratti a termine è rimasto solo l'ex sottosegretario Sacconi, mentre Gianni Rinaldini (Fiom), Giorgio Caprioli (Fim) e Tonino Regazzi (Uilm), hanno notato il fallimento delle leggi varate dal governo Berlusconi, in quanto quasi inapplicate nei contratti. Roberto Santarelli, direttore di Federmeccanica, ha ammesso che «di quelle leggi nel contratto dei meccanici non c'è quasi traccia». Colpa di una concertazione fallita da Berlusconi, e che invece Damiano vuole rilanciare: «Il modello del luglio '93 resta una traccia importante». Meno convinto Rinaldini: «Era un vero e proprio patto sociale, fatto in un momento particolare, ma oggi non è riproponibile: si possono fare contratti anche fuori da un patto sociale di quel tipo, lasciando la centralità al piano nazionale, e rafforzando quello aziendale, dove si parla delle condizioni concrete del lavoro». Per Caprioli può essere utile la «decontribuzione degli aumenti del secondo livello, per incentivare la contrattazione». Ha chiuso il presidente di Federmeccanica Massimo Calearo, secondo cui «nell'epoca della globalizzazione non si può dire che il costo del lavoro non sia un problema», chiedendo «flessibilità oraria» e la riduzione del contratto nazionale a una pura «cornice». Ma su questi punti (per fortuna) i sindacati sembrano non sentirci.
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Restauratori: il ministro Rutelli è latitante
I LAVORATORI RESTAURATORI ACCUSANO IL MINISTRO DEI BENI CULTURALI FRANCESCO RUTELLI: NON INTERVIENI PER DIFENDERE I NOSTRI DIRITTI!!
Millecinquecento restauratori napoletani, il 90% donne, sono disoccupati o costretti ad operare nella precarietà. il Ministero dei Beni Culturali su pressione di alcune lobby ha deciso di istituire un “albo dei restauratori” al quale possono accedere solo i restauratori diplomati presso l’Istituto Centrale del Restauro di Roma e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, due scuole di “alta formazione” che diplomano solo venti giovani ogni anno, dei quali cinque stranieri. Chi si diPloma in questi istituti praticamente ha un grande “potere contrattuale” in base ai decreti emanati dal Ministero dei Beni Culturali:può diventare imprenditore, essere assunto come direttore dei cantiere, o acquire qualifiche superiori. Il diploma presso queste due scuole “selettive” è stato equiparato come laurea. Una vera e propria discriminazione nei confronti di centinaia di restauratori e restauratrici che hanno acquisito formazione, professionalità nei cantieri o presso scuole altre scuole di formazione statale. Intanto la disoccupazione aumenta nel settore.
“A Napoli vi sono millecinquecento collaboratori restauratori e restauratrici disoccupati o precari – Sono costretti da alcuni imprenditori a stipulare contratti di lavoro fittizi ed elusivi, ad aprirsi la partita iva, a fatturare figurando come lavoratori autonomi ed a subire tutti gli oneri pesantissimi che ne derivano oppure ad essere retribuiti con la ritenuta d’acconto o più semplicemente, con il sistema del lavoro nero e dei contratti del settore commercio. Coloro che lavorano a queste condizioni non conoscono la tredicesima.Non conoscono le ferie, l’indennità di maternità, la cassa edile, i controlli sanitari, il diritto allo studio e alla formazione. Sono costretti a pagarsi tutte le tasse, i contributi Inps, Inail.Il tutto, ovviamente, per una paga oraria miserabile che raramente supera sei euro l’ora”. La carenza normativa e legislativa della figura dei collaboratori restauratori artistici ha fornito un alibi agli imprenditori ed alle soprintendenze per portare avanti progetti e lavori senza mai porsi il problema dei lavoratori, a fronte di un mestiere oltretutto usurante e dannoso per la salute e l’incolumità fisica. Da un campione di 155 schede di rilevamento personale prelevate durante un’assemblea dei collaboratori restauratori napoletani indetta dalla Fillea Cgil emergono i seguenti dati: Il 90% sono donne; l’età dei lavoratori e delle lavoratrici è compresa tra i 19 e i 42 anni; il 17% ha prole;il 15% è laureato;solo il 5% è costituito in consorzi, cooperative;il 70% lavora a Partita Iva, ritenuta d’acconto o al nero per una paga oraria lorda che oscilla tra i 5 ed i 6 euro. Solo il 24% risulta regolarmente assunto, prevalentemente con contratto a tempo determinato, part-time e formazione lavoro, ma in ogni caso con inquadramenti e retribuzioni improprie.
RESTAURO WORKERS - www.collettivorestauratorinapoli.blogspot.com
Categorie: restauro restauratori precari beni_culturali luglio2006 rutelli governo napoli firenze roma
Millecinquecento restauratori napoletani, il 90% donne, sono disoccupati o costretti ad operare nella precarietà. il Ministero dei Beni Culturali su pressione di alcune lobby ha deciso di istituire un “albo dei restauratori” al quale possono accedere solo i restauratori diplomati presso l’Istituto Centrale del Restauro di Roma e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, due scuole di “alta formazione” che diplomano solo venti giovani ogni anno, dei quali cinque stranieri. Chi si diPloma in questi istituti praticamente ha un grande “potere contrattuale” in base ai decreti emanati dal Ministero dei Beni Culturali:può diventare imprenditore, essere assunto come direttore dei cantiere, o acquire qualifiche superiori. Il diploma presso queste due scuole “selettive” è stato equiparato come laurea. Una vera e propria discriminazione nei confronti di centinaia di restauratori e restauratrici che hanno acquisito formazione, professionalità nei cantieri o presso scuole altre scuole di formazione statale. Intanto la disoccupazione aumenta nel settore.
