24.8.06

"Assumete quei tremila precari" La sinistra si divide sul call center

All'Atesia di Roma diktat dell'Ispettorato: "3200 tempi indeterminati"

Il ministro del lavoro Damiano prudente: esaminerò il rapporto

di LUCA IEZZI


ROMA - Crea imbarazzo nel governo e nella maggioranza il caso Atesia, una delle principali società italiane di call center, alla quale l'Ispettorato del lavoro ha imposto di assumere con contratto a tempo indeterminato 3200 lavoratori attualmente "a progetto". Prudente il commento del ministro del Lavoro Cesare Damiano: "Mi riservo di esaminare i documenti su Atesia, ma per ciò che concerne i call center in generale, 250 mila persone occupate in 700 aziende, l'obiettivo è di regolarizzare tutto il settore". Lo stesso Damiano ha fatto notare che le ispezioni su Atesia precedono la circolare del ministero di metà giugno in cui si elencavano le direttive per giudicare quali mansioni dovessero essere affidate a lavoratori dipendenti e quali potessero usufruire di rapporti più flessibili.

Sulla scia del caso-Atesia, nel centrosinistra tornano ad affiorare filosofie contrapposte sull'utilizzo del lavoro flessibile e sui contratti atipici. Una vicenda che fa da test al braccio di ferro "sotterraneo" su come rivedere, o cancellare, la legge Biagi. Per il presidente della commissione Attività produttive Daniele Capezzone "l'Ispettorato del lavoro di Roma ha agito, nei confronti di Atesia, in modo ideologico ed estremista, scavalcando le stesse indicazioni del ministro Damiano". Anche Atesia e le aziende del settore contestano la decisione: il presidente dell'associazione di categoria Assocontact (Fita-Confindustria), Umberto Costamagna, avverte: "Se la decisione fosse estesa si minerebbe l'intero settore, mettendo in ginocchio le aziende e obbligandole a fare a meno di 50-60 mila collaboratori e mettendo a rischio altri 20-30 mila addetti assunti a tempo indeterminato".

Su questa linea l'ex ministro del Lavoro Tiziano Treu, esponente della Margherita: "L'iniziativa di Damiano era diretta a chiarire la posizione dei lavoratori dei call center. L'ispettorato sembra intervenire in modo indifferenziato". Tesi contestata dal sottosegretario al Lavoro Rosa Rinaldi, di Rifondazione comunista: "L'azione ispettiva è stata avviata ben prima dell'insediamento di questo governo, ancor prima dell'emanazione della circolare del ministro che non ha certo efficacia retroattiva, ne può in alcun modo interferire sull'autonomia e legittimità dell'azione ispettiva".

Il segretario della Cisl Raffaele Bonanni chiede un tavolo con aziende, governo e sindacati: "Fino a due anni fa i lavoratori dei call center erano in larga parte "co. co. co". Abbiamo fatto un accordo difficile e oggi la stragrande maggioranza dei lavoratori del settore è in regime di lavoro dipendente. Se serve un ulteriore accordo tra sindacati e imprese siamo pronti a farlo ma non devono essere gli ispettori a decidere".

C'è anche chi applaude alla decisione. Giorgio Cremaschi, membro della segreteria della Fiom, dice che "è necessario che il governo assuma ed estenda queste interpretazioni in tutto il settore dei call center". E il segretario confederale dell'Ugl, Nazareno Mollicone: "È poco credibile che i più di tremila lavoratori abbiano ciascuno un progetto da svolgere e non siano, piuttosto, dei dipendenti legati alla nuova catena di montaggio costituita oggi dai call center".

La posta in palio dunque è alta. Tutti i sindacati confederali, contestati in questo dai "duri" dei Cobas, temono che l'intervento degli ispettori possa penalizzare un'opera di progressiva regolarizzazione dei lavoratori nel settore frutto del dialogo con gli imprenditori. In particolare nel gruppo Cos-Almaviva di cui fa parte Atesia (che lavora per Tim e Wind), ma anche altre società che l'imprenditore Alberto Tripi ha creato con i propri clienti (Alicos con Alitalia e InAction con Fiat), potrebbero saltare tremila nuove assunzioni stabili, che andrebbero a raddoppiare il numero dei lavoratori a tempo indeterminato sugli oltre 13 mila complessivi.

Dal punto di vista politico, poi, può rivelarsi un'arma a doppio taglio il fatto che l'interlocutore imprenditoriale, Alberto Tripi, è un sostenitore dell'Ulivo della prima ora, vicino alla Margherita ed in particolare al vicepremier Francesco Rutelli. In oltre vent'anni di attività, Tripi ha aggiunto al primo amore dell'informatica l'attività dei call center. Nel 2005 ha fatto il salto di qualità acquistando da Telecom la società di software Finsiel cambiando il nome in Almaviva. In entrambi i settori, oltre a servire le principali aziende private, si è aggiudicato commesse con ministeri e società pubbliche come i Monopoli di Stato. Un particolare che rende ancor più delicata ogni decisione sul tema.

(24 agosto 2006)

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