“A Napoli vi sono millecinquecento collaboratori restauratori e restauratrici disoccupati o precari – Sono costretti da alcuni imprenditori a stipulare contratti di lavoro fittizi ed elusivi, ad aprirsi la partita iva, a fatturare figurando come lavoratori autonomi ed a subire tutti gli oneri pesantissimi che ne derivano oppure ad essere retribuiti con la ritenuta d’acconto o più semplicemente, con il sistema del lavoro nero e dei contratti del settore commercio. Coloro che lavorano a queste condizioni non conoscono la tredicesima.Non conoscono le ferie, l’indennità di maternità, la cassa edile, i controlli sanitari, il diritto allo studio e alla formazione. Sono costretti a pagarsi tutte le tasse, i contributi Inps, Inail.Il tutto, ovviamente, per una paga oraria miserabile che raramente supera sei euro l’ora”. La carenza normativa e legislativa della figura dei collaboratori restauratori artistici ha fornito un alibi agli imprenditori ed alle soprintendenze per portare avanti progetti e lavori senza mai porsi il problema dei lavoratori, a fronte di un mestiere oltretutto usurante e dannoso per la salute e l’incolumità fisica. Da un campione di 155 schede di rilevamento personale prelevate durante un’assemblea dei collaboratori restauratori napoletani indetta dalla Fillea Cgil emergono i seguenti dati: Il 90% sono donne; l’età dei lavoratori e delle lavoratrici è compresa tra i 19 e i 42 anni; il 17% ha prole;il 15% è laureato;solo il 5% è costituito in consorzi, cooperative;il 70% lavora a Partita Iva, ritenuta d’acconto o al nero per una paga oraria lorda che oscilla tra i 5 ed i 6 euro. Solo il 24% risulta regolarmente assunto, prevalentemente con contratto a tempo determinato, part-time e formazione lavoro, ma in ogni caso con inquadramenti e retribuzioni improprie.
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Vivere da precario (Il Tempo)
Vivere da precario
«NON abbiamo futuro perché il nostro presente è troppo volatile. La sola possibilità che ci rimane è la gestione del rischio. La trottola degli scenari dell’attimo presente». Scrive Gibson in uno dei suoi ultimi libri (Pattern recognition) centrando in pieno la problematica moderna. Una condizione esistenziale di precarietà e frammentazione con la nostalgia di un’epoca passata in cui la vita si svolgeva intorno a ruoli e comportamenti ben definiti che lasciavano spazio alla costruzione di una identità e alla necessità di programmare il futuro. Tale realtà è completamente scomparsa dai nostri orizzonti. Oggi l’economia rifiuta la routine del tempo indeterminato basandosi invece sul breve termine che respinge le traiettorie definite. Un nuovo modo di concepire la vita e tutto ciò che vi ruota intorno, lavoro compreso. Se sei un lavoratore «atipico», se desideri sposarti o avere figli ma rimandi perché a malapena riesci a pagare l’affitto e le spese personali, se a trent’anni ti senti ancora privo di basi solide su cui costruire la tua identità, benvenuto nel club. Ne fanno parte, secondo dati istat, circa due milioni e mezzo di persone di cui 407 mila lavorano a «progetto». Ecco come si vive senza stipendio fisso e, soprattutto, senza lasciarsi scoraggiare dalla mancanza di punti di riferimento certi. Il problema non è solo economico ma anche e soprattutto sociale. Quello che appare con una forza sorprendente è un sentimento di profonda impotenza di fronte ad una situazione che non permette di costruire alternative. I giovani che vanno avanti a impieghi interinali, contratti a progetto e lavori occasionali sono ogni giorno sempre di più. E non si tratta più di flessibilità ma di precarietà. Il perché di questa inversione di rotta è da ricercarsi nei cambiamenti che hanno caratterizzato gli ultimi decenni. I progressi nel campo dei trasporti e dell’informatica hanno avuto diverse conseguenze: gli imprenditori subiscono la concorrenza di chi produce in zone dove la manodopera costa poco. L’esigenza di flessibilità nascerebbe perciò da questi cambiamenti: affinché le aziende italiane offrano lavoro occorre che questo abbia un costo relativamente basso. A ciò va ad unirsi il fatto che i lavoratori vengono «ricattati» economicamente dai contratti precari e perciò tendono a controllare il proprio operato in maniera assidua e costante. È come dire: «Se faccio tanto e bene magari avrò la possibilità di lavorare ancora e poi magari ottenere un contratto a tempo indeterminato». Che altro non è, appunto, che una sorta di ricatto affinché i lavoratori diano il meglio di sé ogni giorno. Cionostante la legge Biagi ha anche qualche aspetto positivo: essa permette a chi è in cerca della prima occupazione di fare esperienza. A volte, inoltre, queste forme di contratti «atipici» contribuiscono a stanare il lavoro in nero. In alcuni casi, poi, chi entra in una azienda come interinale riesce ad avere un’assunzione. Il fatto è che questa legge e questi strumenti vengono usati in maniera scorretta, e alla fine la «gavetta» sembra essere eterna. Non si hanno garanzie, non esistono diritti e si perde ogni speranza in un futuro migliore. Come si fa a progettare se manca la base da cui partire? Subentrano allora scoraggiamento, angoscia e, nei casi più gravi, depressione. A sentire le confessioni dei giovani che abbiamo incontrato non è difficile capire quanto questa nuova realtà lavorativa crei disagio e malumori. «Arrivo a guadagnare appena 500 euro al mese e ci pago appena le spese per la macchina», confida Claudia. «È davvero terrificante lavorare per 44 ore settimanali e non ruiscire a mettere insieme i soldi necessari per una vacanza» Alessio non è da meno: «Vivo alla giornata, con lavori saltuari e orari assurdi. Il tutto per poter pagare l’affitto, le spese dell’auto e uscire qualche sera a settimana». Serena invece si preoccupa dell’instabilità che la stà portando a rimandare costantemente il matrimonio con il suo Federico: «Lui ha un contratto a progetto, io corro da una azienda all’altra e alla fine sono comunque costretta a chiedere soldi ai miei genitori. È una realtà avvilente che ti condiziona nelle scelte e ti esaspera, perché se non sai se e quanto guadagnerai domani, come fai a fare progetti, a pensare di mettere su famiglia?» Federica, laureata in giurisprudenza e commessa in un negozio confessa di vivere con i genitori contribuendo solo a parte delle spese della gestione familiare: «E come potrei visto che guadagno appena 600 euro e che ho le spese dell’auto?». Ma potremmo ancora raccontare di Luca, Ivano, Roberta, Ilaria, Maurizio... e tanti altri ancora che vivono da precari e che dichiarano tutti lo stesso grande, spaventoso disagio. Insicurezza e incertezza nei discorsi di ognuno di loro. E poi rabbia, angoscia, senso di impotenza. Questa piccola indagine non potrebbe essere completa,però, se non parlassimo anche di quei giovani che della flessibilità hanno trovato aspetti positivi. Alcuni ragazzi hanno sottolineato un fatto molto importante: quello di poter entrare in aziende diverse, imparare e farsi un carico di esperienza elevato. E poi la libertà di poter rifiutare un lavoro, di gestirsi i tempi e gli spazi, di lavorare fuori le mura di un grigio ufficio. Insomma una voce che esce dal coro dei più. Ma qualunque sia la tua idea, il tuo modo di sentire l’argomento, una sola cosa conta: quella di non perderti mai d’animo e di credere nelle tue potenzialità. In un momento in cui la società non è capace di regalarci un futuro certo, l’unica cosa che possiamo fare è inventarcene uno. E allora forza con le idee, con la creatività, lo spazio c’è.
lunedì 17 luglio 2006
Categorie: il_tempo luglio2006 precari gibson atipici affitto
«NON abbiamo futuro perché il nostro presente è troppo volatile. La sola possibilità che ci rimane è la gestione del rischio. La trottola degli scenari dell’attimo presente». Scrive Gibson in uno dei suoi ultimi libri (Pattern recognition) centrando in pieno la problematica moderna. Una condizione esistenziale di precarietà e frammentazione con la nostalgia di un’epoca passata in cui la vita si svolgeva intorno a ruoli e comportamenti ben definiti che lasciavano spazio alla costruzione di una identità e alla necessità di programmare il futuro. Tale realtà è completamente scomparsa dai nostri orizzonti. Oggi l’economia rifiuta la routine del tempo indeterminato basandosi invece sul breve termine che respinge le traiettorie definite. Un nuovo modo di concepire la vita e tutto ciò che vi ruota intorno, lavoro compreso. Se sei un lavoratore «atipico», se desideri sposarti o avere figli ma rimandi perché a malapena riesci a pagare l’affitto e le spese personali, se a trent’anni ti senti ancora privo di basi solide su cui costruire la tua identità, benvenuto nel club. Ne fanno parte, secondo dati istat, circa due milioni e mezzo di persone di cui 407 mila lavorano a «progetto». Ecco come si vive senza stipendio fisso e, soprattutto, senza lasciarsi scoraggiare dalla mancanza di punti di riferimento certi. Il problema non è solo economico ma anche e soprattutto sociale. Quello che appare con una forza sorprendente è un sentimento di profonda impotenza di fronte ad una situazione che non permette di costruire alternative. I giovani che vanno avanti a impieghi interinali, contratti a progetto e lavori occasionali sono ogni giorno sempre di più. E non si tratta più di flessibilità ma di precarietà. Il perché di questa inversione di rotta è da ricercarsi nei cambiamenti che hanno caratterizzato gli ultimi decenni. I progressi nel campo dei trasporti e dell’informatica hanno avuto diverse conseguenze: gli imprenditori subiscono la concorrenza di chi produce in zone dove la manodopera costa poco. L’esigenza di flessibilità nascerebbe perciò da questi cambiamenti: affinché le aziende italiane offrano lavoro occorre che questo abbia un costo relativamente basso. A ciò va ad unirsi il fatto che i lavoratori vengono «ricattati» economicamente dai contratti precari e perciò tendono a controllare il proprio operato in maniera assidua e costante. È come dire: «Se faccio tanto e bene magari avrò la possibilità di lavorare ancora e poi magari ottenere un contratto a tempo indeterminato». Che altro non è, appunto, che una sorta di ricatto affinché i lavoratori diano il meglio di sé ogni giorno. Cionostante la legge Biagi ha anche qualche aspetto positivo: essa permette a chi è in cerca della prima occupazione di fare esperienza. A volte, inoltre, queste forme di contratti «atipici» contribuiscono a stanare il lavoro in nero. In alcuni casi, poi, chi entra in una azienda come interinale riesce ad avere un’assunzione. Il fatto è che questa legge e questi strumenti vengono usati in maniera scorretta, e alla fine la «gavetta» sembra essere eterna. Non si hanno garanzie, non esistono diritti e si perde ogni speranza in un futuro migliore. Come si fa a progettare se manca la base da cui partire? Subentrano allora scoraggiamento, angoscia e, nei casi più gravi, depressione. A sentire le confessioni dei giovani che abbiamo incontrato non è difficile capire quanto questa nuova realtà lavorativa crei disagio e malumori. «Arrivo a guadagnare appena 500 euro al mese e ci pago appena le spese per la macchina», confida Claudia. «È davvero terrificante lavorare per 44 ore settimanali e non ruiscire a mettere insieme i soldi necessari per una vacanza» Alessio non è da meno: «Vivo alla giornata, con lavori saltuari e orari assurdi. Il tutto per poter pagare l’affitto, le spese dell’auto e uscire qualche sera a settimana». Serena invece si preoccupa dell’instabilità che la stà portando a rimandare costantemente il matrimonio con il suo Federico: «Lui ha un contratto a progetto, io corro da una azienda all’altra e alla fine sono comunque costretta a chiedere soldi ai miei genitori. È una realtà avvilente che ti condiziona nelle scelte e ti esaspera, perché se non sai se e quanto guadagnerai domani, come fai a fare progetti, a pensare di mettere su famiglia?» Federica, laureata in giurisprudenza e commessa in un negozio confessa di vivere con i genitori contribuendo solo a parte delle spese della gestione familiare: «E come potrei visto che guadagno appena 600 euro e che ho le spese dell’auto?». Ma potremmo ancora raccontare di Luca, Ivano, Roberta, Ilaria, Maurizio... e tanti altri ancora che vivono da precari e che dichiarano tutti lo stesso grande, spaventoso disagio. Insicurezza e incertezza nei discorsi di ognuno di loro. E poi rabbia, angoscia, senso di impotenza. Questa piccola indagine non potrebbe essere completa,però, se non parlassimo anche di quei giovani che della flessibilità hanno trovato aspetti positivi. Alcuni ragazzi hanno sottolineato un fatto molto importante: quello di poter entrare in aziende diverse, imparare e farsi un carico di esperienza elevato. E poi la libertà di poter rifiutare un lavoro, di gestirsi i tempi e gli spazi, di lavorare fuori le mura di un grigio ufficio. Insomma una voce che esce dal coro dei più. Ma qualunque sia la tua idea, il tuo modo di sentire l’argomento, una sola cosa conta: quella di non perderti mai d’animo e di credere nelle tue potenzialità. In un momento in cui la società non è capace di regalarci un futuro certo, l’unica cosa che possiamo fare è inventarcene uno. E allora forza con le idee, con la creatività, lo spazio c’è.
lunedì 17 luglio 2006
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Arriva il DPEF: ennesimo attacco ai lavoratori pubblici!
Arriva il DPEF: ennesimo attacco ai lavoratori pubblici!
(15 luglio 2006)
La presentazione del Documento di Programmazione Economico e Finanziaria di questi giorni mostra le reali intenzioni del governo di centro sinistra.
Le allarmistiche dichiarazioni dei giorni precedenti del Ministro Padoa Schioppa sui conti pubblici approdano ad una manovra da oltre 35 miliardi di euro, con paventati tagli al pubblico impiego, agli enti locali, alla sanità ed al sistema previdenziale per ben 22 miliardi di euro, e l’ennesimo regalo alle imprese attraverso il cuneo fiscale.
Si fa un gran parlare in questi giorni dell’alto costo del lavoro sopportato dalle imprese, ma cosa sono stati i rinnovi contrattuali al ribasso, la precarizzazione e le esternalizzazioni se non un gigantesco cuneo fiscale regalato alle imprese?
L’accanimento contro la spesa pubblica continua, si vuol far ricadere ancora una volta il risanamento del paese sul lavoro dipendente, in continuità con le finanziarie del governo Berlusconi.
Nessuna inversione di tendenza nel DPEF rispetto alle politiche berlusconiane, nessun accenno alla stabilizzazione degli oltre 300.000 precari pubblici, né alla tanto sbandierata tassazione delle rendite, e neanche alla reintroduzione della tassa di successione. La previsione dell’inflazione programmata al 2%, poi, non permetterà neanche minimamente di recuperare il potere di acquisto dei salari falcidiato in questi anni.
Una finanziaria diversa non può che partire dalla redistribuzione del reddito, dal rilancio del servizio pubblico e dall’immediata stabilizzazione dei precari pubblici.
E’ necessario da subito organizzare una risposta allo smantellamento del servizio pubblico, a partire dal rifiuto della precarietà e della politica dei tagli, analizzando le ragioni per le quali negli ultimi dieci anni il pubblico impiego ha subito contrazioni occupazionali e crescenti carichi di lavoro (sanità e enti locali in primis), con migliaia di lavoratori socialmente utili e atipici che hanno coperto vuoti di organico ricevendo sussidi, senza alcuna copertura previdenziale.
La CGIL che oggi improvvisamente si vorrebbe ergere a paladina della lotta alla precarietà è corresponsabile dell’applicazione sistematica di tipologie contrattuali precarie nei vari contratti nazionali ed anche nel pubblico impiego.
Nessuna iniziativa da parte dei sindacati confederali per una proposta di legge-sanatoria per assumere nell’arco dei prossimi 3/4 anni tutti i precari della pubblica amministrazione, non una parola sui processi di esternalizzazione e sugli appalti che troviamo sempre più presenti nei programmi di mandato dei sindaci di centro sinistra.
E’ possibile cambiare rotta, a partire dal rifiuto del DPEF, ma sono necessarie alcune scelte quali:
la fine della politica dei tagli al personale e del blocco delle assunzioni nel pubblico. Se si vuole discutere di risparmi di spesa si cominci, per esempio, dalla piaga delle consulenze che hanno comportato un costo di 1,2 miliardi di euro solamente nel 2004;
un percorso che permetta la re-internalizzazione dei servizi ceduti ai privati e dei lavoratori esternalizzati, assorbendo nei ruoli delle amministrazioni pubbliche tutto il personale esternalizzato;
un bilancio dei processi di privatizzazione e di aziendalizzazione visto che i costi di questi processi sono stati in molti casi maggiori abbattendo i presunti risparmi solo sulla contrazione del costo del lavoro;
un contratto unico per tutta la PA visto che, tra un ministeriale e un lavoratore di un ente locale con lo stesso profilo professionale, passano anche 200 euro di differenza;
l’assorbimento in ruolo di tutti i precari della PA,
poichè l'utilizzo di tipologie contrattuali precarie contrasta con
l'articolo 97 della Costituzione, (principio del buon andamento della
pubblica amministrazione) ed è particolarmente odioso se ad applicarlo sono amministrazioni pubbliche che dovrebbero farsi garante dei diritti e delle tutele dei lavoratori e dei cittadini e che istituzionalmente forniscono servizi che hanno il carattere della stabilità e della continuatività;
il rilancio del servizio pubblico e il ritorno ad una legislazione del lavoro che ribadisca la centralità del contratto a tempo indeterminato;
la stabilizzazione di tutto il personale Lsu/Lpu e il riconoscimento dei periodi lavorati anche ai fini previdenziali.
Queste sono le basi di partenza di una battaglia complessiva contro i tagli di DPEF e finanziaria e contro la precarietà nella PA che deve incidere sulle scelte di fondo che regolano assunzioni, dotazioni organiche, gestione dei servizi, processi di riorganizzazione.
COBAS Pubblico Impiego
aderente alla Confederazione COBAS
Categorie: dpef pubblico_impiego luglio2006 roma governo pubblica_amministrazione padoa_schioppa cuneo_fiscale cobas
(15 luglio 2006)
La presentazione del Documento di Programmazione Economico e Finanziaria di questi giorni mostra le reali intenzioni del governo di centro sinistra.
Le allarmistiche dichiarazioni dei giorni precedenti del Ministro Padoa Schioppa sui conti pubblici approdano ad una manovra da oltre 35 miliardi di euro, con paventati tagli al pubblico impiego, agli enti locali, alla sanità ed al sistema previdenziale per ben 22 miliardi di euro, e l’ennesimo regalo alle imprese attraverso il cuneo fiscale.
Si fa un gran parlare in questi giorni dell’alto costo del lavoro sopportato dalle imprese, ma cosa sono stati i rinnovi contrattuali al ribasso, la precarizzazione e le esternalizzazioni se non un gigantesco cuneo fiscale regalato alle imprese?
L’accanimento contro la spesa pubblica continua, si vuol far ricadere ancora una volta il risanamento del paese sul lavoro dipendente, in continuità con le finanziarie del governo Berlusconi.
Nessuna inversione di tendenza nel DPEF rispetto alle politiche berlusconiane, nessun accenno alla stabilizzazione degli oltre 300.000 precari pubblici, né alla tanto sbandierata tassazione delle rendite, e neanche alla reintroduzione della tassa di successione. La previsione dell’inflazione programmata al 2%, poi, non permetterà neanche minimamente di recuperare il potere di acquisto dei salari falcidiato in questi anni.
Una finanziaria diversa non può che partire dalla redistribuzione del reddito, dal rilancio del servizio pubblico e dall’immediata stabilizzazione dei precari pubblici.
E’ necessario da subito organizzare una risposta allo smantellamento del servizio pubblico, a partire dal rifiuto della precarietà e della politica dei tagli, analizzando le ragioni per le quali negli ultimi dieci anni il pubblico impiego ha subito contrazioni occupazionali e crescenti carichi di lavoro (sanità e enti locali in primis), con migliaia di lavoratori socialmente utili e atipici che hanno coperto vuoti di organico ricevendo sussidi, senza alcuna copertura previdenziale.
La CGIL che oggi improvvisamente si vorrebbe ergere a paladina della lotta alla precarietà è corresponsabile dell’applicazione sistematica di tipologie contrattuali precarie nei vari contratti nazionali ed anche nel pubblico impiego.
Nessuna iniziativa da parte dei sindacati confederali per una proposta di legge-sanatoria per assumere nell’arco dei prossimi 3/4 anni tutti i precari della pubblica amministrazione, non una parola sui processi di esternalizzazione e sugli appalti che troviamo sempre più presenti nei programmi di mandato dei sindaci di centro sinistra.
E’ possibile cambiare rotta, a partire dal rifiuto del DPEF, ma sono necessarie alcune scelte quali:
la fine della politica dei tagli al personale e del blocco delle assunzioni nel pubblico. Se si vuole discutere di risparmi di spesa si cominci, per esempio, dalla piaga delle consulenze che hanno comportato un costo di 1,2 miliardi di euro solamente nel 2004;
un percorso che permetta la re-internalizzazione dei servizi ceduti ai privati e dei lavoratori esternalizzati, assorbendo nei ruoli delle amministrazioni pubbliche tutto il personale esternalizzato;
un bilancio dei processi di privatizzazione e di aziendalizzazione visto che i costi di questi processi sono stati in molti casi maggiori abbattendo i presunti risparmi solo sulla contrazione del costo del lavoro;
un contratto unico per tutta la PA visto che, tra un ministeriale e un lavoratore di un ente locale con lo stesso profilo professionale, passano anche 200 euro di differenza;
l’assorbimento in ruolo di tutti i precari della PA,
poichè l'utilizzo di tipologie contrattuali precarie contrasta con
l'articolo 97 della Costituzione, (principio del buon andamento della
pubblica amministrazione) ed è particolarmente odioso se ad applicarlo sono amministrazioni pubbliche che dovrebbero farsi garante dei diritti e delle tutele dei lavoratori e dei cittadini e che istituzionalmente forniscono servizi che hanno il carattere della stabilità e della continuatività;
il rilancio del servizio pubblico e il ritorno ad una legislazione del lavoro che ribadisca la centralità del contratto a tempo indeterminato;
la stabilizzazione di tutto il personale Lsu/Lpu e il riconoscimento dei periodi lavorati anche ai fini previdenziali.
Queste sono le basi di partenza di una battaglia complessiva contro i tagli di DPEF e finanziaria e contro la precarietà nella PA che deve incidere sulle scelte di fondo che regolano assunzioni, dotazioni organiche, gestione dei servizi, processi di riorganizzazione.
COBAS Pubblico Impiego
aderente alla Confederazione COBAS
Categorie: dpef pubblico_impiego luglio2006 roma governo pubblica_amministrazione padoa_schioppa cuneo_fiscale cobas
16.7.06
Pubblica Amministrazione: accordo Nicolais - sindacati
P.A.: ACCORDO NICOLAIS-SINDACATI SU PIANO SVILUPPO
(AGI) - Roma, 12 lug. - E' partito oggi il percorso di rinnovamento dell'amministrazione pubblica. Il ministro della Funzione pubblica, Luigi Nicolais, ha incontrato i sindacati e insieme hanno deciso di riformare la macchina dello Stato, affrontando una serie di tavoli tecnici tutti i problemi del settore, per arrivare a una posizione condivisa quando sara' varata la finanziaria.
"Nei prossimi giorni partiranno i tavoli tecnici su tutte le problematiche dell'amministrazione pubblica, compreso il tema del rinnovo dei contratti e della situazione dei precari - ha riferito il segretario confederale della Cisl, Gianni Baratta - il ministro Nicolais ha mostrato disponibilita' a concordare con noi tutto il percorso". Nella riunione tenuta questa mattina non si e' parlato quindi di tagli del personale ne' tantomeno delle risorse che dovranno essere stanziate per il rinnovo dei contratti, scaduti gia' da sette mesi; piuttosto si e' avviato un ragionamento - ha spiegato Antonio Foccillo, segretario confederale della Uil - per avviare una riforma che punti all'innovazione, alla formazione e ad investimenti selettivi. "La mia valutazione e' positiva - ha affermato Foccillo - perche' cambia l'impostazione e ci mettiamo a lavorare ad un progetto che punta ad una amministrazione pubblica efficiente.
"La nostra proposta - ha aggiunto Baratta - e' di stringere un patto per lo sviluppo e la qualita', all'interno del quale siano previsti investimenti, tecnologie, formazione ma che affronti anche la questione dei precari e in genere dell'occupazione, dei contratti e delle regole con cui si rinnovano i contratti, con lo scopo di riformare l'Aran e ridurre i passaggi formali di ogni rinnovo". "La nostra richiesta e' di avviare un tavolo specifico per stabilire la quota da destinare ai contratti - ha precisato Foccillo - per avere al piu' presto delle certezze". (AGI) -
121320 LUG 06
Categorie: pubblica_amministrazione pubblico_impiego nicolais cisl foccillo uil baratta cgil luglio2006 governo precari
(AGI) - Roma, 12 lug. - E' partito oggi il percorso di rinnovamento dell'amministrazione pubblica. Il ministro della Funzione pubblica, Luigi Nicolais, ha incontrato i sindacati e insieme hanno deciso di riformare la macchina dello Stato, affrontando una serie di tavoli tecnici tutti i problemi del settore, per arrivare a una posizione condivisa quando sara' varata la finanziaria.
"Nei prossimi giorni partiranno i tavoli tecnici su tutte le problematiche dell'amministrazione pubblica, compreso il tema del rinnovo dei contratti e della situazione dei precari - ha riferito il segretario confederale della Cisl, Gianni Baratta - il ministro Nicolais ha mostrato disponibilita' a concordare con noi tutto il percorso". Nella riunione tenuta questa mattina non si e' parlato quindi di tagli del personale ne' tantomeno delle risorse che dovranno essere stanziate per il rinnovo dei contratti, scaduti gia' da sette mesi; piuttosto si e' avviato un ragionamento - ha spiegato Antonio Foccillo, segretario confederale della Uil - per avviare una riforma che punti all'innovazione, alla formazione e ad investimenti selettivi. "La mia valutazione e' positiva - ha affermato Foccillo - perche' cambia l'impostazione e ci mettiamo a lavorare ad un progetto che punta ad una amministrazione pubblica efficiente.
"La nostra proposta - ha aggiunto Baratta - e' di stringere un patto per lo sviluppo e la qualita', all'interno del quale siano previsti investimenti, tecnologie, formazione ma che affronti anche la questione dei precari e in genere dell'occupazione, dei contratti e delle regole con cui si rinnovano i contratti, con lo scopo di riformare l'Aran e ridurre i passaggi formali di ogni rinnovo". "La nostra richiesta e' di avviare un tavolo specifico per stabilire la quota da destinare ai contratti - ha precisato Foccillo - per avere al piu' presto delle certezze". (AGI) -
121320 LUG 06
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Imperia 23-30/7: Settimana dedicata ai precari
Dal 23 al 30 luglio in provincia di Imperia una settimana dedicata ai 25 mila lavoratori precari
Sono oltre 25.000 i lavoratori precari della provincia di Imperia. A lanciare il grido di allarme, che sembra coinvolgere tutti i settori produttivi, è la segreteria provinciale della Cgil che annuncia la propria adesione al forum contro la precarietà.
Dal 23 al 30 luglio, saranno organizzati incontri e altre iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica sul preoccupante fenomeno.
Apre il calendario, domenica 23 luglio, nei magazzini del porto franco di Imperia, lo spettacolo teatrale 'Livres como o vento' del gruppo del Teatro dell'Oppresso di Torino. Per il 25 luglio, presso la Sala Varaldo della Camera di Commercio di Imperia, si terrà un forum con sindacalisti, amministratori e politici. E' prevista la partecipazione dell'assessore regionale al Lavoro, Enrico Vesco e del sottosegretario al Lavoro, Rosa Rinaldi. Dibattito finale, il 30 luglio, a San Bartolomeo al mare.
Redazione Radio Amicizia
Fonte: Ansa
Categorie: luglio2006 imperia liguria lavoro precari cgil precari camera_di_commercio torino teatro
Sono oltre 25.000 i lavoratori precari della provincia di Imperia. A lanciare il grido di allarme, che sembra coinvolgere tutti i settori produttivi, è la segreteria provinciale della Cgil che annuncia la propria adesione al forum contro la precarietà.
Dal 23 al 30 luglio, saranno organizzati incontri e altre iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica sul preoccupante fenomeno.
Apre il calendario, domenica 23 luglio, nei magazzini del porto franco di Imperia, lo spettacolo teatrale 'Livres como o vento' del gruppo del Teatro dell'Oppresso di Torino. Per il 25 luglio, presso la Sala Varaldo della Camera di Commercio di Imperia, si terrà un forum con sindacalisti, amministratori e politici. E' prevista la partecipazione dell'assessore regionale al Lavoro, Enrico Vesco e del sottosegretario al Lavoro, Rosa Rinaldi. Dibattito finale, il 30 luglio, a San Bartolomeo al mare.
Redazione Radio Amicizia
Fonte: Ansa
Categorie: luglio2006 imperia liguria lavoro precari cgil precari camera_di_commercio torino teatro
Precari della scuola: monta la protesta
Precari, monta la protesta.
Proposti contratti di sostituzione pluriennali
di Alessandra Ricciardi da ItaliaOggi dell'11/7/2006
Un piano pluriennale di assunzioni. Lo chiedono a gran forza i sindacati, in allarme dopo la lettura del Dpef, il documento di programmazione economica e finanziaria. Non ci stanno, i sindacati, a una nuova stretta sul personale dipendente. Il piano dell'Unione prevedeva un programma pluriennale di assunzioni. E quel programma deve esserci nella prossima Finanziaria, dicono all'unisono le sigle sindacali e i movimenti. ´La situazione è oggettivamente difficile, ma la strada imboccata, fatta di tagli alla spesa sociale, non è quella giusta, e su questa strada non potremmo seguirli', dice, in una lettera inviata ieri al ministro dell'economia, Tommaso Padoa Schioppa, Francesco Scrima, segretario della Cisl scuola. Sindacato che, per bocca del suo leader, Raffaele Bonanni, è tornato a parlare di scioperi: ´Non abbiamo cambiato idea, abbiamo fatto sei scioperi contro il governo Berlusconi, non abbiamo problemi a farne uno con il governo Prodi', ha detto Bonanni, facendo intendere a chiare lettere che non ci sarà nessun trattamento di favore nei confronti della coalizione di centro-sinistra. La luna di miele, insomma, governo-sindacati va conquistata. Non è un dato acquisito, almeno da parte dei sindacati. ´Le assunzioni sono una priorità non procastinabile, c'è un'emergenza sociale visto che, se non si interviene, la percentuale di personale precario che lavora nella scuola è destinata ad aumentare superando l'attuale soglia critica del 20%', aggiunge Enrico Panini, segretario della Cgil-flc.
´Va predisposto un piano che gradualmente assorba tutto il personale precario a copertura di tutti i posti vacanti', dice Massimo Di Menna, segretario della Uil scuola. Che lancia la proposta di istituire contratti pluriennali di supplenza: ´Per garantire la stabilità delle scuole, sui posti disponibili, si possono predisporre dei contratti pluriennali, al posto dei contratti annuali che hanno termine e giugno e ad agosto e costringono ogni anno al calvario delle nomine'. Un modo per assicurare, in attesa delle immissioni, stabilità ai supplenti e alle scuole nell'organizzazione della didattica. La proposta è stata già presentata al ministro della pubblica istruzione, Beppe Fioroni, che, a sua volta, ha ancora in sospeso la richiesta inviata a padoa Schioppa di raddoppiare le 23.500 assunzioni di settembre. La partita tra Istruzione ed Economia è appena agli inizi.
Categorie: flc_cgil cgil assunzioni fioroni settembre2006 luglio2006 padoa_schioppa nicolais stabilizzazione supplenti scuola precari panini
Proposti contratti di sostituzione pluriennali
di Alessandra Ricciardi da ItaliaOggi dell'11/7/2006
Un piano pluriennale di assunzioni. Lo chiedono a gran forza i sindacati, in allarme dopo la lettura del Dpef, il documento di programmazione economica e finanziaria. Non ci stanno, i sindacati, a una nuova stretta sul personale dipendente. Il piano dell'Unione prevedeva un programma pluriennale di assunzioni. E quel programma deve esserci nella prossima Finanziaria, dicono all'unisono le sigle sindacali e i movimenti. ´La situazione è oggettivamente difficile, ma la strada imboccata, fatta di tagli alla spesa sociale, non è quella giusta, e su questa strada non potremmo seguirli', dice, in una lettera inviata ieri al ministro dell'economia, Tommaso Padoa Schioppa, Francesco Scrima, segretario della Cisl scuola. Sindacato che, per bocca del suo leader, Raffaele Bonanni, è tornato a parlare di scioperi: ´Non abbiamo cambiato idea, abbiamo fatto sei scioperi contro il governo Berlusconi, non abbiamo problemi a farne uno con il governo Prodi', ha detto Bonanni, facendo intendere a chiare lettere che non ci sarà nessun trattamento di favore nei confronti della coalizione di centro-sinistra. La luna di miele, insomma, governo-sindacati va conquistata. Non è un dato acquisito, almeno da parte dei sindacati. ´Le assunzioni sono una priorità non procastinabile, c'è un'emergenza sociale visto che, se non si interviene, la percentuale di personale precario che lavora nella scuola è destinata ad aumentare superando l'attuale soglia critica del 20%', aggiunge Enrico Panini, segretario della Cgil-flc.
´Va predisposto un piano che gradualmente assorba tutto il personale precario a copertura di tutti i posti vacanti', dice Massimo Di Menna, segretario della Uil scuola. Che lancia la proposta di istituire contratti pluriennali di supplenza: ´Per garantire la stabilità delle scuole, sui posti disponibili, si possono predisporre dei contratti pluriennali, al posto dei contratti annuali che hanno termine e giugno e ad agosto e costringono ogni anno al calvario delle nomine'. Un modo per assicurare, in attesa delle immissioni, stabilità ai supplenti e alle scuole nell'organizzazione della didattica. La proposta è stata già presentata al ministro della pubblica istruzione, Beppe Fioroni, che, a sua volta, ha ancora in sospeso la richiesta inviata a padoa Schioppa di raddoppiare le 23.500 assunzioni di settembre. La partita tra Istruzione ed Economia è appena agli inizi.
Categorie: flc_cgil cgil assunzioni fioroni settembre2006 luglio2006 padoa_schioppa nicolais stabilizzazione supplenti scuola precari panini
13.7.06
Precari comunali: verso la manifestazione nazionale
Dopo lo sciopero della fame intrapreso da due dipendenti comunali di Alessandria per porre l’accento sulle trattative ritenute poco celeri di ricollocazione dei "precari" di Palazzo Rosso, il Sindaco ha incontrato le Segreterie Provinciali FP CGIL / FPS CISL / UIL FPL.
"Il primo atto significativo è stato quello di avere trasformato tutti i contratti di collaborazione in contratti a tempo determinato, unica realtà a livello nazionale", fanno notare i Sindacati.
Il contratto per tutti e 110 è garantito fino alla fine del 2006. Ma dal primo gennaio 2007 che succederà?
Commentano sempre i Sindacati: "I vincoli posti sul contenimento della spesa del personale, i blocchi imposti e i parametri cui le Amministrazioni Locali sono vincolati hanno determinato una condizione di difficile gestione e soprattutto non consente ad oggi di intravedere una soluzione definitiva.
Il continuo mutamento del quadro normativo, non ultimo i provvedimenti contenuti nella cosiddetta manovra bis degli ultimi giorni, alimentano solo incertezza e difficoltà senza risolvere le ansie e le preoccupazioni dei tantissimi precari che operano nelle pubbliche amministrazioni.
L’ idea che abbiamo proposto alla Sindaco è stata pertanto quella di organizzare una iniziativa di carattere nazionale di alto livello che coinvolga il Governo, l’ ANCI e le confederazioni sindacali CGIL CISL UIL e che affronti specificamente il tema del precariato nelle Amministrazioni Locali, fenomeno ormai di grande attualità e di ragguardevole entità.
Su questa idea, colta con grande interesse dalla Sindaco, si tratta ora di impegnarsi insieme per definirne i contenuti e gli interventi per un appuntamento di grande rilievo da realizzare fra la metà di settembre e la metà di ottobre.
L’ incontro ha inoltre affrontato la questione dell’esternalizzazione di servizi, annunciata dall’ Amministrazione Comunale mesi or sono e su cui la stessa si è impegnata a fornire, a giorni, una precisa informativa sulle scelte che si intendono perseguire".
Polizia Municipale. Si è lunga vertenza aperta sugli orari della Polizia Municipale e sul contratto decentrato dei dipendenti comunali.
"Le valutazioni e le ipotesi che si stanno delineando vanno verso una possibile conclusione di queste vicende che hanno conosciuto nei mesi scorsi momenti di tensione e anche di conflitto". E’ il commento CGIL.
Categorie: alessandria cgil cisl uil contratti contratto luglio2006 sciopero manifestazione gennaio2007 luglio2006 piemonte
"Il primo atto significativo è stato quello di avere trasformato tutti i contratti di collaborazione in contratti a tempo determinato, unica realtà a livello nazionale", fanno notare i Sindacati.
Il contratto per tutti e 110 è garantito fino alla fine del 2006. Ma dal primo gennaio 2007 che succederà?
Commentano sempre i Sindacati: "I vincoli posti sul contenimento della spesa del personale, i blocchi imposti e i parametri cui le Amministrazioni Locali sono vincolati hanno determinato una condizione di difficile gestione e soprattutto non consente ad oggi di intravedere una soluzione definitiva.
Il continuo mutamento del quadro normativo, non ultimo i provvedimenti contenuti nella cosiddetta manovra bis degli ultimi giorni, alimentano solo incertezza e difficoltà senza risolvere le ansie e le preoccupazioni dei tantissimi precari che operano nelle pubbliche amministrazioni.
L’ idea che abbiamo proposto alla Sindaco è stata pertanto quella di organizzare una iniziativa di carattere nazionale di alto livello che coinvolga il Governo, l’ ANCI e le confederazioni sindacali CGIL CISL UIL e che affronti specificamente il tema del precariato nelle Amministrazioni Locali, fenomeno ormai di grande attualità e di ragguardevole entità.
Su questa idea, colta con grande interesse dalla Sindaco, si tratta ora di impegnarsi insieme per definirne i contenuti e gli interventi per un appuntamento di grande rilievo da realizzare fra la metà di settembre e la metà di ottobre.
L’ incontro ha inoltre affrontato la questione dell’esternalizzazione di servizi, annunciata dall’ Amministrazione Comunale mesi or sono e su cui la stessa si è impegnata a fornire, a giorni, una precisa informativa sulle scelte che si intendono perseguire".
Polizia Municipale. Si è lunga vertenza aperta sugli orari della Polizia Municipale e sul contratto decentrato dei dipendenti comunali.
"Le valutazioni e le ipotesi che si stanno delineando vanno verso una possibile conclusione di queste vicende che hanno conosciuto nei mesi scorsi momenti di tensione e anche di conflitto". E’ il commento CGIL.
Categorie: alessandria cgil cisl uil contratti contratto luglio2006 sciopero manifestazione gennaio2007 luglio2006 piemonte
Precari sfruttati anche con i corsi abilitanti speciali.
di Precari storici Crotone
Precari sfruttati anche con i corsi abilitanti speciali. Sono precaria nella scuola da ben 17 anni con incarico a tempo determinato (dal 1 settembre al 30 giugno di ogni anno) da 10 anni, separata con due figli.
Scrivo perché di fronte ad un decreto, uscito il 5 luglio 2006, mi sono sentita impotente e lesa nei miei diritti, oltre che offesa come docente. _ Io ed altri miei colleghi nella stessa situazione chiediamo di pubblicare il nostro quesito:
Dopo aver cumulato decine di anni di servizio nella scuola e un numero alto di idoneità nei vari concorsi, fin tanto che si svolgevano a partire dal 1990 decidiamo di fare domanda per l'ennesimo corso abilitante (speciale, solo per chi ha 360 giorni di servizio dal 1 settembre 1999 al 6 giugno 2004) per poter avvicinarci di più al fatidico Ruolo. Per il quale nel suddetto decreto si richiede una tassa di iscrizione di ben 2.500 euro oltre ad un frquenza obbligatoria a 150 km di distanza dopo aver lavorato a scuola (a km ?), la mattina. Quesito: dove possiamo trovare 2.500,00 euro noi precari storici? Dobbiamo rinunciare a frequentare il corso e di conseguenza aspettare qualche anno in più per il ruolo? Ecco parte del suddetto decreto: Presso la Scuola di Specializzazione per la Formazione degli Insegnanti della Scuola Secondaria (SSIS) Calabria sono aperte le iscrizioni ai corsi speciali di cui all’art. 2, comma 1-c bis e comma 1 ter della Legge 143/2004. Possono presentare domanda d’iscrizione coloro che sono stati dichiarati ammessi al corso dall’Ufficio Scolastico Regionale e inseriti nell’apposito elenco predisposto dal medesimo ufficio.
L’attività didattica costituita da lezioni di approfondimento disciplinare, didattica disciplinare, laboratori, e lavori individuali per complessivi 600 ore. La frequenza alle attività di cui sopra è obbligatoria. La tassa d’iscrizione è di € 2.500,00, comprensiva della quota di assicurazione, da pagare in due rate: • la prima rata di € 1.250,00 dovrà essere pagata al momento dell’iscrizione; • la seconda rata di € 1.250,00, entro il 20 febbraio 2007. La domanda di iscrizione, redatta su apposito modulo reso legale con marca da € 14,62, in distribuzione presso l’Area Didattica – Ufficio Scuole di Specializzazione, deve essere presentata o fatta pervenire, pena l’esclusione dal corso, entro il 31/07/2006 .
Grazie per l'attenzione
Precari storici Crotone
Categorie: precari scuola crotone corsi corsi_abilitanti luglio2006 calabria
10/07/2006
Precari sfruttati anche con i corsi abilitanti speciali. Sono precaria nella scuola da ben 17 anni con incarico a tempo determinato (dal 1 settembre al 30 giugno di ogni anno) da 10 anni, separata con due figli.
Scrivo perché di fronte ad un decreto, uscito il 5 luglio 2006, mi sono sentita impotente e lesa nei miei diritti, oltre che offesa come docente. _ Io ed altri miei colleghi nella stessa situazione chiediamo di pubblicare il nostro quesito:
Dopo aver cumulato decine di anni di servizio nella scuola e un numero alto di idoneità nei vari concorsi, fin tanto che si svolgevano a partire dal 1990 decidiamo di fare domanda per l'ennesimo corso abilitante (speciale, solo per chi ha 360 giorni di servizio dal 1 settembre 1999 al 6 giugno 2004) per poter avvicinarci di più al fatidico Ruolo. Per il quale nel suddetto decreto si richiede una tassa di iscrizione di ben 2.500 euro oltre ad un frquenza obbligatoria a 150 km di distanza dopo aver lavorato a scuola (a km ?), la mattina. Quesito: dove possiamo trovare 2.500,00 euro noi precari storici? Dobbiamo rinunciare a frequentare il corso e di conseguenza aspettare qualche anno in più per il ruolo? Ecco parte del suddetto decreto: Presso la Scuola di Specializzazione per la Formazione degli Insegnanti della Scuola Secondaria (SSIS) Calabria sono aperte le iscrizioni ai corsi speciali di cui all’art. 2, comma 1-c bis e comma 1 ter della Legge 143/2004. Possono presentare domanda d’iscrizione coloro che sono stati dichiarati ammessi al corso dall’Ufficio Scolastico Regionale e inseriti nell’apposito elenco predisposto dal medesimo ufficio.
L’attività didattica costituita da lezioni di approfondimento disciplinare, didattica disciplinare, laboratori, e lavori individuali per complessivi 600 ore. La frequenza alle attività di cui sopra è obbligatoria. La tassa d’iscrizione è di € 2.500,00, comprensiva della quota di assicurazione, da pagare in due rate: • la prima rata di € 1.250,00 dovrà essere pagata al momento dell’iscrizione; • la seconda rata di € 1.250,00, entro il 20 febbraio 2007. La domanda di iscrizione, redatta su apposito modulo reso legale con marca da € 14,62, in distribuzione presso l’Area Didattica – Ufficio Scuole di Specializzazione, deve essere presentata o fatta pervenire, pena l’esclusione dal corso, entro il 31/07/2006 .
Grazie per l'attenzione
Precari storici Crotone
Categorie: precari scuola crotone corsi corsi_abilitanti luglio2006 calabria
10/07/2006
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